Ha ingranato la marcia per regionalizzare la scuola, quello che ritiene essere un passo concreto verso l’autonomia che ormai in Veneto viene richiesta a grande voce. Ha spiegato cosa farà e perché lo farà al giornalista Antonio Casa di Orizzonte Scuola, che ha voluto passare sotto la lente d’ingrandimento l’operato di Elena Donazzan, assessore all’Istruzione che sbandiera i conti in ordine di una regione che da sola può migliorare il mondo della Scuola.

‘Vogliamo migliorare la qualità organizzativa, partendo dalla copertura dei posti vacanti di personale docente e Ata. Lo sappiamo fare. Gestiamo già delle scuole professionali frequentate da 20mila ragazzi in età della scuola dell’obbligo, tutti in classe senza alcun problema dal primo giorno di lezione.  – ha spiegato al telefono ad Antonio Casa – I risultati, grazie al monitoraggio costante, sono più che buoni. Il secondo motivo è di ordine più generale: un anno fa, il Veneto si è espresso attraverso un referendum in favore di una maggiore autonomia. Geograficamente parlando, siamo schiacciati da territori che sono a Statuto speciale: le Province di Trento e Bolzano, più la Regione Friuli Venezia Giulia. Per me Trento è un modello al quale guardare. Lì bandiscono i concorsi, assumono i docenti, li stipendiano e li obbligano a stare lì per almeno cinque anni. Non esiste la degenerazione che c’è a Bolzano, dove con i soldi italiani assumono i docenti che devono sapere il tedesco. Il Veneto è una Regione con i conti in ordine, con ottime performance e servizi di prim’ordine. E’ naturale chiedere di più, perché abbiamo dimostrato di sapere fare di più. Semplice.”

Dirigenti, docenti e personale Ata passeranno alle dipendenze della Regione Veneto

“E’ la nostra richiesta, ma non si risolve dall’oggi al domani perché si aprirà una contrattazione con le parti sociali. Tutto questo, comunque, è già previsto dalla modifica agli articoli 116 e 117 della Costituzione. I decreti Bassanini del 2001 parlavano già di decentramento dei servizi, ivi compreso quello scolastico – spiega Donazzan –  Stiamo contrattando il trasferimento del servizio dallo Stato alla Regione. Le risorse saranno ripartite come già avviene da anni per il fondo della sanità, oppure lo Stato non incasserà i propri tributi e li farà incassare alla Regione che ne trasferirà solo una parte a Roma. A quel punto si guarderà alla spesa storica – prendendo un determinato momento storico o dal bilancio precedente – e al costo standard di un servizio. Per esempio, le prestazioni di Scuola Primaria hanno un costo differente rispetto a quelle di un Liceo e così via. Si guarda al numero degli istituti oggi statali e il conto sarà presto fatto.”

La polemica della scuola di serie A e  serie B

Per l’assessore regionale elena Donazzan la regionalizzazione della scuola in tutti i suoi livelli si deve fare e non la piegheranno minimamente le polemiche in circolo sul pericolo di creare due tipi di scuole italiane. A lei non interessa e vuole pensare a quelle venete.

“ Sarà un caso, ma è risaputo che le Regioni del Nord sono ben amministrate e quelle del Sud – a parte qualche eccezione – non lo sono. Purtroppo l’Italia si sta spaccando sulla gestione amministrativa dei territori. Io non credo che tutte le Regioni possano sostenere i costi che l’autonomia richiede. Quindi occorre dare di più a chi ha dimostrato negli anni di sapere amministrare e meno a chi è peggiore. Vi pare giusto che la Regione siciliana sia dietro a tutti i parametri e dati oggettivi di buona amministrazione e nel contempo goda dei privilegi che le assegna lo Statuto speciale? Io dico di no”

I docenti lamentano bassi stipendi. Se e quando sarà, li pagherete di più?

“La risposta è sì. Nella Scuola Primaria, che per tanti motivi io reputo la più importante fra tutti i cicli scolastici, lo stipendio netto di un insegnante è di 1.200-1.300 euro al mese. Un modello che non può reggere. Infatti è scomparsa quasi del tutto la figura del maestro, proprio perché molti uomini si rifiutano di lavorare con compensi simili e preferiscono fare altro. A risentirne è il modello educativo, con la bilancia che pende fortemente verso l’insegnamento da parte di figure femminili. Ma la società che poi trovano i ragazzi crescendo è formata da donne e uomini, non soltanto da donne. A prescindere da questioni di genere, maestre e maestri andrebbero pagati di più, stimati di più perché la loro professione è strategica per il futuro del Paese. Solo da noi, per anni è stata portata avanti una follia sul piano delle regole sul lavoro: l’assunzione “con riserva”. Altrove i diplomati magistrali sarebbero persone encomiabili, da noi li licenziano”.

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