“Mettiamo finalmente la parola fine a un giudizio che ci aspettavamo, ma che prima della sentenza non era dall’esito scontato. In questo ci sentiamo fortunati rispetto a tante altre famiglie che invece chiedono ancora giustizia. Di sicuro l’autore si merita una condanna severa che riconosca la gravità dell’atto che ha compiuto, ma noi non abbiamo mai avuto desiderio di vendetta o odio nei suoi confronti”. È quanto dichiara al Sir Vania de Munari, sorella della missionaria Nadia De Munari uccisa nel 2021 a Nuevo Chimbote, in Perù, dopo la notizia della condanna all’ergastolo del ventiquattrenne Moisés López Olórtegui, il reo confesso. In realtà, la lettura della sentenza avverrà l’11 gennaio, ma i giudici hanno già reso note le linee guida rispetto all’esito del processo. Probabilmente, come è stato fatto sapere ai familiari della missionaria, l’avvocato del condannato ricorrerà in appello. La volontaria laica era originaria di Schio, in provincia di Vicenza, ma viveva da 26 anni in Perù dove lavorava nella casa Mamma Mia, la residenza dell’Operazione Mato Grosso a Nuevo Chimbote, 400 chilometri a nord di Lima. Vania De Munari motiva la mancanza di desiderio di vendetta, “nonostante l’assassino visiti i nostri sogni in forma di incubo e nonostante tutto il dolore che ha causato”, grazie “alla fede incrollabile dei miei genitori, per noi sorelle un grande esempio e un forte supporto per affrontare il lutto”. La sorella ringrazia anche gli altri parenti, gli amici, l’Operazione Mato Grosso, per la vicinanza e l’accompagnamento. “Questo è quello che in questo Natale, accendendo una candela al centro del tavolo, abbiamo sentito, cioè che Nadia è sempre con noi”. Rispetto alla sentenza, De Munari aggiunge: “Ci sentiamo fortunati rispetto a tante altre famiglie che, invece, chiedono ancora giustizia. L’avvocata Alessandra Ballerini ci ha sempre sostenuti e la ringrazio. C’era comunque un bisogno forte di verità, soprattutto per me. Verità su come si erano svolti i fatti e su chi potesse essere l’omicida. Siamo stati fortunati, perché la squadra degli investigatori e il tribunale peruviano hanno lavorato bene. Ci aspettavamo tempi più lunghi”.

Cristiano Morsolin, esperto di diritti umani in America Latina, che ha conosciuto personalmente Nadia de Munari, commenta al Sir: “La sentenza è anche il risultato dell’attenzione mediatica e della mobilitazione internazionale cui ha contribuito anche il Sir. Era logico aspettarsi tempi più lunghi, vista la situazione di fragilità delle Istituzioni peruviane. In ogni caso, la lettura della sentenza avverrà solo l’11 gennaio e la richiesta di giustizia e verità continua. Se si considerano altre situazioni che rimangono senza risposta, resta urgente la richiesta al Governo di istituire un Ministero per la Pace, come chiesto da Comunità Papa Giovanni 23, Operazione Colomba, Focsiv, Cipsi, Pax Chirsti, Comunità Sant’Egidio”. (www.agensir.it)

 

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