‘Dopo il Piemonte, anche il Veneto, con un documento ufficiale, per far fronte alla grave emorragia di infermieri , decide di “integrare” i professionisti che mancano all’appello nelle corsie con personale di supporto, che ovviamente non possiede la medesima qualificazione, e quindi non è abilitato a svolgere le funzioni di cui il sistema ha bisogno. Un atto di profonda irresponsabilità, diremmo soprattutto di mancanza di considerazione verso la salute dei cittadini italiani, che come sempre sono e devono essere il fine ultimo degli sforzi comuni di tutti. Certo tutto questo non ci meraviglia, in una Regione dalla quale solo una settimana fa è partita la proposta di far effettuare i tamponi per covid 19 ai veterinari’.

Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up, denuncia agli organi di informazione quanto sta accadendo nelle ultime ore in Veneto, con una decisione assai discutibile che dimostra le palesi incongruenze organizzative dei nostri datori di lavoro, e la chiara modalità approssimativa di chi dovrebbe “gestire il potere” con una strategia concreta, competente e mirata, nell’interesse della salute dei cittadini e dei diritti dei lavoratori del comparto. Questi governi regionali non sono in grado di valorizzare le risorse di cui disponiamo: e ci chiediamo ancora perché gli infermieri italiani, come accaduto nelle Marche, di recente, abbiano rifiutano contratti penosi di tre mesi, quando Inghilterra, Germania e Lussemburgo, isole felici, offrono loro, per le medesime mansioni, oltre 3mila euro al mese e contratti a tempo indeterminato? Stiamo assistendo quindi a misure tampone, ridicoli tentativi di rattoppare, che non stanno nè in cielo e nè in terra.

‘Ci chiediamo perchè, allora, continua De Palma, in un frangente così delicato, per garantire il rafforzamento delle attività delle strutture sanitarie, si stia pensando di inserirvi operatori di supporto, che però non potranno svolgere funzioni infermieristiche, cioè le attività sulle quali fonda il processo assistenziale. E’ inimmaginabile che in una situazione di grave carenza di infermieri, già presente da tempo e ora acuita, si ipotizzi che un Oss, con tutto il rispetto per il suo ruolo, possa risolvere il problema. Non possiede sufficienti conoscenze, non ha sufficiente preparazione per operare in completa autonomia. E chi solo immaginasse di poter attribuire funzioni infermieristiche all’Oss varcherebbe la soglia dell’illegalità vera e propria, e i cittadini, alle prese con l’emergenza sanitaria in corso, non hanno certo bisogno di tutto questo.
Eppure la buona fede vacilla soprattutto se si legge la nota della Regione Veneto, quando si legge di operatori di supporto forti di corsi complementari. E volete raccontarci che non pensate già di metterli al posto degli infermieri mancanti? Ma davvero immaginate che basti un corso di 400 ore per coprire le responsabilità di funzioni che di norma svolge un infermiere con una laurea, diverse migliaia di ore di formazione, tirocinio ed anni di esperienza? Siamo stanchi e stremati. Gli infermieri italiani subiscono ogni giorno le incapacità di chi non è in grado di valorizzare il patrimonio di professionisti certificati di cui dispone, prendendo decisioni che portano al totale depauperamento del servizio sanitario. Non ci prendano in giro i Governatori, e non prendano in giro i cittadini! Se mancassero medici in una sala operatoria, per garantire l’atto operatorio su di un paziente, a nulla varrebbe l’assunzione di 10 infermieri da disporre tutti attorno a quel tavolo, semplicemente gli stessi non potrebbero sostituire il medico nell’atto operatorio, in quanto non è di loro competenza. Ergo come potrebbero gli operatori socio sanitari svolgere funzioni infermieristiche (perche sono infermieri quelli che mancano), che non rientrano nel loro alveo di competenza professionale? E non ci vengano a raccontare che gli operatori socio sanitari non sarebbero utilizzati per coprire la mancanza di infermieri. Non ci crediamo e non ci crederemo mai. Si preoccupino invece di creare le condizioni per formare e far restare in Italia quei 60mila infermieri della sanità che mancano, valorizzandoli economicamente ed organizzativamente. Questo si dovrebbe fare per tappare l’enorme falla di una nave che sta colando inesorabilmente a picco. Eppure sopra l’imbarcazione, lo si comprenda una volta per tutte, ci siamo tutti noi: infermieri, cittadini e malati», conclude De Palma.

 

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