Otto “assessore” in giunta e una donna sola al comando. Sola, in tutti i sensi. Sola, contro tutto e contro tutti. Ma mentre “gli altri” si aspettavano “ ’na comedia”, come si ebbe a dire all’epoca, non andò a finire esattamente così.

Siamo nel 1964, lo scenario è la città di Rotzo, che da allora resterà l’unico comune d’Italia nella storia della Repubblica Italiana ad essere stato amministrato da una donna con un’intera giunta composta da donne, senza defezioni, per tutta la durata dell’intera legislatura, conclusasi nel 1970.

La storia è quella che troppo frequentemente, ahinoi, scrivono i comuni del nostro paese.

L’ombra del dissesto che si abbatte sulle casse comunali. La causa, in questo caso, un lunghissimo contenzioso tra Rotzo e i confinanti comuni di San Pietro in Valdastico e Pedescala per problematiche economiche legate al taglio del legname, diritti di pascolo, cura del patrimonio boschivo, divisione dei beni patrimoniali delle malghe.

Con le casse vuote e il bilancio pieno di debiti, tutti abbandonano la nave, mentre si tenta la strada del commissariamento, accordandosi per non presentare nessuna lista alle elezioni del 1964.

Ma qualcuno con tutto questo non è d’accordo. Inizia così la storia di una donna che, come solo le donne sanno fare, ha voglia di rimboccarsi le maniche e mettere ordine alle cose.

Carla Slaviero presenta infatti la sua lista, fatta di sole donne. E vince. Cambiando le regole del gioco, e – soprattutto – cambiando il finale a un copione che sembrava già scritto.

Il caso, che all’epoca aveva riempito pagine e pagine di giornali e settimanali sia locali che nazionali, è stato “riscoperto” di recente dal giovanissimo dottore Emiliano Pettenò, che ne parla nella sua tesi dal titolo Il caso Rotzo: un’amministrazione femminile nel Veneto “bianco”, con cui si è laureato lo scorso 17 ottobre alla facoltà di Scienze Politiche, Relazioni Internazionali e Diritti Umani dell’Università di Padova.

Il suo mentore, il Professore associato Marco Almagisti, è uno tra i più grandi esperti e studiosi dei fenomeni politici locali, oggi direttore del Centro interdipartimentale di Studi Regionali “Giorgio Lago”, nonché direttore di “Altopiano. Rivista di analisi politica”.

Nella sua tesi Emiliano prende spunto dal libro Le Donne di Rotzo, un’amministrazione comunale al femminile, che il politologo inglese Percy Allum, scomparso lo scorso anno, ha dedicato alla vicenda.

Emiliano, che ha approfondito le tematiche storico-politiche della questione, ha voluto raccogliere sul campo le testimonianze delle persone legate a questa storia, le quali, racconta “mi hanno dato una chiarissima immagine di come funziona, in un piccolo paese montano, la memoria ed il ricordo. Le impressioni che sono riuscito a farmi sono che Rotzo, come all’epoca della vicenda, resta, seppur più leggermente, divisa tra chi riconosce l’ottimo operato della Giunta al femminile e chi, invece, tenta di rinnegare quei 6 anni di amministrazione.”.

E – continua il dottore – questa spaccatura, nel 1964, era soprattutto dovuta ad una questione di genere, anche se il conflitto, solo superficialmente,  si poteva ricondurre a una disputa “donne contro uomini.

In effetti, i commenti riportati dalle cronache dell’epoca, e ripresi da Allum nel suo prezioso lavoro, non furono affatto concilianti: Qualcuno dichiarava apertamente «Non ho nessuna fiducia nelle donne. Se non ci sono riusciti gli uomini, ci sono ancora meno possibilità che ci riescano le donne.»; chi rimproverava alla Slaviero e alle sue candidate l’incompetenza negli affari pubblici, chi si lamentava degli aumenti delle tasse. Qualcuno, addirittura, lamentò un colpo di Stato.

“Ma la storia di Rotzo, oltre che una storia di genere, come racconta Emiliano, è anche una storia politica: è la storia di una donna, Carla Slaviero, che per il bene del suo Comune decide di presentare una lista alle elezioni che altrimenti sarebbero state, consapevolmente, disertate; e lo fa sicura di poter risolvere in prima persona i problemi del Comune di Rotzo, con il certissimo appoggio della Democrazia Cristiana.”

Quando si parla, a Rotzo, della politica locale si omettono sempre quei sei anni, come se dal 1964 al 1970 ci fosse un buco temporale, non considerando che senza quell’esperienza al femminile oggi difficilmente avremmo ancora il Comune di Rotzo così com’è.

Ma, nei fatti, quella più lucida in tutta la vicenda rimase sempre la maestrina dalla penna scudocrociata, che non solo scatta una vera e propria fotografia della situazione locale che vive e che affronta, ma delimita i contorni della politica locale, che per Emiliano è “molto più importante e meritevole di attenzione di quello nazionale, questo perché è a questo livello che la gente viene direttamente toccata dalla politica e da tutte le sue implicazioni, con la possibilità che esse lascino segni profondi nella memoria della gente.”

Gli uomini – diceva la Slaviero – si sono lasciati spaventare dalle difficoltà e dai loro litigi interni. È stata la loro apatia e mancanza di interesse che ci ha cambiato. Vogliamo risvegliare la coscienza civica dei nostri abitanti del villaggio. Non c’è mai stata una vera vita democratica a Rotzo. C’è sempre stata troppa personalizzazione e disaccordo, ma mai vere tendenze politiche. (…) Il gesto di presentazione della nostra lista è già una vittoria in sé.”.

Conclusi con pieno successo i sei anni di mandato, Carla non si ripresenterà alle successive elezioni, ritenendo terminato il suo compito.

“Siamo molto soddisfatte del lavoro svolto, non ci preoccupiamo del risentimento di alcuni uomini, abbiamo imparato a nostre spese che i pantaloni e le gonne sono la stessa cosa.”.

Una frase pesante e dura come roccia, che all’epoca provava ad abbattere un muro che forse ancora oggi stesso stenta a crollare.

Ma il vero testamento politico di Carla Slaviero è in questa frase: “Il potere dovrebbe essere nelle mani di coloro che sanno come usarlo, che hanno il buon senso e la forza, e senza distinzione di sesso.”. Chiara, come acqua fresca, sorgente di vita di quell’altopiano che ha avuto l’onore di averla tra le sue figlie più illustri.

Ad maiora, Emiliano, e grazie per averci ricordato questa storia piena di vita.

Fabrizio Carta

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