Sono oltre 60 i femminicidi avvenuti nel Veneto dal 1999. Sette solo nel 2023. L’ultimo è quello della “dolorosa tragedia di Giulia Cecchettin, una giovane e brillante donna che avrebbe dovuto laurearsi e purtroppo ha trovato la morte per mano di un suo coetaneo, un ex che non riusciva ad accettare la fine della relazione”.
“Nel ricordo di Giulia Cecchettin e della sua straziante fine, la comunità veneta vive con uno stato d’animo del tutto particolare la Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne di domani. Lo faremo con tanti segni tangibili che puntano a sensibilizzare i cuori e le menti di tutti, a cominciare dagli uomini. Palazzo Balbi illuminato di rosso è uno di questi, la sedia rossa che campeggia nell’atrio con la scritta ‘posto occupato’ vuol fungere da monito a tutti coloro che entrano ed escono in Regione”. Con queste parole, Luca Zaia, presidente del Veneto, introduce la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne di domani che, “prima di tutto, deve essere il giorno che sveglia le coscienze, e che porta ognuno di noi a fare di più, a creare cultura del rispetto per tutte le donne, a spegnere ogni aggressività. Si cominci dalla famiglia, si prosegua nelle scuole, si lavori a fondo sulla prevenzione, si rafforzino gli strumenti di legge sia in chiave deterrente che punitiva laddove appaia necessario. Ma anche, se non soprattutto, ognuno di noi, ogni Istituzione che ne ha il potere, faccia qualcosa di concreto per aiutare e sostenere le donne che si trovano già in difficoltà”. Raccomanda l’assessore a Sanità e Sociale Manuela Lanzarin: “La brutalità, come nel caso di Giulia, lascia sempre sgomenti, ma lo sgomento, dopo le parole, deve trovare risposta nei fatti. La risposta viene proprio dal lavoro di rete indispensabile per intercettare le situazioni di violenza, per l’accoglienza e la presa in carico delle donne”. E cita il lavoro dei Centri antiviolenza dove ogni donna in difficoltà “potrà trovare personale femminile preparato ad ascoltare, supportare e poi dare seguito alle necessità anche attivando, nei casi più gravi, la protezione della donna e dei figli nelle residenze di accoglienza”.
Lanzarin ringrazia gli Enti che partecipano alla rete antiviolenza, “persone che quotidianamente si spendono con grande professionalità e dedizione per assicurare la sicurezza e la serenità delle donne nei momenti più difficili della loro esistenza”. Occorre “difendere le donne, prosegue, “e formare, anche se pare impossibile nel terzo millennio, una reale cultura del rispetto della donna, partendo dai ragazzi e, nel frattempo, garantire un porto sicuro alle ragazze, alle donne e alle madri vittime di violenza che, purtroppo, accade in gran parte tra le mura famigliari o all’interno di rapporti di coppia. Con le nostre decisioni intendiamo attuare azioni che possano incidere profondamente sul presente e sul futuro di tante ragazze, donne, madri, mogli, che si trovano a vivere un’esperienza devastante”.
Il Piano del Veneto, con un fondo di 3,9 milioni di euro, è articolato con varie linee d’intervento, ma “la realtà ci sta dimostrando come si debba tentare di fare ancora di più, sempre di più, anche sul piano culturale come elemento di prevenzione”.
Il Piano Veneto contro la violenza alle donne prevede iniziative per superare le difficoltà e sostenere la ripartenza sociale ed economica delle donne nel loro percorso di fuoriuscita dal circuito di violenza; il rafforzamento dei servizi pubblici e privati attraverso interventi di prevenzione, assistenza, sostegno e accompagnamento delle donne vittime di violenza; interventi per il sostegno abitativo, il reinserimento lavorativo e l’accompagnamento nei percorsi di fuoriuscita dalla violenza; azioni per migliorare la capacità di presa in carico delle donne migranti anche di seconda generazione vittime di violenza; progetti rivolti anche a donne minorenni vittime di violenza e a minori vittime di violenza assistita. Il Veneto prevede anche azioni di formazione, comunicazione e informazione; programmi per uomini maltrattanti. A questo si aggiunge una rete di più di 90 strutture per aiutare le donne: dagli sportelli antiviolenza fino alla disponibilità di residenze a indirizzo protetto. Attualmente in Veneto operano 26 centri antiviolenza (Cav) e 38 sportelli dedicati; in tutto 64 punti di ingresso a cui le donne possono rivolgersi. La rete comprende poi 28 case rifugio per un totale di 76 camere. Queste ultime sono residenze a cui la donna può ricorrere, anche in compagnia di figli minori, e interrompere il rapporto violento. Tra le case rifugio, 16 sono di tipo A ossia ad indirizzo segreto. C’è poi il tavolo di coordinamento regionale per la prevenzione e il contrasto alla violenza contro le donne con tutti gli enti istituzionali, come quelli locali, le Prefetture, le Forze dell’Ordine, l’Ufficio Scolastico, l’Anci, l’Università, le istituzioni sanitarie e sociosanitarie e anche la Corte d’Appello.