La presenza del bestiame nelle malghe di montagna va preservata per evitare il collasso del territorio e la presenza selvatica del lupo è incompatibile.

E’ questo il concetto seguito dalla giunta regionale del Veneto che approvando una mozione presentata dal consigliere Sergio Berlato ha deciso di uscire dal progetto Wolfalps nel 2018.

Niente contro il lupo, solo la presa di coscienza davanti ad un fatto che lascia poche alternative. “La presenza del lupo scoraggia i malgari e se i malgari abbandonano le malghe, il territorio viene lasciato a sé stesso”.

Con conseguenze disastrose, come perdita dei pascoli, frane, smottamenti, incendi, proliferarsi di erbe e rovi.

A spiegarlo è proprio Sergio Berlato, che va oltre: “Lavorare nelle malghe per i malgari non è un guadagno, è un costo. Non si troverebbe nessuno che, seppure a pagamento, sarebbe disposto a fare il loro lavoro. Con la loro presenza salvaguardano il territorio. E’ difficile rendersi conto di quanto importante sia la presenza dei malgari in montagna, ma è un dato di fatto indiscutibile. Senza di loro, il danno all’ecosistema sarebbe inquantificabile”.

La mozione che in molti hanno definito ‘contro il lupo’ è nata da qui. Ma dopo le tante polemiche e i litigi tra chi vorrebbe il lupo a ‘piede libero’ tra i monti e chi invece lo vorrebbe relegato nelle favole, Sergio Berlato ha spiegato le cose in modo tecnico, senza fronzoli di natura emotiva e con tutto il rispetto per il meraviglioso animale che è il lupo.

“Non si tratta di sterminare lupi o di non volerne nel territorio – ha spiegato Berlato – Si tratta di gestire la sua presenza nello stesso modo in cui la gestiscono in tutti gli altri paesi d’Europa. Ci si affida a criteri di gestione tecnico-scientifiche: si compie un’azione di monitoraggio su quanti esemplari ce ne sono in un dato territorio e si calcola quanti ne può sopportare quel territorio, considerando la presenza dell’uomo, del bestiame e di tutto il resto. Superata quella soglia, si procede con l’allontanamento o l’abbattimento, a seconda dello stato di salute e l’età degli esemplari. Non c’è nessuna voglia di sterminarli, anzi, si tratta di gestire la specie perché venga salvaguardata nel modo migliore”.

Da cacciatore che difende il suo ruolo, Berlato ha inoltre puntato il faro su un successo riconosciuto anche dagli lupo11animalisti: “Gli animalisti hanno riconosciuto che la fauna selvatica è aumentata. Io rilancio e confermo che questo è stato grazie ai cacciatori, che hanno saputo gestire la fauna selvatica e l’hanno salvaguardata. Per farlo hanno usato gli stessi criteri che si userebbero per il lupo”.

Secondo Berlato, l’idea che il lupo sia intoccabile deve essere accantonata. A suo avviso, bisogna vederlo come un animale selvatico, che va gestito come tale. Difficile anche pensare, come qualcuno aveva proposto, di continuare il progetto Wolfalps e proteggere gli animali nelle malghe con cani da pastore. “Sarebbero i maremmani abruzzesi, ma si tratterebbe di esemplari selezionati per proteggere le bestie da qualsiasi animale, quindi anche dall’uomo. Per cui sarebbero pericolosi per famiglie che vanno a passeggiare, molto più pericolosi del lupo, che invece davanti all’uomo fugge e si nasconde”.

Berlato spiega i retroscena. “Il progetto Wolfalps era stato firmato nel 2013 dopo che era stato portato in giunta da Daniele Stival, ex assessore all’Identità Veneta e alla Caccia. La presenza del lupo era considerata da alcuni un arricchimento della biodiversità. Il concetto sarebbe stato giusto, ma il veneto è una regione troppo antropizzata, nel senso che la presenza dell’uomo è troppo massiccia e non si concilia con la presenza selvatica del lupo. Per poter rimanere nel territorio senza arrecare danni, il lupo va gestito. Nel 2018 i primi 5 anni del progetto Wolfalps si concludono e noi non lo rinnoveremo”.

Ma non ci saranno soldi da restituire a nessuno, perché il progetto, per allora, sarà andato a naturale scadenza.

Lupo1“Il progetto Wolfalps in Veneto sarebbe costoso per l’ente pubblico, perché la reintroduzione del lupo fatta in questo modo ha costi esorbitanti per la Regione – ha continuato Berlato – Sarebbe come usare fondi pubblici per creare un problema che poi deve essere risolto utilizzando altri soldi pubblici: risarcimenti per bestiame sbranato, reti e recinzioni con relativo montaggio e manutenzione. Non si può gestire la presenza del lupo così. Il veneto non può improvvisare un suo schema di gestione, ma deve seguire quello che il resto d’Europa ha già consolidato: Il Veneto deve chiedere l’attuazione di un piano di monitoraggio, censimento ed eliminazione dei soggetti in esubero secondo i criteri più adatti (dopo aver valutato sesso, età, stato di salute)”.

Se si leggono i dati, oggi parla di 15 lupi a livello regionale. Ma Berlato non conferma e conclude: “Se prendiamo l’Altopiano di Asiago ad esempio, i dati dicono che ci sono 1 o 2 lupi. Ma se guardiamo le fotografie delle predazioni e il numero dei soggetti predati, capiamo immediatamente che sono molti di più”.

Anna Bianchini

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