8 marzo, data simbolo della Giornata Internazionale della Donna, per ricordare le lotte per le conquiste sociali, politiche ed economiche delle donne, vessate da discriminazioni e da violenze, le cui radici affondano nei primi del 900.

Giornata che dovrebbe far riflettere, in cui esercitare la memoria storica di tutte quelle donne che hanno lottato, combattuto ed ottenuto i propri diritti, riscattando violenze, aprendo la strada all’emancipazione femminile.
Ma oggi spesso cade nella banalità e nella volgarizzazione perché viene attesa solamente come serata da passare con le amiche, folleggiando o lustrandosi gli occhi tra camerieri sexy o spogliarellisti, nel rituale di massa aperitivo-cena-ballo e sballo.

Un cerimoniale troppo vuoto che falsifica il valore di questa giornata figlia del Woman’s Day, in onore della conferenza di Chicago organizzata il 3 maggio 1908 dal partito socialista e aperta a tutte le donne per manifestare contro lo sfruttamento delle classe operaia femminile, contro le discriminazioni sessuali e le violenze, chiedendo a gran voce il miglioramento delle loro condizioni sociali ed economiche, nonché il il riconoscimento al diritto di voto femminile.
L’eco di quelle manifestazioni rimbalzò da continente a continente, giungendo in Europa, ma la matrice era sempre la medesima, ossia politica e sociale : in Russia nel 1917 le donne scesero in piazza per chiedere la fine della guerra, ispirando il movimento socialista delle donne che si batteva per i diritti delle operaie. In Italia, prima nel 1922 ma soprattutto nel 1945 l’UDI (unione donne d’italia di sinistra) istituirono la Giornata della Donna liberata dal fascismo. A tappe alterne l’8 marzo si diffuse nei vari paesi, soprattutto in Europa e nel 1946 la mimosa ne divenne il simbolo, proprio perché fiorisce nei primi di marzo.

suffragetteScesero dunque in piazza le donne di ieri, per rendere libere pure quelle donne di oggi che in attesa di questa giornata fervono in preparativi che solo un partecipante del carnevale di Rio sa.
E se in questa giornata caso mai capitasse che ci venisse donato un rametto di mimosa, sorridete, perché un fiore è sempre un atto gentile, doniamo a questo rametto almeno sette giorni di vita, cambiandogli l’acqua, ma finisce qua o quantomeno avremo la delicatezza di sorridere ma non di farci ingannare dalla velocità maldestra con cui si liquida l’argomento, perché spesso e volentieri l’uomo che dona la mimosa se ne ricorda grazie all’offerta promozionale del fioraio sotto casa.
Il perché lo faccia, starà a noi donne ricordarlo a tutti, per noi stesse.

Paola Viero

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