“La Regione Veneto riferisce di non aver applicato, ad oggi, la penale in quanto i lavori non sono ancora conclusi ed il relativo computo potrà essere effettuato solo a conclusione degli stessi. Inoltre, non si è resa necessaria alcuna iniziativa in merito alla delibera Anac richiamata dagli onorevoli interroganti, avendo la Regione medesima chiarito i profili rilevati”. Lo ha detto, ieri in commissione alla Camera, il sottosegretario alle Infrastrutture Tullio Ferrante rispondendo all’interrogazione di Ilaria Fontana (M5s) sulla mancata applicazione delle penali e della riduzione dei tempi di concessione conseguenti ai ritardi nella realizzazione della superstrada Pedemontana veneta. Una risposta che non ha soddisfatto del tutto il collega di Fontana, Enrico Cappelletti perchè il sottosegretario ha fatto “riferimento ad un presunto spostamento della data di ultimazione dei lavori, mentre tale spostamento rappresenta un dato oggettivo”. Ben venga comunque che si dia per certa l’applicazione delle penali, “seppur a contratto ultimato, ma non comprende perché non si preveda anche una riduzione dei tempi di concessione dell’opera in considerazione del ritardo accumulato durante la realizzazione”. Per Cappelletti, infine l’impegno di circa 13 miliardi di euro per un’opera, il cui valore stimato è di circa un sesto, “manifesta una inefficienza nella capacità di spesa della Regione, elemento questo che confligge con le richieste di autonomia finanziaria che alcune Regioni avanzano”.

Ferrante, come si legge nel verbale della seduta della commissione visionato dalla ‘Dire’, ha elencato la storia della superstrada Pedemontana Veneta dell’Intesa generale quadro del 24 ottobre 2003 tra Governo e Regione Veneto in avanti, mettendo in fila tutti i passaggi: delibera Cipe del 2006, nomina del commissario nel 2009 e prima firma del contratto di concessione per la costruzione e la gestione dell’infrastruttura, nel 2013 la prima rimodulazione del contratto di concessione, che determinava lo slittamento della conclusione dei lavori a settembre 2020; nel 2016, terminato l’incarico del Commissario, nuova rimodulazione del contratto, prevedendo una riduzione dei ricavi del concessionario di oltre 10 miliardi di euro nei 39 anni di concessione, quasi dimezzandoli. “Al contempo, sono state avviate le interlocuzioni con Anac e Corte dei Conti. In particolare, sono stati chiariti i rilievi di Anac sul metodo di calcolo del nuovo canone e sul presunto spostamento della data di ultimazione dei lavori, dimostrando che la seconda rimodulazione della concessione non modificava il termine del contratto precedentemente sottoscritto”, ha detto il sottosegretario. “Quanto ai rilievi della Corte dei conti, nel 2018 è stato chiarito che i ritardi nella consegna dell’opera finita avrebbero comunque comportato il pagamento delle penali previste, così come già indicato nel primo contratto approvato dal Cipe e sottoscritto nel 2009”, ha aggiunto Ferrante.

Dire (foto)

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