Anche i napoletani residenti a Thiene si stanno preparando per i festeggiamenti della loro squadra del cuore, pronta a conquistare la vetta del campionato di calcio. Balconi addobbati di azzurro e bianco, bandiere esposte e non, le magliette tirate fuori dal cassetto per la grande occasione e un bar che ha allestito l’entrata. La foto del locale è stata postata sul gruppo Sei di Thiene se, dove, a parte un paio di commenti che non meritano menzione, tutti, al di là del tifo personale dimostrano gioia per il risultato del Napoli. Qualcuno definisce “scempio” l’entrata del bar e una quindicina gli mettono il like. Ma prevale la gioia, l’entusiasmo, la voglia di leggerezza che il calcio sano sa donare per farci allontanare almeno per un pochino dai problemi quotidiani. Il noto imprenditore Gino Zoccai, thienese doc, specifica di essere interista, ma è felice per il Napoli.

E’ di questi giorni, la notizia che è sulla prima pagina del Corriere della Sera, primo quotidiano d’Italia, i proclami pubblicati su internet e firmati da sedicenti bergamaschi, udinesi, torinesi, varesini che intimano ai napoletani di non festeggiare nella “loro” città. Commenti vergognosi e razzisti, che la dicono tutta sull’essenza umana di chi non vorrebbe che i napoletani festeggiassero al Nord. Cose da terzo mondo culturale, che hanno fatto scendere in campo una delle firme più autorevoli del panorama giornalistico della nostra nazione, Aldo Cazzullo.

Il giornalista, inviato, opinionista e scrittore scrive:  “Trovo vergognosi i proclami pubblicati su Internet e firmati da sedicenti bergamaschi, udinesi, torinesi, varesini che intimano ai napoletani di non festeggiare nella «loro» città. A parte il dettaglio comico di Torino, dove almeno metà della popolazione ha un genitore o un nonno del Sud, va ricordata una cosa che dovrebbe essere ovvia: le città d’Italia appartengono a tutti gli italiani. Nessuno può parlare a nome degli altri. L’identità non coincide con il tifo. Non tutti i bergamaschi ad esempio tifano Atalanta, ce ne sono molti che tifano Inter, Milan, Juve, magari proprio Napoli, oppure non seguono il calcio. I napoletani hanno pieno diritto di festeggiare lo scudetto della loro squadra in qualsiasi città italiana o europea si trovino; e nessuno ha diritto a offendersi per questo. C’è un precedente illustre. Quando il Cagliari vinse lo storico scudetto del 1970, quello di Giggirriva, i sardi presero il controllo di Torino. Dirigevano il traffico, ordinavano liberamente nei bar: si erano presi la città. Un giovane leader del Sessantotto, Guido Viale, rimase colpito da quelle scene e lanciò uno slogan che fece sognare una generazione: «Prendiamoci la città». Si trattava, dal suo punto di vista, di «liberare» interi quartieri, che sarebbero stati gestiti non più da politici, burocrati, vigili, poliziotti, ma direttamente dal «popolo». Un sogno naturalmente destinato a rimanere tale. Dalle feste dei tifosi un conservatore può trarre anche l’insegnamento opposto: dai tempi di Giovenale, l’ordine si mantiene con il panem e i circenses. Purché festa sia”.

N.B.

 

 

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