Quando ha iniziato a lavorare aveva 9 anni. Sua sorella, ‘la grande’, ne aveva 16. Da allora Veronica Manea non ha mai smesso di tagliare e pettinare capelli e a 70 anni appena compiuti vanta il titolo di ‘parrucchiera storica a Piovene Rocchette’, con tanto di attestato consegnato dal sindaco.

Da quando ha iniziato a oggi, di acqua ne è passata tanta. Sotto i ponti che hanno visto stravolgere le abitudini sociali e nei ‘lavateste’ del negozio, in via Fanti prima e nella latteria di via del Bò poi.

Mai stanca, perché “ai clienti non bisogna mai dire di no” e con l’entusiasmo di allora. E a chi le chiede, in virtù dei suoi tantissimi anni di esperienza, il taglio più famoso, risponde senza esitare “Quello di Lady Diana”.

Veronica Manea, ha appena ricevuto dal suo Comune un attestato di benemerenza per i tanti anni di attività. Orgogliosa?

Molto, anche se per me è la mia vita, trascorsa con gli impegni di famiglia e i figli. Ma è vero che i miei clienti e il mio lavoro sono sempre stati una delle colonne della mia vita, questo attestato riconosce il mio impegno ed il ruolo che abbiamo avuto a Piovene Rocchette.

Lei ha iniziato a lavorare a 9 anni, nel 1957. Una specie di record…

Ho iniziato con mia sorella Renza, che aveva 16 anni. Lavavo le teste e applicavo le tinture, facevo quello che può fare una bambina, ma lavoravo eccome. Erano tempi diversi. Ogni lunedì andavamo a fare un corso a Vicenza, pagato con l’acquisto del prodotti da usare in negozio. Eravamo le più giovani a Piovene e si lavorava tantissimo.

Cosa c’era di diverso all’epoca rispetto ad oggi?

Innanzitutto c’era la Lanerossi che portava un importante indotto economico. Poi c’era la discoteca Capannina Azzurra, 2 cinema, 4 calzolai, 4 parrucchiere, 3 macellerie. Il contesto era diverso. Si cominciava a lavorare alle 6.30 con le operaie della Lanerossi che venivano prima del lavoro. Poi venivano in pausa pranzo o di sera e chiudevamo dopo le 21. Non ci fermavamo mai.

E la famiglia?

Facevo come si faceva allora. Stiravo e pulivo di notte, non ho mai avuto aiuto in casa. E i figli collaboravano. Il mio più grande aiuto sono state le mie mani e i mutui bancari e artigianali.

Lei ha visto cambiare i look delle donne nel corso degli anni. Ci racconti l’evoluzione dei capelli…

Negli anni ’60 era in voga il biondo alla Marilyn Monroe, con i capelli mossi e i boccoli tirabaci. Negli anni ’70 è arrivato il liscio alla Twiggy e Patty Pravo. Poi è arrivata Lady Diana e ha monopolizzato gli anni ’80 con il suo taglio inconfondibile. Le clienti si sedevano e dicevano “il taglio di Diana”. Penso sia la frase più pronunciata in ogni salone di parrucchiera dagli anni ’80 a oggi. Poi c’è stato il periodo dei ciuffi laccati, in stile ‘Una donna in carriera’.

E dopo Diana?

Dopo Diana non c’è più stato nulla di rappresentativo. Nessuna principessa, nessuna attrice con una forte personalità, nessuna cantante o soubrette. Oggi va di moda essere spettinate, non vedo donne in ordine in giro. Pensano che ‘la piega’ invecchi, invece è elegantissima. Invecchia molto di più un look spettinato su una donna di una certa età, che con il finto spettinato sembra scappata di casa al mattino.

Perché secondo lei il taglio di Diana ha condizionato i tempi?

Ha rotto gli schemi. L’immaginario collettivo della principessa è con i capelli lunghi, raccolti in modo banale. Diana aveva i capelli corti, aveva un taglio contro corrente che esaltava prepotentemente il suo fascino. Guardi le principesse oggi… Sono belle, ma tutte uguali. Non si distinguono, sono senza personalità. I capelli sono il tratto distintivo di una donna. Guardi Ilary Blasi al Grande Fratello. Per stupire ha usato le parrucche, non gli abiti. I capelli esprimono personalità, il taglio esprime il carattere.

Lei ha visto nascere i primi macchinari per la permanente, evolversi le tinture. Ha sperimentato tutte le tecniche.

Le prime permanenti richiedevano una grande forza fisica. I bigodini di ferro pesavano ed erano bollenti, non esistevano acidi che potessero toccare la cute. Si usava molto il frisèe, poi andavano le onde. Le tecniche le ho imparate tutte dai parrucchieri più anziani di me, non sui libri.

E i look delle spose?

Per le spose è sempre andato di moda uno stile classico. Una bella sposa, con abito elegante, non può essere spettinata o con i capelli da rockstar. I capelli devono accompagnarsi al vestito. L’importante è che non cadano le forcine.

Le forcine? Ci spieghi…

Oggi si distingue un parrucchiere bravo da uno che non lo è da come usa le forcine. Oggi, molti non sanno attaccare le forcine. Che poi cadono e si rovina l’acconciatura. Alle mie spose non è mai caduta una forcina.

Qual è il taglio più difficile?

Quello asimmetrico. Ci deve essere asimmetria totale tra parte destra e parte sinistra, ma il taglio deve essere accompagnato, lo ‘stacco’ deve essere armonioso. Per essere un bravo parrucchiere bisogna avere ‘occhio’. Non basta studiare le tecniche, si deve saper guardare i capelli.

E i colori?

Intanto voglio dire che ad un parrucchiere non serve avere mille colori, ne bastano 3 o 4 per ottenere tutte le sfumatura. Personalmente non amo fare i capelli rossi. Il rosso è bello naturale.

Il parrucchiere di quando lei ha iniziato è lo stesso di oggi?

Assolutamente no. Ricordo che all’inizio eravamo malviste dalla chiesa, oggi non è più così. Poi c’è stata l’evoluzione nei clienti, che un tempo sapevano rispettare le professionalità altrui, mentre oggi vogliono mettere il naso in ogni cosa. Ad una cliente una volta ho dato il pettine in mano e le ho detto “faccia pure da sola”. Oggi molti clienti trattano il parrucchiere come un servo, è maleducazione pura.

Lei ha ha trascorso una vita in salone, un consiglio alle nuove generazioni?

Serve tanta passione, non si può fare questo lavoro se non c’è una passione vera. Si deve essere disponibili a tenere aperto anche fuori orario e ai clienti non si deve dire ‘no’. Ma soprattutto, consiglio di cominciare da giovani. La ‘mano’ si fa con l’esperienza.

Anna Bianchini

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