Con l’accompagnamento musicale di Luciano Zanonato ha avuto  inizio mercoledì 31 Gennaio nella sala delle pubbliche riunioni a Zugliano la commemorazione del Giorno della Memoria, organizzata dall’assessorato alla Cultura, Pro Loco, Amici della Resistenza in collaborazione con la Biblioteca Civica e la Compagnia Teatro Insieme di Zugliano.

“La commemorazione ha voluto essere un momento di riflessione  per tener viva nelle future generazioni la memoria di un periodo storico così tragico per gli orrori compiuti verso l’umanità, affinché tali avvenimenti non possano mai più accadere”, ha commentato l’assessore alla Cultura.

Il professore Ferdinando Offelli ha quindi ricostruito i fatti storici di quel tragico 26 agosto 1944, quando prima dell’alba le colline delle Bregonze furono investite da un grande rastrellamento nazifascista e sedici giovani furono deportati: due di Carrè, nove di Zugliano e cinque di Lugo. Gli storici accennano di  questo rastrellamento quando scrivono dello scontro di Marola di Chiuppano tra un reparto Garibaldino in transito verso l’altopiano di Asiago e le forze nazifasciste. “Questo scontro portò anche all’uccisione di  due partigiani – ha ricordato Offelli – Nello Tarquini ‘Pascià’ e Francesco Urbani ‘Lupo’, commemorati ogni anno l’ultima domenica di agosto”.zugliano2

Durante il rastrellamento i nazifascisti setacciarono ogni angolo delle Bregonze, controllando ogni casa. Dei sedici giovani presi, l’unico ancora in vita è Antonio Guglielmi di Grumolo, classe 1926 che inizia con lucidità e con tanta emozione a ricostruire il suo racconto nella sala gremita di circa duecentocinquanta persone.

“Ero a letto quando venni catturato alle cinque del mattino – ha iniziato a raccontare Antonio Gugliemi nel silenzio totale e denso di rispetto della sala gremita – Abitavo poco lontano dalla latteria dove ci  aspettava un camion. Si proseguì verso la Ca’ Vecia e lungo la strada furono raccolti altri giovani. Con me furono presi Angelo Brazzale, Aldo Sella, Battista Binotto, Pietro Crosara, Francesco Bortoli e Giuseppe Turle di Grumolo. Giacomo Dal Santo ‘Talian’ di Centrale, Ignazio Carollo di Zugliano, Placido Cornolò e Gildo Calgaro di di Carrè, Giovanni Pasin, Benvenuto Strozzo, Giuseppe Manzardo, Olinto Grazian e Federico Dal Bianco di Lugo. Dopo essere stati per due giorni a Thiene – ha continuato – ci hanno portati a Vicenza a San Biagio, poi a Peschiera del Garda e di qui trasferiti in Germania su carri bestiame. Siamo entrati nel Reich per il Brennero e a Innsbruck lo smistamento. Io sono stato mandato in un campo di concentramento ricavato all’interno di una cartiera , il Lager Papierfabrich a Bruck an de Mur in Stiria. Ricordo che siamo arrivati di sera  e ci hanno dato da mangiare pannocchie di granoturco bianco, cotto nell’acqua, in bidoni  usati per la benzina e per il petrolio. In seguito sono stato trasferito vicino alla fabbrica nel lager Ramsauer Plateau. Si lavorava dodici ore al giorno dal lunedì al sabato, una settimana dodici ore di giorno e una settimana dodici ore di notte. Il nuovo lavoro consisteva nel costruire parti dei carri armati, i famosi Tigre. Io ero addetto al controllo delle saldature, dovevo eliminare le scorie e  controllare la qualità della saldatura facendo luce con una lampadina, usando gesso e martello. Dovevo segnare col gesso se c’erano problemi. Quante volte ho pianto per il male agli occhi essendo a contatto con un altro che saldava usando l’acido che mi faceva bruciare e lacrimare gli occhi. Per calmare il dolore mi dicevano di mettere le bucce di patate, ma dove andarle a prendere? Se ne avessimo avute, le avremmo certamente mangiate”.

zuglianoIl racconto di Gugliemi continua con semplicità  e con emozione facendo trasparire un passato di sofferenze, nel più assoluto silenzio del pubblico presente. “Un avvenimento mi fece tanta impressione – ha continuato Antonio Guglielmi nel suo racconto – Le fiancate e le torrette venivano stampate a caldo da grandi presse. Ricordo che un russo che lavorava insieme a me per riscaldarsi si è sistemato sopra una lamiera appena trattata, ma con l’allarme la corrente elettrica veniva staccata e la pressa è venuta giù schiacciandolo. Ricordo anche che un mese prima che la guerra terminasse ci hanno portati a scavare fossi anticarro verso Vienna per cercare di rallentare la marcia dei russi che avanzavano. Si mangiava pochissimo, una fettina di pane come una fetta biscottata, un mestolo di acqua e rape e raramente anche delle carote. Ricordo che quando la guerra stava per finire, lavoravamo sempre di notte. Andando a lavorare ci portavano in treno ma il ritorno lo facevamo sempre a piedi. Un giorno, erano i primi di maggio, avevamo fame, i contadini avevano piantato le patate, dette Kartoffeln, patate. Volevamo rubarne una, ma i tedeschi si sono accorti e ci hanno spianato i fucili e siamo scappati nella baracca. Quando ricevevo le lettere i miei m’informavano che avevano spedito dei pacchi con cibo, tabacco e vestiario, ma non li ho mai ricevuti. Prima che finisse la guerra i tedeschi ci hanno portati verso Tarvisio su carri bestiame prima che arrivassero gli americani e da Tarvisio fino a casa tutto a piedi.  Sono arrivato a casa di sera  e la voce del mio ritorno si è sparsa subito. Era il 12 maggio 1945. Ho evitato di entrare in casa, perché ero pieno di pidocchi chiamati ‘la croce uncinata’  e sono andato a cambiarmi nell’orto. Dei sedici catturati il 26 agosto siamo stati i primi a tornare a casa, poi fortunatamente  anche gli altri e  tutti vivi, ma la salute di molti di loro era irrimediabilmente compromessa”.

Durante la serata sono state presentate letture sugli altri deportati da parte di alcuni attori della Compagnia TeatroInsieme, Giambattista Zugliano3Stupiggia, Rita Busin e Gabriella Loss, regista della Compagnia teatrale. Non sono mancati altri momenti musicali di Luciano Zanonato. Il sindaco Sandro Maculan ha sottolineato l’importanza di questo momento commemorativo per tener viva la memoria di quei tragici episodi venuti alla luce grazie a quanto ci ha testimoniato questa sera Antonio Guglielmi che  pochi giorni fa ha ricevuto dal prefetto di Vicenza la Medaglia d’Onore destinata agli italiani che hanno conosciuto i lagher del terzo Reich.

“Siamo grati ad Antonio Guglielmi, ultimo testimone e ai familiari degli altri 15 giovani che hanno subito l’internamento in Germania, allora erano giovani di neanche 20 anni – ha sottolineato Maculan – Grazie anche a Giannico Tessari per averci restituito questa pagina dolorosa della nostra storia locale. Fare memoria però significa non solo ricordare le tante sofferenze causate dalla deriva ideologica nazi-fascista perché non si ripetano. Significa anche tener ben presente anche oggi che le idee non possono mai diventare più importanti delle persone. Cerchiamo di alimentare ed esercitare continuamente la nostra umanità”.

I ricordi di Antonio Gugliemi sono raccolti  nel fascicolo ‘Le porte della Memoria 2018’ che lo stesso Giannico Tessari ha curato per conto degli Amici della Resistenza, A.N.E.I. e A.N.E.D.

Antonio Cipriano

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