Il sit-in promosso dal Collettivo Arcadia e tenutosi sabato, davanti Palazzo Garbin a Schio, ha riacceso i riflettori sull’annosa questione della sede per l’associazione dopo che  nel marzo scorso il Sindaco Valter Orsi aveva fatto recapitare  l’avviso di sfratto per lo stabile di Via Lago di Tovel dove, stando ai piano dichiarati dall’amministrazione scledense, dovrebbero trovare posto degli archivi.

Netta la posizione del centro sociale più attivo dell’Alto Vicentino e forse uno dei più noti dell’intera provincia: in mancanza di alternative chiare, Arcadia non ha alcuna intenzione di spostarsi da lì.

Da mesi peraltro, Arcadia cerca un dialogo con il Sindaco Orsi, ma dopo un incontro che aveva lasciato ben sperare ancora l’estate scorsa i rapporti si sono nuovamente ricongelati ed è calato un silenzio definito assordante.

Jacopo Borga, pur non volendosi definire tale, lei è un leader della comunità di Arcadia: in molti vi guardano con diffidenza, addirittura aleggia l’idea che siate pericolosi. Sarà mica per questo che il Sindaco Orsi non sente il bisogno di darvi una sede?

“Anzitutto, più che un leader io mi sento un membro come tanti altri attivi dentro ad Arcadia, forse ‘storico’ perchè ci sono dal 2007 quando tutto ha avuto inizio, ma niente più di questo. Contestualizziamo invece il fatto politico, perchè di politica si tratta,  Valter Orsi, aldilà di quanto millanta per dimostrare un’apertura e una disponibilità verso la pluralità di idee, ha fatto capire nel concreto che chi non la pensa come lui semplicemente non è gradito e forse è bene che venga eliminato dalla piazza”.

Orsi avrà le sue idee, ma l’impressione è che in generale all’esterno vi siano delle convinzioni ormai assodate sul vostro conto: siete davvero solo dei perdigiorno che se la cavano andando in piazza a far casino come dice qualcuno? Se non è così, mi dica cos’è Arcadia e vediamo di sfatare qualche falso mito.

“Sono contento mi venga fatta questa domanda. Arcadia è tante cose: non so nemmeno esattamente quante siano le persone che ruotano attorno alla nostra associazione, ma so che sono veramente tante. Non esistono tessere e ci auto finanziamo in modo del tutto libero per poter portare avanti molteplici attività: abbiamo fondato una polisportiva con una squadra di basket e una di calcetto dove lo sport è inclusione e non agonismo, abbiamo promosso diversi eventi musicali anche per far conoscere giovani band emergenti, abbiamo persino aperto una scuola popolare in centro a Schio con oltre 50 iscritti a semestre aiutando chi ha difficoltà con l’italiano o anche chi non riesce a prendere la patente. Iniziative che mettiamo in campo grazie alla collaborazione con tante altre persone e tante altre realtà associazionistiche del territorio. Tutto questo senza dimenticare la cultura anche attraverso la presentazione e la pubblicazione di libri”.

Come avete fatto durante questi lunghi mesi in cui sostanzialmente causa pandemia i rapporti e le relazioni hanno subito un brusco taglio? Vi siete fermati anche voi?

“Assolutamente no. Sicuramente meno concerti e meno occasioni di manifestazione pubblica, ma abbiamo continuato a fare quello che forse è la nostra mission principale: aiutare chi ha bisogno. Anche prima del Covid offrivamo ad esempio delle consulenze per lavoratori e sostenevamo delle cause sociali ma negli ultimi tempi data la situazione abbiamo sentito la necessità di offrire il nostro supporto concreto attraverso il banco solidale. Con questa iniziativa per esempio, consapevoli che gli aiuti istituzionali non possono arrivare dappertutto, abbiamo aiutato anche con generi alimentari o medicinali: ora grazie al supporto di alcuni professionisti faremo partire anche un sportello di ascolto. La gravità del momento richiede che ci si sostenga e che si faccia rete e noi ci siamo”.

Iniziative lodevoli: non pensa che proporre anche all’amministrazione comunale un vostro aiuto operativo potrebbe essere una chiave di lettura per iniziare a distendere i rapporti con Palazzo Garbin?

“Ci abbiamo provato ancora durante la prima ondata pandemica: ci siamo offerti per dare una mano, un supporto logistico, gestito nella nostra indipendenza ma a completo servizio della collettività. Completamente inascoltati. Come dicevo prima quello del Sindaco non è solo un pregiudizio: semplicemente non rientriamo nei suoi piani e nemmeno in quelli dei suoi amici”.

Presumo lei faccia riferimento  a quella destra di Schio col quale anche lo scorso luglio si è riaccesa la miccia. Non pensa che anche questo faccia male alla vostra immagine pubblica?

“Schio è sempre stata una città libera, democratica e antifascista. Si parla di noi e degli scontri con la polizia, ma non si dice che è stato consentito ai soliti fascisti di sfilare per Schio inneggiando a quel periodo. Persino l’assessore regionale che va alla radio cantando Faccetta Nera – l’ assessore Elena Donazzan ndr – ha applaudito pubblicamente  a quei ‘bravi ragazzi’: preciso che se non avvenissero questi sfregi alla democrazia, non avremmo avuto bisogno di manifestare. Il Sindaco Orsi lo sa bene, ma sappiamo da che parte sta al di là delle prese di posizione di circostanza.

Jacopo, colga l’occasione per togliersi quell’etichetta di provocatore e di fannullone che qualcuno ha affibbiato su di lei e sui suoi compagni. Stamattina si è alzato tardi?

“Stamattina ero al lavoro, e di lavori anche se ho solo 29 anni ne ho fatti molti. Sono laureato in storia e sto ancora studiando. Guardi che in Arcadia, “l’associato” tipo non esiste: ci sono studenti, professionisti e perfino pensionati. Una comunità pensante e dinamica: Arcadia non è un mondo a sè, ma parte integrante della comunità, uno spazio plurale che guarda a Schio e a tutto l’Alto Vicentino. In questi giorni assieme al ‘Collettivo Rotte Balcaniche Alto Vicentino’ stiamo raccogliendo vestiario e beni di prima necessità per i migranti bloccati in Bosnia al freddo e alle intemperie. La solidarietà è contagiosa e conta più di mille parole”.

 

Marco Zorzi

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