“10 milioni di euro di mancati introiti, un investimento da 20 milioni che non decolla e l’obbligo di bruciare rifiuti per favorire il teleriscaldamento. Una politica che non sta in piedi e alla quale Ava (Alto Vicentino Ambiente) e i sindaci suoi proprietari devono mettere un freno”.

Alto Vicentino Ricicla (Avr) prende posizione contro la partecipata che gestisce il ciclo dei rifiuti nell’Alto Vicentino e critica anche il più recente investimento da 2 milioni di euro per ampliare la rete di teleriscaldamento alla zona industriale di Schio.

“Abbiamo chiesto spiegazioni ai vertici della società, ma non avendo avuto risposte ora le chiediamo ai sindaci – hanno sottolineato Marco Rampon, Laura Rossi e Gianfranco Santacaterina, di Avr, spiegando da dove deriva la loro presa di posizione – Nel 2008 è stato approvato da Ava e dai sindaci un investimento da 20 oltre milioni di denaro pubblico per la realizzazione di una rete di teleriscaldamento e per il raddoppio della linea 1 dell’inceneritore, ad essa necessario. Il progetto doveva fruttare guadagni e migliorare le emissioni, a vantaggio dell’ambiente. A questo si sono aggiunti due milioni di euro per il teleriscaldamento della zona industriale di Schio. Ma dal 2014 (annodi inizio del teleriscaldamento) al 2019, la Società non è mai stata in grado di centrare gli obiettivi di vendita di calore che si era impegnata a raggiungere e che avrebbero dovuto, secondo i calcoli riportati nel piano industriale del 2008, portare ad un introito di 2.680.000 euro all’anno. Non essendo riuscita a vendere neppure la metà del calore che avrebbe dovuto collocare sul mercato, la Società ha accumulato nel solo periodo 2014-2019 oltre dieci milioni di euro di mancati introiti, con una continua progressione negativa anche nei dati relativi ai primi otto mesi del 2020. Il tutto bruciando rifiuti che per oltre tre quarti provengono da fuori bacino, e con un aumento delle emissioni che, prendendo a titolo di esempio gli ossidi di azoto, superano del 385% i valori previsti nel piano industriale”.

Avr non ci sta ed i suoi esponenti ora interrogano direttamente i sindaci, proprietari della società partecipata e titolari delle decisioni definitive.

E siccome da tempo si discute sullo spegnimento della linea 2 dell’inceneritore di Cà Capretta, Rampon, Rossi e Santacaterina chiedono come si possa conciliare lo spegnimento con il teleriscaldamento, visto che per teleriscaldare bisogna bruciare rifiuti.

Chiedono inoltre: “Quali sono i tempi e le modalità di rientro dell’investimento di oltre venti milioni di euro di denaro pubblico effettuato per il teleriscaldamento, tenendo conto delle perdite economiche già accumulate in seguito alla mancata vendita di calore? Come può la società in tale contesto garantire alle aziende che si allacciano alla rete di teleriscaldamento tariffe

convenienti mantenendo al contempo gli equilibri di bilancio?”

Poi ci sono altri quesiti, che riguardano in primis l’inquinamento da inceneritore. “Brescia, sede del più grande inceneritore italiano, è risultata essere la città con il più alto tasso di mortalità in Europa per l’esposizione a polveri sottili – hanno concluso i rappresentanti di Avr – Come può Ava nelle comunicazioni pubbliche definire “energia pulita” e “ rinnovabile” il calore ottenuto bruciando plastica ed altri materiali e che libera in atmosfera, oltre ad altri veleni, ossidi di azoto, diossine, polveri, metalli pesanti? Come può la Società attribuire “elevata efficienza energetica” ad un impianto che nell’ultima rilevazione ufficiale ha ottenuto un indice di efficienza di 0,61cioè al limite minimo per essere ancora considerato un impianto con recupero di energia e ampiamente al di sotto di quanto richiesto per gli impianti costruiti dopo il 2009?”

di Redazione Altovicentinonline

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