Esordisce definendosi una donna fortunata, che grazie all’educazione di genitori moderni, che le hanno insegnato il valore della curiosità che ti stimola a migliorarti e dell’indipendenza, si è realizzata mettendo in tutto quello che fa, la passione. Marina Maino ha lasciato la guida dell’istituto professionale Garbin e oggi, si dedica a pieno alla dirigenza del liceo Corradini. Quando parla del suo lavoro, non riesci a non percepire la sua anima, il suo spirito di donna, che si è sudata con lo studio e con i sacrifici quello che ha e che ha attraversato varie esperienze di vita, come quella politica, che hanno segnato anche il suo cammino professionale. ‘ Ho lasciato il cuore al Garbin – racconta seduta dietro la sua scrivania, dove giornalmente, deve scendere a compromesso con il telefono che le squilla costantemente e la burocrazia che non dà tregua ai presidi dei giorni nostri – . Una scuola molto innovativa, con docenti, capaci di mettersi in gioco ogni giorno per catturare l’attenzione di studenti spesso difficili e affrontare le sfide. Un istituto che ho lasciato con 1400 studenti, con 200 docenti, che hanno una marcia in più, ma che rendono il Garbin innovativo, che sa preparare all’università e con una didattica laboratoriale, che fa la differenza. Un ambiente familiare, che non dimenticherò per quel sapere fare squadra, che però sono convinta che il nuovo preside Alessandro Strazzulla sarà tenere vivo’.

Preside, lei appare una donna forte, giovane, ma con una vita che sembra particolarmente vissuta…

Sono cresciuta con un padre, da cui ho ereditato l’intraprendenza, la determinazione, quello spirito pratico di adattamento che mi hanno spinta spesso a fare esperienze altrove. Eravamo 5 figli, lui e mamma Elisanna lavoravano e lo ricordo a preparare la colazione per tutti noi. Appassionato di politica, partecipava a diversi gruppi e da piccolo, a 11 anni, ha aiutato più volte i partigiani, facendo la spola da Lugo al Monte Corno per portare i messaggi. La mia è stata una famiglia molto aperta alle relazioni e questo ha inciso sulla qualità della mia vita.

Papà Domenico è ancora in vita, mentre l’anno scorso ha perso la sua mamma. Da lei invece, cosa ha ereditato?

L’indipendenza e la curiosità. Era una donna che mi ha insegnato la parità tra uomo e donna, andava in moto e sciava benissimo. E’ stata una delle prime, negli anni 50, ad indossare i pantaloni. Le piaceva viaggiare e mi ha trasmesso la passione per l’insegnamento.

La sua è stata quindi una infanzia felice, che adolescente è stata?

La mia era una famiglia molto unita, dove si percepiva l’amore. Ce n’era talmente tanto, da avere la voglia di darlo al prossimo in difficoltà. Per questo, nonostante fossimo già in 7, abbiamo avuto per tre anni in affido una ragazza con problemi di disabilità.

L’adolescenza è stata contraddistinta dall’esperienza negli Scout, dove sono cresciuta coltivando il valore della conquista delle cose. L’amore per la natura e l’importanza del prendersi cura dell’altro. Sono stata una ragazza studiosa e serena, ma anche battagliera.

Ricordo quando con mio fratello Diego abbiamo inscenato una protesta attorno al tavolo della cucina per ottenere l’aumento della paghetta settimanale. Crescendo, ho voluto anche lavorare e nell’86 mi sono laureata. Quindi, il concorso per assistente di lingua italiana all’estero ed il trasferimento a Belfast, dove ho lavorato in 4 scuole. 

Nei primi anni 90, ha fatto un’esperienza politica politica importante ed è stata addirittura sindaco di Thiene…..

Il fermento politico è sempre stato in me, ho frequentato vari gruppi e nel ’92, ero capogruppo della corrente Dc. Nel ’93 sono stata nominata assessore mentre nel ’95,  sfidai Francesco Balasso, diventando primo sindaco donna di Thiene. Sono stati due anni e mezzo molto arricchenti, totalizzanti per le numerose relazioni e quel contatto con la gente. Sentivo molto la responsabilità del ruolo e ricordo con fierezza ed emozione l’esordio con la fascia tricolore in occasione del centenario di Arturo Ferrarin.

Che primo cittadino è stato, com’era l’opposizione di quei tempi e come è cambiata la politica di quegli anni?

Erano gli anni in cui si assisteva alla trasformazione dei centri storici. Venivo attaccata dai commercianti che non ne volevano la chiusura. Lamentavano che non c’erano abbastanza parcheggi. Allora il presidente di Ascom era Paolo Sartori. L’opposizione era sempre costruttiva anche nell’attacco. In quegli anni, andavi ai consigli comunali sempre preparato, dovevi  studiare, non esisteva l’improvvisazione. Se promettevi era perchè potevi mantenere. Oggi la politica si basa sull’immagine e meno sulla sostanza di ciò che si dice. Io difendo la politica perchè ho avuto il privilegio di conoscere persone, che ne hanno fatto una missione per la comunità d’appartenenza. Amministratori che prestavano un servizio, che si sacrificavano per il bene comune. La politica non va demonizzata tutta ed è un’esperienza che chiunque dovrebbe fare come crescita e non come lavoro pensando ad un profitto. Magari come consigliere comunale o all’interno del quartiere. La politica non dovrebbe essere concepita come la ricerca di una fonte di reddito.

Avrebbe voluto continuare ?

Mi è dispiaciuto molto quando è caduta la giunta, mi hanno chiesto di rimettermi in gioco più volte, ma la famiglia e la scuola sono sempre state le mie priorità. Ho adottato due ragazzi ed ho fondato l’associazione Famiglie Adottive Altovicentino.

Lei ferma non è stata mai. Come ha vissuto suo marito tutto questo impegno, che la portava tanto fuori casa?

Siamo sposati dal ’92 e dietro ogni mio passo, in qualsiasi sfera della mia vita, c’è sempre stato lui. Ad incoraggiarmi, a sostenermi e a credere in me. Anche quando ho deciso di fare il concorso come dirigente ed ho scelto una scuola impegnativa come il Garbin.

Quando menziona il Garbin le brillano gli occhi, che preside è oggi?Quali sono le difficoltà di un dirigente scolastico?

Cerco di essere presente. Oggi, fare il preside significa avere senso di responsabilità, capacità di coordinare i gruppi di lavoro e farne nascere altri. Mentre fino a qualche anno fa, un dirigente scolastico poteva dedicarsi al piano didattico e all’educazione dei ragazzi, oggi siamo costretti a fare conciliare tutto quello che fa parte di una scuola. Più che educatori ci vogliono laureati in legge, dei manager.

Dobbiamo fare i conti con le continue richieste di monitoraggio del Miur e mi piacerebbe avere più tempo per i ragazzi, seguirli di più nei loro programmi didattici. Se devo fare una supplenza, mi entusiasmo moltissimo perchè mi manca l’insegnamento a stretto contatto con gli studenti.

Natalia Bandiera

Ti è piaciuto questo articolo? Condividilo su:
Stampa questa notizia