Quando la passione per un mestiere si insinua ancor prima di nascere c’è poco da fare. Già da ragazzina lasciava la cartella di scuola sull’uscio e portava in tavola i piatti nella trattoria di famiglia, che poi lascia per andare a lavorare in fabbrica, “avevo 16 anni ma lo facevo perché volevo portare un po’ di soldi in casa”. Arriva la maggiore età e porta con sé la voglia di indipendenza. Cercando una casa per vivere da sola, addestrando cani di giorno e lavorando nelle discoteche al fine settimana. “Tutto è iniziato da lì”. A raccontarlo è Elisabetta Dalla Vecchia, ma per tutti è ‘Betty’: un’icona a Thiene che, assieme a Luca Fontana, da 15 anni gestisce lo storico bar Buzzolan.

Da barista nelle discoteche che hanno segnato l’epoca d’oro della movida degli anni ‘90, Betty allunga presto il passo diventando nel giro di pochi anni bar manager. Dieci anni di gavetta dove il carattere cocciuto di Betty l’ha sempre portata avanti, facendole superare gli ostacoli.“Quando ho compiuto 18 anni ho cominciato a lavorare per mia sorella nel suo allevamento a Piovene Rocchette: durante la settimana addestravo cani e il fine settimana lavoravo nei locali-racconta ricordando i primi passi-

Ho iniziato al Macrillo di Piovene e di Asiago. Dopo al Macrillino di Zanè, al Taxido di Molvena, all’Expo di Altavilla, al Salieri e anche al Torrino dei tempi d’oro. Ma non solo. La sua reputazione ‘Re Mida’ dei locali era talmente conosciuta che la vollero anche alla Scala di Padova. Dieci anni passati così: divertendomi sì ma lavorando sodo, partendo dalle cambuse dei bar, a tagliare fettine di limoni ed arance, fino a diventare colei che faceva ‘resuscitare’ i bar. Impegno che poi è stato ripagato all’Austrialian Cocktail Pub di Piovene quando, dopo solo un mese di lavoro dietro al bancone a preparare drink, mi chiesero di diventare responsabile di locale”.

 

La sua una figura che non pochi titolari di attività della zona adocchiavano e che avrebbero fatto carte false per averla con loro. Anche proponendole cifre che non si sarebbe mai sognata. “Io facevo il mio lavoro e trovavo corretto essere pagata per quello che facevo. Ma capii ancor meglio il potenziale che avevo quando Roberto Panozzo, il fratello di Loris, mi venne a cercare perché andassi a lavorare nella loro pizzeria di Magrè -svela Betty- Eravamo seduti uno di fronte all’altra: lui mi voleva come responsabile ma io tentennavo. Ad un certo punto mi allungò un foglio: sopra aveva scritto una cifra alla quale non si poteva dire di no”. Una firma di contratto che durerà tre anni, fino a quando lei sente che ormai i tempi sono maturi per far qualcosa di suo, “ho aperto ‘Skarabokkio’. Il mio primo bar, che mi ha dato così tante soddisfazioni. Andava alla grande, lavoravo tantissimo. Ma poi, con la malattia di mio fratello, ho deciso di rallentare arrivando alla decisione di vendere il locale”. Pur col dolore che si può provare in famiglia, le bollette e il pane si devono comunque pagare, “così andai per tre anni a lavorare con Mirco Froncolati, gestendo il bar al Gimmi ristorante e pizzeria”.

Buzzolan e quell’amico “sempre con me”
Arriva il 2008 e riceve una telefonata. “Era Mirco Carta. Aveva rinnovato il Buzzolan e cercava una responsabile per la fascia mattutina. Dire che lavorare con lui è stato bello è riduttivo. Mirco era dinamico, spigliato e sempre un passo avanti- racconta Betty-Quando parlo di Mirco lo faccio sempre al presente, perché per me, per molti, non è mai andato via del tutto”. Il tono di voce di Betty si abbassa, con la schiena si appoggia alla sedia. “ Poi tutto cambia, l’8 agosto del 2008. Alla tv sento parlare di un terribile incidente e solo alla sera capisco che si parla di lui-continua-Quando mi chiama Luca e mi dice che Mirco è. Inconcepibile, non ci volevo credere-continua- Era un grande amico per me. Solo qualche giorno prima mi era stato vicino ed era venuto al funerale di mia mamma. Una settimana dopo c’era il suo”. Momenti difficili che rendono il Buzzolan orfano della sua guida. “Non sapevo cosa fare, ho guardato negli occhi Luca Fontana che era il responsabile serale e alla proposta di rilevare assieme il locale in prima battuta risposi ‘no’, poi ‘proviamo’”. Da allora sono passati 15 anni “e siamo ancora qua”. Sorride, è soddisfatta di quanto è riuscita a fare, di come il ‘suo’ locale sia un punto di riferimento del centro cittadino, che richiami a sé anche chi arriva da fuori.

“Mi piace il mio lavoro e mi da’ grandi soddisfazioni. Non mancano le tribolazioni ovviamente. Diciamo che un tempo era più semplice fare attività, oggi ci sono mille paletti che a volte ti farebbero passare la voglia. E invece no. Si va avanti e lo faccio anche per i miei ragazzi: giovani che si rimboccano le maniche-conclude Betty-A loro ora cerco di trasmettere non solo una passione ma anche il modo. Avere un bar non significa solo portare la tazzina di caffè al cliente. Significa essere empatici con le persone, saper star bene con le persone e conoscere i limiti propri e quelli del cliente. E su tutto il rispetto da dare al cliente, ma anche viceversa. Guai se un avventore si permettesse di fare il ‘troppo simpatico’ o ‘il troppo arrogante’ con una cameriera: il Buzzolan non sarà mai posto per loro”.

Paola Viero

 

Ti è piaciuto questo articolo? Condividilo su:
Stampa questa notizia