La decisione di chiudere le aree esterne del Patronato San Sebastiano per le attività ricreative a chi arriva da fuori parrocchia,  non ha fatto felice il Sindaco Giovanni Casarotto  perchè è l’ennesimo episodio del fenomeno, oggi sempre più dilagante, della mancanza di rispetto delle regole e di educazione, anche civica, di alcuni giovanissimi. 

“La causa della chiusura-secondo il Sindaco Casarotto- analogamente a quanto accade nei mesi estivi non solo nelle parrocchie, ma anche in altre realtà educative,  pensiamo ad esempio alle  associazioni sportive,  è da ricercarsi nel fatto che, una volta sospese le attività annuali consuete, sia sportive che ricreative o di catechismo, vengono a mancare le figure adulte di riferimento. Nel caso in questione, inoltre, l’attuale crisi vocazionale rende in molte realtà impossibile ad un parroco di ricoprire il ruolo che un tempo era ricoperto dai giovani preti che lo affiancavano, dediti in maniera preponderante alle attività dell’oratorio e di animatore dei giovani. Comprendo quindi – spiega il primo cittadino thienese- le motivazioni che nei giorni scorsi hanno indotto il parroco don Nicola Salandin, d’accordo con il consiglio pastorale ed il comitato di quartiere, a inviare una lettera ufficiale in cui si legge il chiaro divieto di non fare più accedere agli spazi esterni parrocchiali ragazzi se non in presenza di adulti di riferimento. Questa decisione ha generato un vespaio di polemiche fra chi dà ragione al parroco e chi, invece, sostiene che gli spazi esterni parrocchiali non vanno mai chiusi, nemmeno se si è dinanzi a chi non ne vuole sapere di rispettare le regole, come è successo per l’appunto nel caso della parrocchia thienese, dove si è arrivati alla forte presa di posizione, in seguito alla presenza di veri e propri gruppi di bulli, che erano dediti al vandalismo e addirittura bestemmiavano all’interno delle aree di pertinenza della chiesa. E’ vero che il Vangelo – conclude il Sindaco – spalanca le porte a tutti, ma ciò non toglie il dovere di prendere provvedimenti anche drastici di fronte ad alcuni comportamenti incivili, che vanno a intimidire e a impedire il diritto di giocare dei ragazzini della comunità; don Nicola non ha potuto fare altro”.

E il ruolo educativo di un sacerdote?

Ci dimentichiamo tutti, mi pare, che i primi educatori sono le famiglie, che non possono esimersi dal loro ruolo e compito primario. E invece si continua a puntare il dito altrove, sulla società, sulle scuole o sulle parrocchie, scaricando su queste  realtà, importanti ma collaterali, la vera responsabilità che è della famiglia.   

Certo, per quanto riguarda l’attività educativa e di animazione, che per decenni nei patronati e nelle parrocchie ha saputo anche d’estate ben affiancare la cura delle anime e della carità,  oggigiorno, purtroppo, presenta delle falle sia per la crisi delle vocazioni, come ho detto sopra, che non fa intraprendere la missione a molti giovani che non si ‘arruolano’ più nell’esercito di Dio, mettendosi a disposizione della Chiesa, sia per una carenza di persone, come i catechisti e gli animatori, che si amplifica soprattutto, come è ovvio sia, nel periodo estivo, quando le tradizionali attività sia di catechismo sia di Azione Cattolica, scautistiche e sportive vanno, per così dire, “in vacanza”, come le scuole, del resto. E questo vale per tutte le parrocchie.  

Il problema del disagio giovanile è ormai diffuso. Non passa giorno che non si legge sui giornali di episodi di vandalismi che fanno riflettere….

Non pensi che noi come amministrazione comunale non abbiamo presente il problema e non abbiamo investito in azioni possibili. Dal 2012 ad oggi  abbiamo investito oltre 93mila euro nel  “Progetto Giovani Thiene”, coordinato dalla Cooperativa Radicà. L’obiettivo del Progetto è avvicinare i ragazzi che non sono inseriti in parrocchie, in associazioni o in gruppi organizzati, perchè possano socializzare e siano stimolati anche ad impegnarsi in attività divertenti e sane. Ma nessuno è obbligato a far parte del “Progetto Giovani”: anche in questo caso è una scelta e non un obbligo.

Dove sono finiti parroci come don Marco Pozza, che con lo spritz in mano avvicinava i giovani alla chiesa per portarli sulla retta via?

“La messe è molta ma gli operai sono pochi” recita il vangelo. Se ci fossero più vocazioni, sicuramente ci sarebbero anche più preti giovani, certamente capaci di intendersi e capire meglio gli “altri giovani”. Poi è anche questione che ogni prete ha il suo carisma… quello di don Marco Pozza è uno dei molti possibili, non certo l’unico! 

M.B.

“Aprite le porte a Cristo, non abbiate paura”

In questi giorni ho avuto occasione di esprimere la mia opinione riguardo alla spinosa situazione che si è creata nella Parrocchia della Ca’ Paiella, dove a causa degli eccessi di un gruppo di giovani teppistelli il parroco ha deciso, in accordo col consiglio pastorale, di limitare l’accesso alle aree del centro parrocchiale al personale autorizzato.

Francamente, sarò anche un po’ troppo ortodosso, ma questa decisione mi pare fortemente in contrasto con gli atteggiamenti di Gesù, cui la comunità cristiana dovrebbe ispirarsi e che mostrava grande accoglienza verso i cosiddetti “peccatori” e perfino verso i nemici: altrimenti, se amiamo solo i nostri amici, da che cosa ci  riconosceranno dai peccatori?. Non vorrei strafare nel ricordare che il padre sacrifica il vitello grasso per il figliol prodigo e che Nostro Signore, davanti alla lapidazione di Maddalena invitò “chi non aveva peccato a scagliare la prima pietra”.
Ma forse, anche per chi non conosce il Vangelo, questa situazione può apparire un poco assurda.
Questo voler sottolineare che sono “ragazzi non appartenenti alla comunità di San Sebastiano”, potrebbe a mio parere essere adeguato se si trattasse, non so, di un’istituzione scolastica, che naturalmente non ha giurisdizione né doveri verso alunni non propri. Ma la funzione educativa di una parrocchia mi sembra non abbia limiti, né circoscrizioni.
Il voler tracciare dei confini, chiudere dei cancelli, anche se giustificato con la volontà di proteggere i piccoli utenti della Parrocchia, mi sembra di per sé un poco pericoloso: i muri, lo sappiamo dalla storia, sono sempre fonte di tanti mali.
Mi rendo conto che per abbracciare il vuoto educativo che probabilmente circonda i famigerati teppistelli ci vogliono moltissime energie, che, nei nostri tempi di carenza di sacerdoti, non si possono chiedere al solo pastore della Parrocchia.
Mi sembra però che proprio San Sebastiano si faccia il vanto di essere una parrocchia a responsabilità condivise, dove i laici partecipano attivamente alla gestione del sacro. Dove sono allora tutti gli educatori che sostengono il compito di testimonianza della Parola di Gesù? Non sarebbe in questi contesti che dovrebbe saltare fuori l’”evangelizzazione”, se non si tratta solo di una parola, ma piuttosto di un atteggiamento di vita?
Mi sarei aspettato una bella dimostrazione di solidarietà da questa parrocchia per altri aspetti così esemplare: ricordiamoci che i compiti educativi più ardui diventano accettabili se sono condivisi.

Da normale cittadino e con tutto il rispetto, vorrei rispondere al nostro sindaco  Casarotto, che condivido il suo punto di vista sui nostri tempi di carenza di vocazione, però penso che proprio una realtà parrocchiale come quella della  Ca’pajella potrebbe dimostrare la possibilità dei laici di sopperire alla mancanza di sacerdoti giovani. Certo che l’organizzazione interna della parrocchia andrebbe forse un po’ rivista, dedicando maggiori forze ai compiti di evangelizzazione “concreta”, come questo caso specifico, rispetto ad altri ruoli più “decorativi” ed in qualche modo esteriori.

Chiedo scusa della citazione, ma Gesù non ha mai gradito i “sepolcri imbiancati”.

Umberto D’Anna

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