La Zoccai cresce del 10% e i 9 dipendenti, licenziati dalla Legi srl, saranno assunti dal 1 gennaio a tempo indeterminato.

Il 2019 inizia sotto buoni auspici per l’azienda simbolo della gioielleria dell’Alto Vicentino e dopo il concordato di Legi tutto convergerà su quella che porta il nome di famiglia.

Gino Zoccai è sempre al timone dell’azienda, con i figli Lelio e Giacomo e tra poco anche Lucia.

“Ho bisogno di tutti i dipendenti, quelli di Zoccai e quelli di Legi – ha spiegato Gino Zoccai – e devo inserire anche dei tecnici, che però fatico a trovare perchè mancano gli orafi”.

Gino Zoccai, il settore orafo è simbolo di Vicenza ma i gioielli a volte vengono confusi con i bijoux. Cosa è successo?

Per quanto mi riguarda abbiamo il nostro stile ed un mercato in espansione e la gioielleria vera è il nostro core business, tanto che siamo in crescita del 10% in un periodo che non è dei più facili. Ma se devo parlare per il settore, è stato smantellato e la confusione che si è creata, con la bigiotteria venduta come gioielleria, ha confuso anche i clienti.

Che cos’è un gioiello?

Un gioiello è il punto di incontro tra un’emozione e un oggetto di valore. Parlo del gioiello vero, quello che merita di essere chiamato così. Quello fatto d’oro e pietre preziose, che non ha nulla a che fare con gli accessori in metalli non preziosi o i bijoux. Ci deve essere valore anche nella materia per chiamarlo gioiello, altrimenti si deve parlare di accessori moda. E di conseguenza, nella pubblicità, bisogna usare le parole corrette.

Lei si emoziona quando parla di gioielli…

Certo. Mi emoziono quando li vedo, il gioiello ha un grande fascino. Ammettiamolo, non esiste una donna che non si emoziona quando riceve un gioiello in regalo. E sto sempre parlando di gioielli in oro e pietre preziose. Se poi una persona non se lo può permettere è un altro discorso ed è comprensibile, ma non si possono paragonare. Un gioiello non è un bijoux tanto quanto un monopattino non è una moto.

Una volta il gioiello era un investimento. Lo è ancora oggi? E quali sono i gioielli più richiesti?

Dobbiamo ricordare che i gioielli spesso hanno salvato famiglie intere dalla crisi. L’oro è molto meglio di una banca perché il suo valore è un investimento. Oggi c’è la richiesta di gioielli classici, ma rivisti in chiave più moderna. Trilogy, solitari, tennis vanno sempre, ma chi li ha già cerca un nuovo classico.

Lei parla di un settore, quello orafo, smantellato, Che cosa significa?

Parlando di orafi, quando è iniziato il periodo buio non siamo riusciti ad affrontare la crisi, non ci siamo uniti. Ognuno ha pensato a proteggere il suo orticello. Ci siamo fatti concorrenza tra di noi quando in realtà la concorrenza vera arrivava da fuori, da paesi come Turchia e Cina, dove la manodopera costa pochissimo. Per essere competitivi abbiamo abbassato i prezzi verso i nostri vicini e così il settore è andato in rovina. Nemmeno le associazioni hanno potuto fare nulla e lo dico anche da ex presidente. Avremmo dovuto copiare quello che fanno all’estero: conquistano i mercati insieme, fanno squadra.

I famosi ‘maestri orafi’ vicentini, ci sono ancora?

Ce ne sono pochi, ma dopo di loro ci sarà il vero problema. Io stesso, che ho bisogno di personale, non ne trovo. I ragazzi studiano il mestiere a scuola perché ci sono i finanziamenti per farlo, ma poi vanno a fare altro. Molti orafi si sono reinventati altri lavori, ma erano figure professionali che andavano protette. Molti macchinari sono andati perduti, quando le aziende sono andate all’asta sono finiti in capannoni e tantissimi sono stati acquistati da stranieri. Quindi il nostro capitale professionale è finito lontano, utilizzato da chissà chi e spesso senza le vere competenze.

E’ possibile far ripartire il settore?

Mah, a voler essere ottimista lo spero. La realtà è che avevamo tutto e ora non lo abbiamo più. E’ un anno che cerco un incassatore, in provincia di Vicenza, città orafa per eccellenza, non so se mi spiego. Fare la guerra dei prezzi è stato un errore. In Italia non possiamo pensare di competere con paesi dove la manodopera è incredibilmente bassa. Avremmo dovuto investire in ricerca e design. Io per la Zoccai voglio solo cose italiane, packaging incluso, perché non puoi mettere un bel gioiello in una brutta scatola.

Il design Zoccai è unico ed è distintivo per l’Alto Vicentino…

Oggi ci aiutano dei terzisti, e qualche laboratorio esterno e spero che quando loro cesseranno di lavorare, la situazione si sistemi e il settore riprenda vigore in modo da preservare la tradizione orafa vicentina. Noi intanto cerchiamo di fare nostra parte per tenere salda la nostra arte orafa.

E cioè?

Intanto assumo tutti i dipendenti della Legi, perché sono dei professionisti del settore che vanno preservati. La loro assunzione la concepisco anche come un mantenimento delle maestranze.

Anna Bianchini

Ti è piaciuto questo articolo? Condividilo su:
Stampa questa notizia