Il progetto guidato dalla dottoressa Michela Romano, psicologa e psicoterapeuta specializzata negli adolescenti nonché presidente di Gea Centro Studi IAA, e supportato da un’equipe dedicata composta da Sofia Toniolo, Irene Rilievo ed Emiliano de Francesco. Questa squadra lavorerà a stretto contatto con i ragazzi, offrendo un accompagnamento personalizzato e attento. Nella seguente intervista, la dottoressa Romano chiarisce i vari punti di questo progetto, obiettivi e come potervi accedere.
Come è nato il progetto “Ragazzi in Cammino”?
“Il tutto è partito da un bando da parte dell’Ulss 7 Pedemontana dedicato agli enti del terzo settore, nostro settore, ed era dedicato alle attività sociali di inclusione per le persone con autismo. Abbiamo partecipato e abbiamo vinto. Già collaboriamo con Ulss 7, in particolare con la disabilità e neuropsichiatria. Abbiamo anche un altro progetto chiamato “Ragazzi in Fattoria” per adolescenti con tentativi anticonservativi, quindi di suicidio, abbandono scolastico, ansie importanti o motivi di carattere sociale.”
Come si svolgono le attività ?
“Lavoriamo intanto in una fattoria, quindi sono a contatto con la natura, con gli animali in particolare cavalli e pony, e con l’orto, il tutto è incentrato prevalentemente sulla dimensione del benessere, sulle abilità sociali e di autostima con l’obiettivo di sviluppare capacità di autonomia e organizzazione che spesso questi ragazzi non hanno. I ragazzi si prendono cura degli spazi, degli animali e delle persone fino ad arrivare, speriamo, con l’uscita sul territorio con l’obiettivo che siano poi loro ad organizzare l’uscita in pizzeria, le attività da fare, la chiamata per prenotare, per renderli quindi autonomi.”
Qual è l’obiettivo principale del progetto?
“Partiamo dal benessere perché questi ragazzi, che hanno un funzionamento diverso dagli altri ragazzi neurotipici, spesso nella loro condizione sviluppano disistima, non si sentono adeguati da nessuna parte, hanno difficoltà scolastiche sia dal punto di vista didattico ma soprattutto relazionale. Proprio perché il loro cervello è organizzato in modo differente, spesso dimensioni di piacevolezza, allegria e felicità ne hanno davvero poche e si concentrano prevalentemente sugli aspetti negativi. Quindi andiamo a far conoscere loro quante abilità possono avere, ad accettare sempre di più il loro funzionamento, a scoprire le loro possibilità e talenti, e dall’altra parte fare questa esperienza in maniera che tutti gli aspetti legati all’ansia o al dispiacere diminuiscano. Questo è l’obiettivo, e lo facciamo con gli animali.”
Quali sono stati i primi feedback delle famiglie coinvolte?
“I primi feedback delle famiglie coinvolte sono stati molto positivi. Prima hanno voluto giustamente capire quanto noi fossimo preparati rispetto all’autismo, perché bisogna davvero conoscere bene le dinamiche, altrimenti i ragazzi rischiano di fare esperienze negative e non positive. Una volta capito che la nostra equipe è formata da persone che hanno la formazione specifica anche rispetto a questo ambito, hanno accettato molto volentieri. C’è qualche ragazzo che in questo momento non se la sente, quindi magari arriverà più avanti. C’è chi all’inizio era titubante e dopo il primo incontro si è fermato. Ci aspettiamo anche ragazzi che non siano subito pronti a fare gruppo.”
Qual è il messaggio che vorrebbe inviare alle famiglie di ragazzi con autismo?
“Che i loro ragazzi hanno delle grandi potenzialità e che per primi noi adulti, i familiari, le persone attorno ai ragazzi devono comprendere il loro funzionamento. Non hanno nessuna disabilità, a meno che non ci sia un’ulteriore diagnosi, l’autismo non è una disabilità ma un diverso funzionamento del cervello. Se inseriti nei posti dove loro possono esprimersi al meglio e dove ci sono persone che sanno accompagnarli, sicuramente la loro esperienza diventa di piacere, serenità e voglia di mettersi in gioco. Questo a loro manca davvero tanto. Vedere che sono contenti di venire, che non vedono l’ora di venire la volta successiva, lavorano e si avvicinano agli animali, sono curiosi, fanno merenda insieme quindi c’è condivisione. Le attività, prevalentemente per adolescenti, sono adatte alla loro età. L’età è 11-21 anni ma se la neuropsichiatria ci manda qualcuno di più piccolo e per loro va bene, ovviamente lo accogliamo. Ma medio e alto funzionamento è la scelta corretta.
Quali sono i prossimi passi del progetto?
“Il progetto è già cominciato da due settimane, abbiamo fatto l’incontro con i familiari, abbiamo spiegato le dinamiche e gli obiettivi del progetto e con quelli che hanno accettato abbiamo cominciato. Inoltre, il progetto andrà avanti fino a fine ottobre 2025, come previsto dal bando.”
Per le famiglie interessate, facenti parte dell’Azienda Ulss 7 Pedemontana, è possibile contattare il centro per ulteriori informazioni e per inserire i propri figli in questo percorso di crescita e integrazione.
Laura San Brunone