E’ morto un altro soldato italiano in Afghanistan e sanguina una ferita mai rimarginata, quella di Francesco Miotto, papà di Matteo. Manuele Braj, trentenne carabiniere scelto, è morto ieri, in Afghanistan, così come era successo a inizio 2011, al giovane alpino thienese Matteo Miotto.

‘Sopravvivere ai figli è una cosa contro natura – ha spiegato il papà di Matteo, che non fa polemica, ma ci tiene ad esprimere solo vicinanza ai familiari di Manuele – la morte è parte della vita e noi genitori che perdiamo i figli in circostanze così tragiche possiamo solo portare la nostra croce sulle spalle e andare avanti. I nostri ragazzi hanno fatto la scelta di entrare nell’esercito sottolinea – e noi come genitori possiamo solo sperare e pregare che vada tutto bene’.
 
 Francesco Miotto è un padre rassegnato ormai alla perdita del figlio, caduto da soldato lontano da casa, e non si tira indietro quando gli viene chiesto di rivangare il suo dolore, perché la cosa a cui tiene con tutte le forze è aiutare gli altri genitori che si trovano nella sua situazione ad andare avanti.
‘La famiglia di Manuele Braj verrà ora stordita dalla confusione che la tragedia si porta dietro e dalle luci dei riflettori – ha spiegato Francesco Miotto ricordando la sua esperienza personale – e per circa 15 giorni il loro dolore sarà ovattato dalla confusione mediatica. Trascorse un paio di settimane, quando le luci si spegneranno e tutti riprenderanno la loro routine quotidiana dimenticando il carabiniere ucciso, la sua famiglia potrà mettersi in spalla la croce e cominciare il cammino della loro nuova vita’.
Non sarà una vita facile, secondo Francesco Miotto. La morte di un figlio annulla le priorità che si hanno quando tutto va bene, quando i genitori fanno progetti per i figli e i figli fanno accapponare la pelle dei genitori inventando sempre nuovi problemi da risolvere. ‘La vita dopo che si è perso un figlio è una vita senza arrivismo, ha detto Miotto – diventa una strada tranquilla in cui i sentimenti si appiattiscono e si cerca solo di trovare un po’ di pace’. Ogni giorno il papà di Matteo va in cimitero a salutare il suo ragazzo, e solo da poco ha trovato la forza di scaricare il computer del giovane soldato, trovando tantissimo materiale che rimarrà strettamente privato. Perché, dopo il primo momento in cui tutto il paese vuole stringersi attorno alla famiglia sconvolta, il dolore vero rimane solo alla famiglia, a chi ha visto nascere e crescere quel ragazzo che ha scelto di fare il soldato, a chi lo ha amato e sposato, e nel caso di Manuele, a quel bimbo che non potrà mai più chiamarlo papà.

Anna Bianchini

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