La medicina di emergenza-urgenza e delle catastrofi negli ultimi 30 anni ha fatto passi da gigante, ma a 27 anni dall’istituzione del sistema come livello essenziale di assistenza, funziona ancora in maniera non omogenea, con differenze di intervento territoriali macroscopiche. La conseguenza è che la richiesta di salute del cittadino in situazioni di emergenza non riceve la medesima risposta da Genova a Ragusa, da Treviso a Reggio Calabria.
L’argomento è stato tra i temi centrali della presentazione degli Stati generali dell’emergenza-urgenza che si è tenuta a Roma. L’iniziativa, fortemente voluta dalla Fimeuc (Federazione italiana di medicina di emergenza urgenza e delle Catastrofi), ha coinvolto tra gli altri l’Ordine dei medici (Fnomceo), degli infermieri (Fnopi), società scientifiche, sindacati, fondazioni.
Serve dare risposte: quando una persona ha un incidente stradale, un attacco di appendicite, resta ferito nel crollo della sua casa per il terremoto non si chiede chi arriverà a soccorrerlo, vuole essere aiutato nel più breve tempo possibile e curato bene, è stato sottolineato. “Il sistema dei pronto soccorso e del 118 sta attraversando una condizione di estrema criticità, con pesanti ripercussioni sul diritto alla salute. L’emergenza-urgenza è uno degli anelli fondamentali del Servizio sanitario nazionale, l’assistenza deve essere garantita in maniera unitaria”, ha spiegato Fabiola Fini, presidente di Fimeuc.
L’allarme sulla gravità della situazione lanciato da tempo dai medici di pronto soccorso e 118 – dicono – è stato a lungo sottovalutato. “Non si è capito che il cittadino che ha un’emergenza sanitaria non ha scelta”, dice Anna Maria Ferrari di Fnomceo. E la risposta alla richiesta di salute deve esserci ed essere uniforme.

La carenza di medici del settore è l’altro tema fortemente dibattuto: a tutt’oggi il numero di borse di studio per la specializzazione non è sufficiente, nonostante nel 2019 vi sia stato un significativo aumento, da 80 a 475 posti. Mancano 2.000 medici di pronto soccorso e 118. Con l’incremento previsto la situazione dovrebbe normalizzarsi tra 5 anni ma intanto come tamponare? “Il problema è adesso, bisogna trovare una soluzione ponte”, indica Lorenzo Ghiadoni, direttore della Scuola di specializzazione in Medicina di emergenza-urgenza di Pisa. Una soluzione che l’Ares Lazio individua nella sanatoria per i cosiddetti camici grigi, tutti quei medici che in questi anni non hanno avuto accesso alle borse di studio ma che hanno lavorato e fatto i “tappabuchi”. Una possibilità accolta anche dalla Fnomceo: “L’Ordine deve riprendere in mano la questione dei medici finiti nell’imbuto formativo, la sanatoria va fatta”, afferma Anna Maria Calcagni, consigliere Fnomceo. I tavoli di lavoro istituiti oggi produrranno un documento finale di proposte che sarà presentato agli Stati Generali a Firenze il 5 e 6 marzo, e che sarà sottoposto al ministro della Salute Roberto Speranza. (ANSA).

Ti è piaciuto questo articolo? Condividilo su:
Stampa questa notizia