Che cosa ci fa la carcassa di un elicottero militare tra i boschi di Foza? Cosa ci fanno truppe in mimetica bardate con caricatori, maschere, gilet tattici e fucili che scaricano raffiche di colpi contro il nemico appostato al di là di un terrapieno, mine a scatto e fumogeni? Un rumoroso Hammer scende in velocità lungo le strette vie che costeggiano i boschi. È scoppiata la guerra civile ed è sbarcato l’US Army in questo piccolo paese dell’Altipiano dove negli anni Trenta si parlava ancora in Cimbro? Possiamo proprio dire di sì, ma solo la domenica.

 

Artigiani, studenti, ingegneri e commercianti smettono gli abiti quotidiani, imbracciano il fucile e combattono una guerra che non fa vittime, tendendosi agguati e sparandosi addosso solo per il gusto di giocare, senza prendersi tanto seriamente. Boschi e zone dismesse sono i luoghi prescelti per questo gioco conosciuto con il nome di Softair, e non manca un cordiale pranzo in compagnia che unisce nella stessa tavolata vincitori e caduti sul campo di battaglia.

 

Non siamo di fronte a dei simpatici buontemponi, ma ad una vera e propria organizzazione sportiva che conta numerosi club regionali (oltre 700 in tutta Italia, una sessantina solo in Veneto), ognuno con il proprio campionato e normati a livello nazionale da un regolamento e da un campionato unico nazionale che si svolge nell’arco di un biennio. Molti sono anche i tornei organizzati durante tutti i mesi dell’anno. E proprio a Foza si è svolto nella domenica di ieri il terzo torneo regionale del 2014, nel quale ben 11 clubs si sono scontrati in questo singolare e appassionante sport. Perchè proprio di sport si tratta, e la fatica fisica si fa sentire, anche se la prima impressione è quella di essere catapultati in un enorme videogame dove i protagonisti non sono delle animazioni elettroniche ma degli uomini in carne ed ossa che sperimentato tattiche militari per svago.

 

I fucili, benché rumorosi, sono innocui. Si tratta di riproduzioni giocattolo che sparano pallini biodegradabili. Il costo è accessibile a tutti, in quanto con un centinaio di euro un “softgunner” si porta a casa l’accessorio principale. Durante i tornei questi guerrieri part-time sono chiamati a fare gioco di squadra con lo scopo di conquistare degli obiettivi di diversa natura, da una semplice bandiera ad un compito più complesso come salvare un ostaggio, affrontando durante i loro spostamenti squadre nemiche e uccidendo virtualmente gli avversari.

 

“A differenza di molti altri sport”, afferma l’organizzatore dell’evento a Foza Manolo Serafin, “la base del Softair è l’onestà dell’avversario che deve dichiarare di essere stato colpito. Chi non lo fa entra nella schiera di quelli che nel nostro gergo si chiamano “Highlander”, una vera e propria onta che va contro lo spirito di gruppo e che può far allontanare dell’associazione chi se ne macchia. Tutto viene studiato nei dettagli: la messa in sicurezza degli obiettivi, la richiesta dei permessi al Comune e ai privati, la scorta di quelle persone che si trovano a camminare nei boschi durante il gioco. Possono anche prendersi un piccolo spavento, ma pericoli non ce ne sono”.

 

Luca Battista, ex ufficiale dell’esercito italiano che si occupa dell’organizzazione dei tornei in Friuli, ci tiene a mettere il luce come sia lo spirito agonistico che guida i componenti della squadra e non l’aggressività. “Non siamo guerrafondai come tanti pensano”, precisa, “sviluppiamo il divertimento di gruppo, lo stare insieme, l’agonismo che fa bene, tant’è vero che anche le donne si stanno iscrivendo sempre più numerose. A dimostrazione di questo, noi non regaliamo soldi, non vogliamo incentivare l’individualismo, ma vogliamo continuare a premiare il club vincitore con fucili e coppe”.

Marta Boriero

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