C’è chi li accusa di protestare nella maniera e nel posto sbagliato, chi li chiama ‘fascisti’ o li ritiene appartenenti ai centri sociali. Sono invece lo spaccato dell’Italia semplice, quella che ha sempre sofferto in silenzio e che ora chiede ascolto. In mezzo a loro, imprenditori edili, commercianti, ma anche operai, autotrasportatori, precari, pensionati e qualche disoccupato.

Ma c’è anche chi a fine mese può contare su uno stipendio dignitoso e che però, vuole esserci per dare il proprio contributo ad una forma di lotta in cui crede. Quella di chi ha imparato a tirare fuori la voce e ora vuole urlare. Sono quelli del Comitato  9 dicembre Alto Vicentino che continuano il loro presidio nella zona Carrefour dove hanno allestito una specie di baracca in legno per ripararsi da un freddo, che non attenta minimamente alla loro voglia di esserci. Non mollano anche se qualcuno si dice sfiduciato dall’indifferenza di chi non presta attenzione.

L’indice dei manifestanti è rivolto contro la politica, le associazioni di categoria da cui non si sentono rappresentati e contro quel resto di gente comune come loro che preferisce la via della rassegnazione, che spesso li porta a sbraitare dalla poltrona di casa e a lamentarsi comodamente tra le quattro mura di casa. ‘E’ diventata quasi una moda quella di attaccare la politica ed uno Stato che abbandona i suoi cittadini – sono tutti d’accordo – difficile scendere in strada come stiamo facendo noi ed agire. Ce ne dicono di tutti i colori, ma non sanno nemmeno chi siamo e ci giudicano senza conoscerci’.

Il comitato 9 dicembre è composto da persone, che dalla mattina presto fino a tarda sera, stazionano nella zona sud di Thiene, facendo volantinaggio. Sono diventati una grande famiglia anche se nelle loro vene non scorre lo stesso sangue. Ad accomunarli, lo sdegno per un’Italia che va a rotoli, per un mondo istituzionale che non li rappresenta, per una politica che è distante da loro anni luce e che vorrebbero cancellare con l’umile consapevolezza di averla votata mettendola al potere. Arrivano alle 7 del mattino da tutti i paesi della provincia: da Malo, da Cogollo del Cengio, da Villaverla, da Valli del Pasubio. Tantissimi i thienesi e gli scledensi. Tengono tutti a precisare che non sono mai stati iscritti ad un partito. Le loro storie sono quelle di italiani che hanno lavorato sodo, ma che ora hanno paura del futuro. Pensionati che hanno versato contributi allo Stato per una vita intera e che ora, non riescono ad arrivare a fine mese con quelle misere 500 euro che sono riusciti a racimolare. Colpisce un anziano che nonostante i suoi 83 anni, sta in mezzo a loro sfidando il gelo e distribuendo volantini agli automobilisti in transito.

La storia più cruda  è quella di Fabio Strullato, ex operaio edile di Villaverla che ha lavorato per anni, nell’impresa di Giuseppe Munaretto. Licenziato nel maggio 2011, ha 43 anni, un matrimonio fallito alle spalle e per sopravvivere, sta con mamma e nonna che con le pensioni lo sostengono. Non può permettersi né un’auto, ma nemmeno un cellulare. Ha la faccia buona Fabio, con la sua stazza e le sue rughe da lavoratore che lo fanno apparire molto più grande della sua età anagrafica.

Leonardo Collareda ha 46 anni, due figli di 6 e 12 anni, una moglie che lo aspetta dopo i suoi lunghi viaggi. Fa l’autotrasportatore, è originario di Valli del Pasubio ed è l’emblema delle partite iva della nostra Italia che con le tasse avvilisce chi cerca di tenere duro nonostante la crisi. ‘Mi sento un privilegiato – racconta – almeno io riesco a portare a casa uno stipendio che assicuri il pane ai miei bambini. Ma sono qui a manifestare per il futuro dei miei figli e per chi un lavoro l’ha perso. Sono qui per dire basta ad una politica che sembra vivere in un mondo a parte’.

Lisa Dal Soglio ha invece, 25 anni anche se non è la più piccola. E’ residente a Malo. Con il suo diploma da segretaria aziendale spiega di arrivare a guadagnare appena 600 euro mensili con lavoretti precari. Alla domanda sul perché si trova in mezzo a tutti quei manifestanti, al gelo e a prendere contestazioni da chi non condivide quella che lei ed i suoi ‘colleghi d’avventura’ stanno facendo, risponde: ‘Mia madre che attualmente è invalida dopo un brutto colpo è di origini francesi.Mi ha sempre detto che gli italiani sono un popolo di lamentosi incapaci di fare la rivoluzione – racconta con la grinta dei suoi anni  e con gli occhi lucidi di chi crede in quello che fa – sono d’accordo con lei. Gli italiani devono intraprendere la strada del fare e riprendersi una dignità calpestata in nome della bandiera tricolore. Io amo il mio paese e non è giusto essere costretti a lasciarlo perché qui non c’è la possibilità di un futuro. Mio fratello se n’è dovuto andare. Ora vive lontano dalla sua terra  e dai suoi affetti. Non è giusto’. Lisa è combattiva, ma si scoraggia quando pensa ai suoi coetanei, che non lottano e preferiscono la via più facile, quella della  rassegnazione. ‘Vorrei far capire ai giovani come me che dobbiamo farci sentire, dobbiamo lottare per far valere le nostre ragioni. Il futuro siamo noi, ma non è con l’indifferenza dinanzi ad una società che non va che si risolvono i problemi’.

Il più arrabbiato è Corrado Conforto, 40 anni, di San Rocco di Schio. Sta al presidio da mattina a sera. Artigiano disoccupato, sbarca il lunario chiedendo di svolgere lavoretti anche di stalla nelle aziende agricole dell’Alto Vicentino. ‘Sono qui a manifestare e a cercare di coinvolgere la gente perché credo nel cambiamento che non può avvenire rimanendo a casa. Lotto per me che dopo 24 anni di artigianato ed una specializzazione professionale che ora non serve più a niente, ho bisogno dell’aiuto economico di mia madre, ma mi batto anche per i più giovani che non vedono spiragli e per quei pensionati che dopo una vita di sacrifici, devono arrivare a fine mese con 700 euro. Ho una compagna, anche lei precaria, ma non si può pensare ad un figlio a cui non si può provvedere, dato che già facciamo fatica noi due a sopravvivere’. Corrado è il più agguerrito, il più sdegnato. ‘Non posso credere a quello che leggiamo sui giornali – conclude – la nostra povera Italia, con il benessere di un tempo ridotta ad essere tra le ultime in Europa’. E ammette: ‘La colpa è anche nostra che abbiamo votato chi ci ha rovinati. Ora dobbiamo voltare pagina e se c’è da fare la rivoluzione, io ci sto’.

Ivan Casara è un commerciante di Malo che crede in quanto può fare il Comitato 9 dicembre. Gestisce il bar Ostaria Al  Canton e racconta: ‘Non è che il mio locale vada male, ma le tasse sono davvero pesanti e non ce la facciamo più.  Sono qui perché la gente deve essere coinvolta in questo movimento di protesta, in cui deve ritrovarsi. Per questo la fermiamo e la invitiamo ad unirsi a noi. Più siamo, più ascolto possiamo avere’.

Rosè Gaspari è un volto noto a Thiene. Imprenditore edile, dice che il presidio continuerà ad oltranza. Ammette i limiti di una forma di protesta che fino ad ora non ha dato frutti se non l’aggregazione di un nutrito gruppo di persone che da quasi un mese si riunisce e crede in obiettivi comuni. Gente disperata e gente che solidarizza, anche se non ha problemi economici. Persone che vogliono dare una svolta che forse non avverrà, ma che potrà dire di aver provato a fare qualcosa per cambiare le sorti di un Paese che non funziona e che ha bisogno innanzitutto della voglia di credere nel futuro che gli italiani stanno perdendo giorno dopo giorno.

Ecco chi sono quelli del Comitato 9 dicembre Alto Vicentino.Ma basta intrattenersi qualche minuto con loro per scoprire che sono molto di più.

Natalia Bandiera

Ti è piaciuto questo articolo? Condividilo su:
Stampa questa notizia