‘Seconde generazioni che hanno una sorta di esuberanza caratteriale tipica dei loro paesi d’origine e la mancanza di rispetto dell’italiano, che arriva ad insultare una ‘divisa’ solo per una multa’.

Giovanni Scarpellini, comandante della Polizia Locale Alto Vicentino da tre anni e mezzo e da dodici, dedito alla  sicurezza dell’hinterland thienese, non ha dubbi: ‘Quello che stiamo vivendo è il frutto di una seconda generazione di immigrati, che hanno un codice di giustizia fai da te, che li porta ad essere violenti anche per banalità, come un piccolo ‘sgarro’ tra adolescenti, la sottrazione di un cellulare da parte del compagno o uno sguardo di troppo. Futili motivi che li portano a mettere in atto dei veri e propri regolamenti di conti tra bande, che poi sfociano in episodi come quello di ieri, alla stazione delle corriere di Schio’.

Comandante Scarpellini è un fenomeno scledense?

Assolutamente no, è un fenomeno italiano, tipico di una società che sta cambiando non solo per la globalizzazione, ma anche per una sorta di rispetto delle regole che non c’è più. E non è un attacco a chi non è italiano perché posso assicurare che gli immigrati di prima generazione sono persone rispettose, genitori che, quando li chiamiamo in comando perché i loro figli minorenni si sono macchiati di reati, reagiscono con fermezza e sanno punire il loro ragazzo che ha trasgredito con le regole.

Il problema di fondo è che questi giovani, di solito in età compresa tra i 17 ed i 20 anni, non avendo delle occupazioni lavorative, trascorrono il loro tempo bighellonando qua e là. Si riuniscono la sera, utilizzando le aree coperte da wi-fi, ascoltano musica, che amplificano con delle casse che si portano da casa e a volte, discutono degenerando nei comportamenti che sfociano nella violenza al primo ‘sgarro’ del compagno o della banda avversa. Questo avviene anche perché assumono alcol e droghe, che alterano le loro menti.

La giustizia fai da te che mettono in atto è l’emblema del loro non sentirsi parte di una società civile, che dinanzi alla sottrazione di un cellulare o a qualcosa che si reputa fuori l’llegalità, li dovrebbe portare a rivolgersi alle forze dell’ordine. Invece, loro vogliono vedersela tra loro, anche se questo poi, significa non rispettare le regole e commettere dei reati. Noi interveniamo sempre nei momenti successivi ai disordini. Mai ci è capitato di essere chiamati da uno di loro che ci segnalava quella che per loro poteva essere un’ingiustizia.

Quando vi trovate faccia a faccia con loro nei vostri uffici, che atteggiamento hanno?

Queste seconde generazioni sono molto informate sulle leggi e sono tutt’altro che ingenue. Se vuole sapere se hanno soggezione di noi, le dico subito ‘no’, anzi. Spesso ci sfidano, registrano i dialoghi con i cellulari e la prima cosa che menzionano, sono i diritti di cui godono. Le ripeto, se si tratta di ragazzini, che hanno genitori su cui noi forze dell’ordine possiamo fare affidamento, allora possiamo contare sulla collaborazione delle famiglie. Madri e padri spesso severi che sanno usare il pugno duro dell’educazione. Se sono maggiorenni, spesso hanno un atteggiamento di strafottenza, senza la minima inibizione dinanzi all’uomo in divisa.

Cosa possono fare le istituzioni e la società in genere per arginare questi episodi di violenza che poi, incutono insicurezza nel cittadino in genere?

Nel caso dei comuni di cui mi occupo io, abbiamo la fortuna di avere sindaci che si danno da fare con regolamenti comunali, che modificano proprio a scopo di prevenzione di certi episodi. Limitare il consumo di super alcolici, limitare la copertura wi-fi, predisporre controlli affinchè la presenza di pattuglie facciano da deterrente alla trasgressione delle regole.

Poi, ci sono i servizi sociali con i quali noi collaboriamo da sempre per la presa in carico di soggetti, che vanno seguiti da tecnici specializzati, in grado di dialogare con giovani che possono essere recuperati. Non sempre è possibile, ma lo sforzo in tal senso è enorme ed una società civile ha questo dovere fino in fondo.

N.B.

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