di Natalia Bandiera

Caro Tommaso, ti scrivo e non scriverò per i miei lettori. Ti chiedo scusa se ho paura di ‘darti in pasto’ a chi prima di comprenderti penserà a giudicarti. Ti chiedo perdono se la tua storia, che fino a vent’anni fa avrei scritto con tanto di titolone in prima pagina, oggi faccio fatica a scriverla. Eppure un laureato in Economia, che pur di lavorare, è stato pagato 3,50 euro l’ora nel ‘civile’ Altovicentino è oggettivamente una notizia. Un ragazzo che ha messo da parte la sua laurea conquistata grazie a tanti sacrifici e a quelli economici di una mamma rimasta sola, che non può farcela con una misera pensione, merita che la sua vicenda di caporalato, abbia spazio sui giornali. Eppure, faccio fatica a raccontarla perchè mentre digito sulla tastiera del mio pc, mi tremano le mani al pensiero degli attacchi che subirai. Perchè ci saranno i leoni da tastiera che quando leggeranno delle tue giornate sotto il sole, anche di domenica, quando c’era da raccogliere la frutta e la verdura, metteranno in dubbio che tu stia raccontando la verità. Perchè non penseranno alla tua umiliazione, al tuo bisogno di portare a casa qualcosa per mandare avanti la tua famiglia fatta solo di te e della tua mamma. Penseranno subito che tu non stia dicendo la verità, come lo hanno fatto l’altro giorno, con quell’operaio che si è arrampicato sulla gru di un cantiere edile perchè non veniva pagato da tre mesi. Nessuno dei lettori che ha letto di quel gesto eclatante ha pensato ad uno stato di disperazione di chi non viene pagato nonostante il sudore di chi ce la mette tutta per lavorare onestamente. Forse a te andrà meglio perchè sei veneto e bianco.

Ti ho conosciuto, ho visto con i miei occhi le tue mani consumate dal lavoro nei campi. Ho toccato i tuoi calli sulle mani e per mesi, per pudore, mi hai omesso che venivi sfruttato da un imprenditore, che vive nel lusso e che per due anni, ha attestato che lavoravi saltuariamente nella sua azienda agricola, dove non solo non eri messo in regola, ma venivi pagato in nero 3,50 per una fatica, che ti ha portato a sacrificarti. E quando hai chiesto al tuo ‘padrone’ di attestare quanto realmente lavoravi, almeno per poter percepire la disoccupazione, ti sei sentito negare un tuo diritto. Ma ti sei ribellato e oggi, hai avviato una vertenza di lavoro contro chi ti ha sfruttato. Hai tanti testimoni, che possono dichiarare in tribunale di quando ti alzavi presto la mattina, di quando non potevi fare la vita dei tuoi coetanei perchè a te, in giornate di raccolta, toccavano le levatacce. Di storie come le tue, ne ho scritte centinaia quando abitavo in Sicilia. Senza problemi e con lo spazio adeguato a vicende come la tua, di “terzo mondo”. Qui faccio molta fatica a farlo perchè l’omertà non è solo nella mia terra d’origine, ma è ovunque non si possa raccontare vicende di sfruttamento lavorativo senza passare dal linciaggio di chi ti massacra solo perchè hai osato ribellarti, denunciare, andare sui giornali. E il massacro non risparmia chi queste storie le scrive, come se fosse un reato pubblicarle per fare conoscere quanto accade anche nel nostro territorio e andrebbe combattuto. Per questo ometterò il tuo nome, dicendo solo che vivi in un paese dell’Alto Vicentino. Perchè non voglio che tu venga ulteriormente umiliato da chi non si metterà nei tuoi panni, da chi non avrà pietà di farti del male mettendo in dubbio quello che hai avuto la dignità di mettere nero su bianco affinchè quello che è accaduto a te non accada ad altri come te. I complottisti diranno che ti stai inventando tutto, ma non importa, io e te, con questo articolo stiamo facendo il nostro dovere: denunciare. Perchè ci sono state persone che sono morte per inculcare la cultura della legalità, che sono andate nelle scuole per insegnare alle nuove generazioni che davanti ad una ingiustizia non bisogna tacere. Perchè stando in silenzio diventi complice di quella malefatta. Perchè essere omertosi e compiacenti significa alimentare e consentire la reiterazione dell’ingiustizia. Oggi, per fortuna, lavori altrove e sei pagato con un regolare contratto perchè non tutti gli imprenditori sono disonesti e sfruttatori. La maggior parte sono persone perbene.

In bocca al lupo per la tua vertenza di lavoro, caro Tommaso,  e che la giustizia trionfi!

 

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