Arriva la garanzia statale per i bond di Banca Popolare di Vicenza. C’è infatti il bene stare della Commissione Europea.

Dopo Mps e le ‘good bank’ anche la Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca si riparano sotto l’ombrello aperto dal Tesoro per salvaguardare la liquidità delle banche italiane in crisi.
La Commissione europea ha autorizzato la richiesta del governo italiano di garantire le emissioni obbligazionarie dei due istituti veneti considerando le condizioni del sostegno “in linea con le regole della Ue sugli aiuti di Stato” in quanto la protezione è “mirata, proporzionata e limitata nel tempo e nella portata”.
Le  due banche dovranno pagare una commissione in cambio dello scudo che il Tesoro accorderà ai sottoscrittori delle obbligazioni emesse fino al 30 giugno 2017, quando scade – salvo proroga semestrale – la garanzia sulle passività prevista nel decreto salva-risparmio dello scorso dicembre.
Popolare Vicenza e Veneto Banca, dopo essere state salvate da Atlante nel 2016 con l’iniezione di 2,5 miliardi di euro, sono ancora in affanno. A fine anno il fondo di Alessandro Penati ha dovuto versare un altro miliardo in vista di un nuovo aumento di capitale che si prospetta di molto superiore (si parla di almeno 2 miliardi) e che servirà a finanziare il lavoro di pulizia degli istituti dai rischi legali con i soci (per cui sono stati stanziati quasi 700 milioni) e la vendita degli Npl (le due banche allo scorso 30 giugno avevano poco meno di 9 miliardi di crediti deteriorati netti, di cui 3,1 miliardi in sofferenza).
La garanzia statale rappresenta una boccata di ossigeno che allenta la pressione sul fronte della liquidità. Nel corso del 2017 le due banche, che già hanno accusato un calo dei depositi nel 2016, dovranno infatti fare i conti con il rimborso di circa 3,3 miliardi di obbligazioni. A questo punto Fabrizio Viola, a.d della Bpvi e presidente del comitato esecutivo di Veneto Banca, può quindi concentrarsi sul piano di integrazione, atteso per fine mese. Il Cda di Bpvi ha fatto il punto sui lavori mentre prosegue l’offerta transattiva ai soci azzerati (oltre 10 mila si sono fatti vivi a Vicenza) per abbattere il contenzioso legale e il cui successo potrebbe essere decisivo per evitare un nuovo salvataggio a carico dello Stato.
Intanto si avvia a conclusione anche la cessione dell’ultima delle quattro good bank, Carife, a Bper, dopo la vendita di Banca Etruria, Banca Marche e Carichieti a Ubi Banca. “Crediamo che ci siano i presupposti per fare un’operazione positiva entro fine mese” ha detto l’amministratore delegato, Alessandro Vandelli, anche se l’offerta vincolante potrebbe non uscire già dal cda in agenda il 24 gennaio. Carife dovrebbe essere rilevata dopo una ricapitalizzazione fino a 150 milioni a carico del Fondo di Risoluzione e la vendita di 400 milioni di npl. Oggi intanto è scaduto il termine per l’adesione dei dipendenti al piano di esuberi volontari. L’obiettivo è raggiungere quota 300 unità. Sulle uscite nelle altre 3 good bank, stimate in 900 unità, “si devono aprire le trattative con i sindacati e noi non andremo mai a rompere le regole del gioco”, ha detto il ceo di Ubi Victor Massiah. (ANSA).

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