I formaggi di nicchia, quelli più caratteristici e ricercati, in quanto sinonimo di un territorio che esaltano attraverso i loro profumi, rischiano di sparire a causa dell’impennata del prezzo del gas.
A causa del caro bollette, infatti, una stalla su dieci è in una situazione così critica da portare alla chiusura, con rischi per l’ambiente, l’economia e l’occupazione, ma anche per la sopravvivenza del patrimonio agroalimentare Made in Italy, a partire dai suoi formaggi più tipici della montagna.
È l’allarme lanciato da Coldiretti in occasione dell’apertura ufficiale della Fiera agricola e Zootecnica di Montichiari, la più importante manifestazione italiana a livello internazionale dedicata all’allevamento, con la prima mostra sulle eccellenze casearie italiane a rischio scomparsa, per raccontare la ricchezza del patrimonio di biodiversità italiana, con razze antiche ed in via di estinzione, salvate dal lavoro delle famiglie di agricoltori ed allevatori.
“A strozzare gli allevatori italiani è un’esplosione delle spese di produzione, in media del +60%, legata ai rincari energetici – commenta Coldiretti Vicenza – che arriva al +95% dei mangimi, al +110% per il gasolio ed addirittura al +500% delle bollette per l’elettricità, necessaria ad alimentare anche i sistemi di mungitura e conservazione del latte, secondo l’analisi Coldiretti su dati Crea. Particolarmente drammatica è la situazione delle stalle di montagna, dove il caro-bollette sta costringendo aziende a chiudere, con conseguenze che impattano sulla produzione dei formaggi di alpeggio”.
“Un patrimonio che – sottolinea Coldiretti Vicenza – soffre per lo spopolamento della montagna e delle aree interne più difficili, dove mancano condizioni economiche e sociali minime per garantire la permanenza di pastori e allevatori, spesso a causa dei bassi prezzi e per la concorrenza sleale dei prodotti importati dall’estero e adesso anche con la minaccia del latte sintetico realizzato in laboratorio e sostenuto da investimenti milionari da parte delle multinazionali”.
Allo tsunami scatenato dalla guerra in Ucraina si aggiunge il problema della revisione della direttiva sulle emissioni industriali, che finisce per equiparare una stalla con 150 mucche ad un inceneritore o ad una fabbrica altamente inquinante, andando a colpire circa 180mila allevamenti, esponendoli al rischio chiusura con un effetto domino sulle attività collegate.
Un crollo della capacità produttiva che rischia di essere sostituita da importazioni da paesi che non applicano le pratiche sostenibili allevatoriali caratterizzanti il sistema produttivo europeo o, ancora peggio, dalla spinta proprio alla produzione di cibi sintetici. Da qui la richiesta di rivedere la direttiva che non si tiene conto della circolarità dell’attività zootecnica, in termini di sostenibilità e delle riduzioni delle emissioni ottenute dal settore negli ultimi anni. “E a rischio – conclude Coldiretti Vicenza – c’è anche il presidio del territorio, dove la manutenzione è garantita proprio dall’attività di allevamento con il lavoro silenzioso di pulizia e di compattamento dei suoli svolto dagli animali”.