In 5 anni, da inizio crisi, sono 675 mila i posti di lavoro in meno nell’industria, tra andati in fumo e a rischio. “La perdita secca” è di 473.640 posti, cui si sommano “201.096 lavoratori equivalenti a zero ore”, interessati da cig speciale o in deroga. Lo stima la Cisl: “Dal lato del lavoro è stato perso il 10% della base industriale”.

Alle posizioni già bruciate quindi la Cisl, “per un esercizio di simulazione”, aggiunge i lavoratori colpiti dalla cassa, stimati dallo stesso sindacato a zero ore, in situazione “di rischio”. Il totale porta a 675 mila posti di “riduzione di lavoro effettiva o potenziale”. Una cifra che messa a confronto con i 7.007.176 occupati nell’industria ad aprile 2007, sfiora il 10%. Insomma un posto su dieci è stato colpito dalla crisi, secondo il ‘nero’ bilancio contenuto nel nono Rapporto Industria della Cisl, dal titolo “Fare sistema per rilanciare l’industria e la crescita”. Lo studio ripercorre gli anni che vanno dal primo trimestre del 2007 allo stesso periodo del 2012. Quanto alla Cig, la Cisl fa notare che tra 2007 e il 2011 le ore di cassa complessive, per l’industria e l’edilizia sono aumentate del 315,9%, con un’esplosione della cassa in deroga, che passa dal 7,4% al 14% delle ore totali di cassa autorizzate.
Nove Regioni appaiono più in difficoltà, per numero di lavoratori coinvolti in relazione alle ore di cassa relative: Lombardia, Piemonte, Umbria, Lazio, Abruzzi, Campania, Puglia, Basilicata e Sardegna. Tra le considerazioni della ricerca presentata dal leader della Cisl Raffaele Bonanni e dal segretario confederale Luigi Sbarra emerge che “non solo la crisi partita fra il 2008 e il 2009 non è superata, ma questo primo scorcio di 2012 fa intravedere una fase ancora difficilissima, in cui il primato delle persone e dei gruppi sociali sulle ragioni dell’economia e dei conti economici è fortemente rimesso in discussione”. Inoltre l’Italia appare, secondo il sindacato, “bloccata” nella azioni di risposta. Ecco che la Cisl si dice convinta della necessità di contrastare la recessione e avviare un percorso di crescita “attraverso una forte concertazione delle politiche possibili fra governo centrale e regioni, con il pieno coinvolgimento delle parti sociali e con uno sforzo comune diretto al bene del Paese”. (ansa)

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