In queste ultime settimane le prime pagine dei giornali hanno riportato lo scontro ideologico che il congresso mondiale della famiglia che si è svolto dal 29 al 31 Marzo a Verona, ha scatenato.

Da osservatore esterno penso che una cosa ha sicuramente accomunato le due parti contrapposte: avere un atteggiamento da Medioevo. Può sembrare un paradosso, ma il fatto che a fronte di un’opinione ci dovesse essere la contrapposta idea che inevitabilmente sfociava in offese, ritengo siano la dimostrazione che nonostante l’epoca diversa, si affronti nello stesso modo il non mettere al centro del dibattito la persona ed il rispetto di essa.

Non prendo le difese di una o dell’altra parte, mi limito ad esporre due episodi che mi hanno fatto pensare.

Da un lato a rivendicare il ruolo centrale della famiglia e del rispetto della donna, donne che hanno dovuto lottare per arrivare ad avere una loro considerazione e questo evidenziato dalle presentazioni sul palco: “l’unica donna segretario di un partito”.

Dall’altro tante donne che manifestavano per la libertà di mantenere o integrare dei riconoscimenti sullo status di minoranze troppo spesso discriminate, ma erano più donne di una parte politica che non i loro vertici prettamente maschili a manifestare.

Ho la netta sensazione che quanto avvenuto a Verona sia stato un grande momento mediatico che ha messo in secondo piano la famiglia, comunque la s’intenda, ed è stato un grandissimo amplificatore per tutte le forze politiche da destra a sinistra per avere una visibilità che aiuti ad affrontare il prossimo periodo elettorale che si sta avvicinando.

Mi chiedo perché l’affermare ” sarò presente a Verona per difendere la famiglia tradizionale” dovesse essere seguito da un intervento dal palco che come filo conduttore aveva “noi chiediamo a loro che stanno manifestando per impedirci di parlare…”

Dall’altra parte “sarò presente a Verona per non cancellare i diritti acquisiti fino ad oggi e farò in modo che loro non ci impediscano di manifestare.” Noi, loro.

Dei bambini e dei loro diritti, chi ne ha parlato? Si pensa forse che la realtà sia come la famosa famiglia di una nota marca di biscotti oppure facendo una domanda secca ad uno dei tanti assessori che si occupano di sociale, si capirebbe che i diritti passano da ben altre condizioni che non solo dovuti dalla tipologia della famiglia?

Dei diritti della donna e delle pari opportunità, chi ne ha veramente parlato in termini costruttivi e propositivi? Nessuno, ma non mi stupisce se solo ripenso che nel combattere a denti stretti per garantire la parità di genere mi sono sentito rispondere che prima si dovrebbe definire il tipo di genere, se uomo, donna, gay, lesbica o transgender.

Temi, quelli appena citati, che dovevano essere al centro di un dibattito che aveva al centro la “famiglia”, partendo a mio avviso dal fatto che ci deve essere il rispetto anche di chi non la pensa come noi, da un punto di vista o dall’altro.

Ma cosa significa famiglia? “comunità umana, diversamente caratterizzata nelle varie situazioni storiche e geografiche, ma in genere formata da persone legate fra loro da un rapporto di convivenza, di parentela, di affinità, che costituisce l’elemento fondamentale di ogni società, essendo essa finalizzata, nei suoi processi e nelle sue relazioni, alla perpetuazione della specie mediante la riproduzione”

Ecco, proprio da questa definizione di famiglia devo dire che in questo scontro tra fazioni, tipo guelfi e ghibellini della Verona medievale, io mi sento molto disorientato ma soprattutto preoccupato perché per l’ennesima volta si è parlato molto ma di concreto si è fatto e si farà ben poco.

Andrea Nardello

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