RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO

Ho letto i commenti sulla notizia della ditta di Schio, che produce biscotti con farina di insetti. Mi sembra questa la notizia del momento, ma mamma mia che ignoranza!!!Parlo dei commenti sulla pagina facebook del vostro giornale AltovicentinOnline, dove i lettori si sono lasciati andare mettendo in luce la loro ignoranza su un tema, sul quale occorrerebbe informarsi prima di spararle grosse in pubblico. 

In primis non è un OBBLIGO. Si sbaglia proprio il punto di vista. È un’opportunità per chi vuole mangiarli semmai e per tutti gli altri non cambierà assolutamente nulla. In secundis, se usciamo fuori dai nostri confini con problemi di denatalità, nel mondo c’è una crescita esponenziale della popolazione. Già ora siamo in eccesso con 8 miliardi di persone. Nel giro di trent’anni si stima una popolazione di minimo 10 miliardi. Le risorse già ora non sono sufficienti. Ma noi siamo la parte “ricca” del mondo quindi non percepiamo la carenza di cibo. Anzi, paradossalmente ne sprechiamo moltissimo. Ma se pure tutto il nostro surplus venisse redistribuito non sarebbe sufficiente al sostentamento di tutti gli affamati. Ergo, servono NECESSARIAMENTE fonti di nutrimento proteiche alternative e sostenibili. Possiamo parlare fino a domani ma fra 15 anni (non centinaia di anni ma una manciata) la scarsità di risorse si sarà infiltrata anche nella nostra società del benessere e non potremo più fare i privilegiati che fanno finta che il problema non li riguardi. Dai, che la cultura culinaria occidentale, nello specifico europea, ha ricette tradizionali a base di ogni cosa, letteralmente. Genitali, testicoli, intestino, viscere, lumache, occhi di pesce, cranio di uccelli, nervi, lingua, anfibi, ossa, midollo e chi più ne ha più ne metta. Vi voglio ricordare che le uova escono dalla cloaca che è un unico buco per espletare tutte le funzioni ma nessuno si lamenta e tutti le mangiamo senza dire che ci obbligano a mangiare feci. Vi magnate le peggio cose da sempre e lo fate con serenità. In Italia fino a trent’anni fa si poteva acquistare il sanguinaccio. Un dolcetto a base di sangue di maiale. È solo una questione di abitudine alimentare sviluppata su credenze religiose, abbondanza e predisposizione territoriale eccetera. Per altri popoli è disgustosa l’idea di mangiare maiale o mucca, cose che noi consumiamo abitualmente. Ogni popolo ha sviluppato una sua personale tradizione gastronomica e ogni popolo ha remore verso tipicità di altre aree che trovano bizzarre o addirittura disgustose. Neanche a me fa impazzire l’idea di mangiare insetti ma sono consapevole che è un bias. Che la vedo così solo perché culturalmente sono abituata a non percepirli come cibo. E comunque è una libera scelta. Si può decidere di mangiarli come no. Alla fine tutte queste polemichette del ca**o nascono dal benessere. Dalla possibilità di scelta. Perché se avessimo sperimentato la fame vera, come un terzo della popolazione mondiale, e potessimo nutrirci solo grazie agli insetti ringrazieremmo di averne l’opportunità. Si deve seriamente pensare a come sfamare la popolazione mondiale nel prossimo futuro. I commenti medi son del tenore “che schifo/vogliono obbligarci a mangiare insetti/complotto/vogliono distruggere il made in  Italy“. Ed è concettualmente non solo sbagliato ma pure insensato oltre che intellettualmente disonesto. Il problema del sovrappopolamento e della scarsità di risorse è reale. Senza volerci aggiungere l’impatto di inquinamento degli allevamenti intensivi. Servono fonti proteiche alternative con minor impatto ambientale e che possano raggiungere numeri decisamente maggiori. O credete che davvero si possano sfamare oltre otto miliardi di persone, in costante crescita, a costolette? Oltretutto non c’è neanche correlazione col made in Italy. Perché mai investire nello sviluppo e ricerca in nuovi mercati dovrebbe danneggiare il made in Italy? Iniziare fin da ora ad aprirsi a questo nuovo mercato è la scelta più sensata sotto ogni punto di vista. Altrimenti saremo i soliti che arrivano sempre tardi su tutto e fra dieci anni dovremo comprare all’estero o correre a creare impianti, specializzare i lavoratori e fare ricerche di settore. Adesso è scoppiata la bomba mediatica ma sono già anni che le industrie alimentari mondiali si stanno orientando in quel senso. Pure l’industria italiana da tempo fa test e ricerche in stabilimenti esteri come per esempio in Thailandia per le farine di grilli e cavallette. Ci si può evolvere e andare incontro alle innovazioni pur preservando la tradizione. Una cosa non esclude l’altra. C’è un lavoro di ricerca e sviluppo molto più solido e, che piaccia o no, la realtà è che probabilmente fra 10-15 massimo vent’anni ci sarà una richiesta esponenziale di questi prodotti. A livello locale e internazionale. Portarsi avanti e non farsi cogliere impreparati è, anche economicamente, la cosa più intelligente da fare ad oggi. Chi resterà indietro si precluderà anche l’opportunità di piazzarsi fra i primi distributori internazionali e lo dico solo per chi ne fa una mera questione economica. Io davvero non capisco qual è il problema. Nè capisco perché questo dovrebbe in qualche modo minare l’industria alimentare di prodotti tipici. Esportare farina di grillo in che modo dovrebbe ledere, chessò, il prosciutto di Parma? È un’eccellenza ed orgoglio del nostro territorio e continuerà ad esserlo. 

Annina Botta

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