RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO
Un giovane strappato alla vita all’età di 26 anni mentre lavorava. Era il 5 aprile del 2011 quando Raffaele Sorgato operaio della GRETAsrl di Schio, morì schiacciato da un camion  guidato da un collega che non si accorse della presenza del giovane sulla pedana.
Una tragedia sul lavoro che ha lasciato il segno e che non doveva passare sotto silenzio o rimanere senza colpevoli. E cosi fu.
Ogni giorno, in Italia, 3-4 lavoratori non fanno ritorno alle loro famiglie, perché sono morti, perché nelle loro aziende non si applicavano neanche le minime norme di sicurezza, e non per un incidente sul lavoro, e non per una “tragica fatalità”.
Queste non sono “morti bianche”, come molti mezzi d’informazione, politici le chiamano, ma sono dei veri e propri omicidi sul lavoro.
 Negli anni 60 le chiamavano così, ora le chiamano “morti bianche”, un eufemismo che andrebbe abolito, perché è un insulto ai familiari e alle vittime del lavoro, che vogliamo ricordare.
Dal 1° gennaio al 31 marzo 2021 in Italia sono morti sul lavoro due persone al giorno. Una strage spesso silenziosa.
Aveva soltanto 22 anni Luana D’Orazio, l’operaia che è morta il  3 maggio, mentre lavorava in una fabbrica tessile della provincia di Prato, a Oste di Montemurlo. La giovane, residente a Pistoia, madre di una bambina, è rimasta intrappolata in un macchinario. Nonostante la chiamata al 118 per lei non c’è stato niente da fare.
Il caso di Luana   sta riempiendo nelle ultime ore le cronache dei giornali e delle televisioni, è solo la punta di un iceberg. Le denunce di infortunio sul lavoro con esito mortale presentate all’Inail nel primo trimestre del 2021 sono state 185, 19 in più rispetto alle 166 denunce registrate nel primo trimestre del 2020 (+11,4%), effetto degli incrementi osservati in tutti i mesi del 2021 rispetto a quelli del 2020.
A livello nazionale i dati rilevati al 31 marzo evidenziano per il primo trimestre di quest’anno un decremento solo dei casi di incidente mortale mentre ci si reca al lavoro, passati da 52 a 31; quelli avvenuti invece proprio sul luogo del lavoro sono stati 40 in più (da 114 a 154). L’aumento ha riguardato tutte e tre le gestioni assicurative dell’Industria e servizi (da 146 a 158 denunce), dell’Agricoltura (da 11 a 16) e del Conto Stato (da 9 a 11). Dall’analisi territoriale emerge un aumento di due casi mortali nel Nord-Ovest (da 45 a 47), di quattro nel Nord-Est (da 34 a 38) e di 11 casi sia al Centro (da 23 a 34) che al Sud (da 47 a 58). Nelle Isole, invece, si registra un calo di nove decessi (da 17 a 8). Le regioni che presentano l’aumento più consistente sono il Lazio (+12 casi), l’Abruzzo (+8), la Lombardia (+6) e la Campania (+5).
 Ogni categoria e ogni generazione di lavoratori pagano il suo tributo di sangue. Nessuno fa nulla, le priorità sono sempre altre. Le chiamano “morti bianche”, perché l’aggettivo bianco, allude all’assenza di una mano direttamente responsabile dell’accaduto, invece la mano responsabile c’è sempre, più di una!!!
La sicurezza sui posti di lavoro è un problema grave, non giochiamo con la nostra vita e quella degli altri.  Il lavoro “nobilita” l’uomo dicono i padroni …. Ma può anche ucciderlo.
Non possiamo più tollerare che l’Italia continui a essere il paese delle stragi operaie e ambientali impunite (ponti che crollano, disastri ambientali, inondazioni, terremoti e altro ancora).
Oggi, accanto alle stragi dovute alla malasanità, ai tumori professionali e ambientali, a tutte le patologie dovute all’inquinamento, si aggiungono le decine di migliaia di vittime del Covid-19 e di una sanità pubblica smantellata negli ultimi anni. Ad esse vanno aggiunte altre vittime del lavoro: infermieri, medici, personale sanitario in genere, che hanno perso la vita per aver dovuto lavorare senza le adeguate protezioni.
BASTA I MORTI SUL LAVORO! BASTA CON LE LACRIME DI COCCODRILLO.
USB Alto Vicentino Ambiente
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