“In Regione Veneto è vietato criticare Zaia e la politica leghista”. La frase è del senatore Enrico Cappelletti, sceso in campo per difendere il leader pentastellato in Regione da una querela mossagli da Domenico Mantoan, direttore generale della Sanità veneta, ma è solo la velocissima sintesi di una querelle che si trascina da settimane e che il bubbone dovesse prima o poi scoppiare era evidente.

La scintilla, che ha fatto scoppiare la fiamma, è ancora una volta la titolarità del ‘modello veneto’, quel modello che ha già visto (in modo esagerato) accendersi lo scontro tra la Regione Veneto ed il virogolo Andrea Crisanti, con Luca Zaia che di punto in bianco, durante un punto stampa a Marghera, ha girato le spalle a Crisanti per mettere in luce il Dipartimento di Prevenzione del Veneto.

“In Regione Veneto le critiche non sono ammesse” è il sunto di quanto sottolinea il senatore, che ripercorre le vicende accadute in Veneto durante l’emergenza coronavirus e che parla senza mezzi termini di “intimidazione”. L’evidenza dei fatti è che dall’emergenza coronavirus Zaia e i suoi uomini sono usciti pubblicamente benissimo, con il ‘modello veneto’ finito sui titoli dei media internazionali. Ma a creare la spaccatura, che ha poi portato alla querela di Mantoan al grillino Berti, è stato proprio l’approccio iniziale a quello che sarebbe diventato il ‘modello veneto’, che ha visto il virogolo Andrea Crisanti bloccato da Mantoan, che aveva inizialmente messo uno ‘stop’ ai tamponi a tappeto e agli asintomatici. ‘Modello veneto’ che improvvisamente, durante i punti stampa quotidiani dalla sede della Protezione Civile di Marghera, è stato improvvisamente attribuito da Zaia a Francesca Russo, capo dipartimento della Prevenzione del Veneto, quasi a rivendicare una titolarità della Regione nel progetto che, a livello mondiale, era appena stato riconosciuto come il modello giusto per affrontare e sconfiggere la pandemia di coronoavirus.

Un passaggio che non è sfuggito agli attenti osservatori dei delicati equilibri politici, i quali spesso si sono chiesti che senso avesse mettere improvvisamente in secondo piano Crisanti per puntare i riflettori sul dipartimento di prevenzione del Veneto e sulla dottoressa Russo.

Senza essere troppo sofisticati, verrebbe da dire che la ragione risiede nelle prossime elezioni regionali, che però, oggettivamente, non dovrebbero creare nessuna preoccupazione al governatore Zaia. Più probabile quindi, che si tratti di un semplice modus operandi, che prevede la titolarità di ogni progetto positivo e, soprattutto, non gradisce nella cerchia del potere l’interferenza di menti che brillano di luce propria. E che Crisanti sia una mente, non è di certo in discussione.

Fatto sta, che a farne le spese per il momento pare essere Jacopo Berti, leader pentasetellato dell’opposizione in Regione, querelato da Mantoan, che oltre ad essere il direttore della Sanità veneta è presidente anche dell’Agenzia Italiana del Farmaco e commissario di Agenas.

In difesa di Berti è sceso in campo Cappelletti, che ha dichiarato: “Domenico Mantoan sta intestandosi meriti che non gli appartengono. Fu lui a bloccare il professor Crisanti quando voleva fare i test agli asintomatici: non a casaccio o a tappeto come annunciava poi pomposamente Zaia (quando con la capacità di analisi della Regione Veneto, ci sarebbe voluto un anno), ma a qualche centinaio di rientranti dalla Cina (parliamo forse di 20mila euro), quando eravamo ancora in tempo a scovare le prime infezioni, quando lo stato di emergenza era già stato dichiarato, e mentre a Vò stava per scoppiare il finimondo e il primo morto. Vorrei capire come fa Mantoan a nascondere una Regione che vuole più autonomia dietro una circolare, per qualche centinaio di esami, e distrarsi poi quando Zaia proclamava cinque milioni di test. Mantoan e Zaia possono prendersi un merito: quello di aver sbagliato ma di averci ripensato. Il metodo Veneto è nato da un gesto di realismo e umiltà, intervenuto dopo un plateale errore. Ora se ne prenda un altro – ha concluso Cappelletti – Ritiri la querela contro chi ha detto la verità mettendo davanti a tutto l’interesse dei Veneti. Sarebbe un gesto di realismo ed umiltà. Che tuttavia dubitiamo potrà essere mai colto”.

Anna Bianchini

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