“Immagino che nel giro di un paio di mesi non ci saranno piu’ problemi di mancanza di vaccini”. Lo afferma il presidente della Regione Veneto Luca Zaia, spiegando di confidare molto sull’arrivo del vaccino Johnson & Johnson.

Bisognerebbe che qualcuno andasse al ‘vedo’, noi non possiamo farlo”. Pero’ “sui libri ci sara’ scritto: Zaia ha fatto il suo dovere, ma non gli fecero comprare i vaccini”. Non si arrende Luca Zaia, grande fautore dell’acquisto dei vaccini sul mercato parallelo, ma ora, suggerisce, tocca al Governo.  “Se fossi al posto del Governo o in una posizione di responsabilita’ andrei a ‘vedere’, poi magari non li compriamo, ma almeno potremmo andare in Europa a dire: mi ci avete preso in giro?”. “Vedo paesi- fa notare ancora il presidente del Veneto- che non si lamentano della mancanza dei vaccini. La Gran Bretagna dove li ha trovati tutti quei vaccini?”. E ancora: “Mai stato europeista, ma penso sia un modello da riformare. Cio’ che e’ accaduto sui vaccini e’ la dimostrazione plastico di cosa riesce a fare l’Europa di male’.

Non ci sta l’eurodeputata Alessandra Moretti alle dichiarazioni di Zaia.  ‘ In Veneto, i ritardi nel piano vaccinale sono tutti imputabili alla disorganizzazione regionale. Le invettive contro l’Europa sui vaccini, locali e nazionali, sono strumentali per coprire errori e inefficienze locali”. Finora, “all’Italia sono state consegnate 6.542.260 dosi e ne sono state somministrate 4.434.131”, evidenzia Moretti. Cosi’ come ha avvertito il commissario Ue all’Industria Thierry Breton, “gli Stati membri devono mettere in pratica velocemente la loro politica vaccinale perche’ la capacita’ di produzione di dosi aumenta di settimana in settimana”, e “al momento ogni sforzo deve essere concentrato a raggiungere l’obiettivo individuato dalla Commissione di vaccinare il 70% degli europei prima della fine dell’estate”.

L’Rt medio, intanto, nei 14 giorni in Veneto e’ salito a 1,12. Rischiamo di passare in arancione”. Questo nonostante “non abbiamo tassi di ospedalizzazione importanti”, con il 12% delle terapie intensive e il 14% dei posti letto in area non critica occupati. L’incidenza regionale e’ infine di 151,3 nuovi casi la settimana ogni 100.000 abitanti.

Dov’è finita l’app annunciata a novembre?

Oltre che per i vaccini, è scontro con l’opposizione dem anche sull’ormai dimenticata App tutta veneta, che sarebbe saltata. Che fine ha fatto l’app ‘Zero covid Veneto‘? Ha attaccato la vicecapogruppo del Partito democratico in Consiglio regionale Veneto Vanessa Camani, ricordando che la Regione ha stanziato 260.000 per l’app, che “e’ scomparsa dai radar”. Insomma, “ancora una volta gli annunci roboanti di Zaia rimangono disattesi. Ancora una volta le sue promesse in pompa magna non vengono mantenute”, incalza Camani. “Abbiamo affrontato il tema in Consiglio regionale il 13 novembre, quando l’assessore Lanzarin assicuro’ che l’app era pronta da tempo e che sarebbe venuta presto in quinta commissione (Sanita’, ndr.) per tutti i chiarimenti necessari. Ad oggi l’audizione non c’e’ stata e a distanza di quasi quattro mesi siamo sempre qua ad aspettare”.

“L’app, da quello che so io, e’ stata fatta ma visto il crescere dell’infezione di novembre e dicembre e’ stato deciso di non attivarla perche’ avrebbe creato solo confusione”.  Ha replicato il presidente della Regione Veneto Luca Zaia – Adesso vediamo a che punto e’, era seguita dall’ingegner Gubian che e’ andato a lavorare in Lombardia”.

Come si ricorderà, l’app made in Veneto venne preannunciata quando scoppiò la polemica sui dati non caricati dalle Usl per ‘Immuni’, quella lanciata dal governo. ‘Ne abbiamo pronta una nostra veneta” – disse Zaia.

All’attacco della consigliera regionale democratica Vanessa Camani sulla mancata attivazione dell’app Zero Covid Veneto, il capogruppo della lista Zaia presidente in Consiglio regionale, Alberto Villanova, ribatte ricordando i problemi dell’app Immuni. “Di fatto non e’ mai stata davvero integrata nel sistema di prevenzione sanitaria italiano”, afferma Villanova, che contrattacca: “Il primo dpcm di Mario Draghi ha reinserito l’obbligo per l’operatore sanitario del Dipartimento di prevenzione della azienda sanitaria locale di caricare il codice chiave sul sistema centrale di Immuni in presenza di un caso di positivita’. Ma allora a che cosa e’ servito il call center creato a ottobre scorso per il caricamento dei dati per sgravare gli operatori sanitari costato al governo quattro milioni di euro?”. Il call center era stato introdotto proprio per sopperire alla lentezza nel caricamento dei codici da parte degli operatori sanitari, ma ora il dpcm reinserisce l’obbligo gli operatori e cosi’ l’utilita’ del call center decade, sostiene Villanova, secondo cui l’app Immuni, “almeno nelle intenzioni, avrebbe dovuto essere al centro della strategia di prevenzione e, invece, si e’ rivelata del tutto irrilevante nella seconda ondata”

 

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