“Il voto di oggi della maggioranza di Zaia -che ha scelto di astenersi sulla mia proposta- è un voto contro le lavoratrici e i lavoratori veneti, in particolare i giovani che trarrebbero il maggior beneficio dall’introduzione del salario minimo”. Così la consigliera regionale del Movimento 5 stelle, Erika Baldin, commenta la bocciatura di una sua mozione che prevedeva l’impegno della Regione alla promozione in tutte le sedi dell’istituzione del salario minimo. “Lega e Fratelli d’Italia ignorano il problema dei working poor, le persone che pur lavorando non arrivano alla fine del mese: nel nostro Paese sono tre milioni, l’11,7% del totale e molto sopra la media europea”, attacca Baldin, sottolineando che il Veneto è “indietro rispetto ad altre Regioni sui livelli retributivi”, perlomeno secondo lo studio della Fondazione Corazzin pubblicato lo scorso luglio dalla Cisl del Veneto.
“A farne le spese sono soprattutto donne e giovani. Non è un caso se ogni anno il Veneto perde 10mila ragazzi che scelgono di trasferirsi in altre regioni o di emigrare all’estero, dove trovano stipendi e condizioni di lavoro migliori”, continua Baldin, che si chiede retorica “che senso ha parlare di politiche a sostegno della famiglia e della natalità senza affrontare la questione salariale”, nel momento in cui il gender pay Gap è del 32%. Lunga la discussione in aula prima del voto, con il capogruppo della Lega Giuseppe Pan che ha respinto l’ipotesi della necessità di istituire il salario minimo perché “gli imprenditori sanno riconoscere i lavoratori che valgono e retribuirli il giusto”, mentre un salario minimo non farebbe che incentivare ancora di più l’immigrazione verso il nostro Paese, e la dem Vanessa Camani che ha invece ricordato che l’Unione europea prevede già l’istituzione del salario minimo e che l’Italia ha due anni di tempo per recepirla.