La commissione consiliare Ambiente del Veneto ha iniziato l’esame del progetto di legge che disciplina gli impianti fotovoltaici a terra. Se ne rallegra il consigliere regionale leghista Roberto Bet, che la norma l’ha presentata, anche se il vicepresidente della commissione Jonatan Montanariello (Pd) spiega alla ‘Dire’ che la discussione oggi non è iniziata nel migliore dei modi, dato che del progetto di legge si è iniziato a parlare dopo un’ora e mezzo di scontro sul ritardo con cui la norma, presentata in prima battuta oltre un anno fa, è arrivata in commissione. “Abbiamo letto solamente i primi due articoli, e ci sono stati un milione di interventi e posizioni diverse anche all’interno degli stessi schieramenti”, afferma Montanariello. Venendo al merito del progetto di legge, “dobbiamo tenere bene a mente che ogni normativa regionale deve essere inquadrata all’interno della più vasta legislazione nazionale. Il fotovoltaico in zona agricola è il tema più delicato e scivoloso per quanto riguarda l’eventuale impugnativa da parte della Corte costituzionale”, perché “la Regione non può introdurre un divieto generalizzato di installazione degli impianti in zona”, spiega Bet.

“Alla base del Progetto di legge abbiamo mantenuto il principio guida di tutela dell’attività agricola, favorendo l’installazione di questi impianti nei parcheggi, nelle aree industriali e, in generale, in aree già compromesse dal punto di vista ambientale. Nel nostro Veneto ci sono zone agricole che meritano di essere mantenute tali. Abbiamo quindi introdotto un ulteriore criterio di non idoneità alla realizzazione degli impianti fotovoltaici, costituito dalle zone agricole di pregio ad elevata utilizzazione agricola e naturalità diffusa, aree che dovranno essere individuate dalle Province in base a precisi criteri di tutela. E laddove l’istruttoria dovesse dare il via libera all’installazione in area agricola di un impianto, questo dovrà essere necessariamente agrifotovoltaico”, continua. La posizione, sulla carta, è simile a quella del Partito democratico, ma i problemi iniziano quando si scende nel tecnico. “Una norma ci vuole perché non si può più avere questa pianificazione fai da te, da una parte si deve tutelare il più possibile il terreno agricolo, ma d’altra parte dobbiamo fare tutto il possibile per mettere questi pannelli. Ci sono già superfici antropizzate, lavoriamo per metterli il più possibile dove si può tutelando la superficie ad uso agricolo”, racconta Montanariello. “Ma se si dice che l’agrivoltaico può coprire solo il 5% del totale del terreno, quindi un ettaro su 20, e che però degli ettari a fotovoltaico il 60% è di superficie comunque coltivata, il 5% non si può considerare il totale di superficie dell’intervento”, prova a spiegare. Aspetti tecnici, appunto, che però sono determinati perché al netto delle linee di indirizzo, che possono essere condivise, sono poi questi che contano davvero ai fini degli effetti pratici della norma.

Il percorso sarà ancora lungo, prevede il dem. “E io sarò poi uno di quelli che chiederà un nuovo giro di audizioni al termine dell’esame, perché dal testo iniziale a quello che ci troviamo oggi è cambiato il mondo”, avverte. Ma così non si rischia che passi troppo tempo e che nel frattempo continui la corsa all’installazione di pannelli fotovoltaici nei terreni agricoli? “Il danno lo hanno già fatto perché nel momento in cui Bet ha presentato un anno e 15 giorni fa la norma si è creato un allarme e la rincorsa ad accaparrarsi un permesso prima della norma c’è già stata”, conclude Montanariello.

Ti è piaciuto questo articolo? Condividilo su:
Stampa questa notizia