Una lezione di stile, dai toni finalmente istituzionali, che sanno incidere molto più di quelle pronunciate sbraitando.
E’ su tutti i giornali di oggi la lettera che il premier Giuseppe Conte ha rivolto ai cittadini di Veneto e Lombardia, dopo gli insulti ricevuti dai governatori delle 2 regioni del nord.
Al centro quell’autonomia differenziata sulla quale, rivolgendosi direttamente ai cittadini, giura di aver lavorato per mesi “per il bene della comunità nazionale”.
Il presidente sfodera tutta la sua personalità, evidentemente stanco di quel ruolo da ‘burattino’ in cui i suoi vice Matteo Salvini e Luigi Di Maio, lo avevano relegato. Conte non ci sta più e dopo essersi preso del “cialtrone” rivendica il proprio ruolo istituzionale e assicura che parlerà in prima persona con i governatori a patto che si smetta con insulti.
“L’autonomia non è una bandiera regionale”, spiega il premier nella missiva, specificando che le richieste di 2 Regioni supportate da un referendum dal risultato schiacciante, non verranno disattese ma saranno prese in considerazione all’interno di un contesto nazionale. “E’ una riforma per tutti, è realizzare un progetto ben costruito che vi offra vantaggi reali, che siano sostenibili anche nel tempo – ha continuato Conte – Senza contare che questo progetto riformatore non è questione affidata unicamente al confronto Governo-Regione, in quanto l’ultima parola spetta al Parlamento. In quest’ottica, un progetto ben strutturato e ben sostenibile potrà superare più agevolmente e rapidamente l’approvazione parlamentare”.
In sostanza, il premier Giuseppe Conte fa capire che non è vero che il governo non vuole l’autonomia, ma è leale con i cittadini quando spiega la delicatezza di una riforma di portata storica. C’è da trasferire materie che storicamente sono di competenza nazionale a singole Regioni e non è possibile eseguire un’operazione che scombussolerà burocraticamente l’Italia in pochi mesi. Si rischierebbe, secondo Conte, di gettare maldestramente delle basi che non porterebbero alla fruizione reale dell’autonomia da parte dei cittadini, ma che verrebbero smantellate alla prima seduta in parlamento. In pratica Conte, vuole fare capire ai cittadini che non vuole prenderli in giro con un testo fatto frettolosamente solo per dare un contentino a Luca Zaia, che è già in campagna elettorale, ma vuole dare un risultato concreto con un’autonomia reale.
Perché è saltato il tappo
Se si fosse parlato chiaro fin dall’inizio, veneti e lombardi non sarebbero insorti come è accaduto in questi giorni.
“Tra un mese avremo l’autonomia”, si leggeva sui quotidiani veneti lo scorso dicembre. “Oggi giornata storica”, “Abbiamo raggiunti il 70% delle intese”. Come non ricordare questi titoli ad effetto, supportati da editoriali di qualche giornale compiacente? Come rimproverare al popolo veneto di averci creduto?
Ma i mesi hanno abbondantemente dimostrato che si trattava di proclami spacciati per risultati raggiunti a scopo propagandistico, quando il libro dell’autonomia era stato appena aperto. Come si può spacciare la prefazione per il gran finale?
La promessa di parlare con i veneti
“Spero di potervi incontrare tutti personalmente – ha scritto Giuseppe Conte a veneti e lombardi – Ma i toni devono essere distesi e costruttivi, basta con gli insulti e procediamo con questo immenso lavoro per accontentare veramente le esigenze del nord Italia”.
Anna Bianchini