“L’indagine condotta dai sindacati veneti sulle liste d’attesa conferma uno scenario evidente da tempo, di cui solo Zaia e i suoi non vogliono ammettere l’esistenza. Non solo ben 7 cittadini su 10 non riescono prenotare una visita. Addirittura, tra quei pochi ‘fortunati’, poco più della metà riesce ad ottenerla nei tempi prescritti dal medico. Col risultato che, disperatamente, un numero crescente di utenti bisognosi di accertamenti in tempi certi, si rivolge al privato. Una situazione dunque incivile”.
A dirlo la consigliera regionale del PD Veneto e vice presidente della Commissione Sanità, Anna Maria Bigon commentando i risultati dell’indagine condotta da Spi Cgil, Fnp Cisl e Uilp del Veneto sulle liste d’attesa per visite ed esami e che ha raccolto 3.300 questionari.
“Ci sono – spiega Bigon – delle contromisure a queste pesanti carenze del sistema sanitario regionale. La prima è quella di far valere i propri diritti. La normativa (Decreto Legislativo 29 aprile 1998, n. 124, art. 3, comma 13), recepita dalla Regione Veneto, stabilisce che le priorità indicate dal medico curante nell’impegnativa devono essere rispettate. E che qualora così non fosse, è diritto dei cittadini chiedere con una semplice istanza alla direzione della propria Ulss che la prestazione venga resa in attività libero-professionale intramuraria, senza costi aggiuntivi”.
“Contemporaneamente – prosegue – la Giunta ha il dovere di predisporre i fondi necessari e le risorse umane per garantire queste prestazioni che sono a tutela della salute pubblica. La soluzione più efficace è quella di costituire un fondo, 30 milioni già in bilancio, per comprare pacchetti di prestazioni libero-professionali intramurarie aumentando gli importi. In questo modo viene dato un riscontro a chi chiede la prima visita, eseguendola nei tempi previsti. E al tempo stesso si garantisce ai nostri operatori sanitari quel riconoscimento, anche economico, la cui assenza, aggiunta al resto, provoca la fuga costante dal pubblico”.
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