La Sanità Veneta si era data appuntamento a Gallio per la Summer School, ma a romper le uova nel paniere ci hanno pensato Le Iene che, tallonando il  direttore generale Domenico Mantoan, indagano sull’inquinamento da Pfas che ha colpito le province di Vicenza, Padova e Verona, mettendo a rischio la salute di quasi 300 mila veneti.

Al lavoro per il ritorno autunnale, in prima serata dal 2 ottobre, gli inviati delle Iene la settimana scorsa sono arrivati a Gallio, per intercettare tra il gotha della sanità veneta proprio il direttore generale Mantoan e farsi spiegare perché la Regione abbia fatto poco per il problema sull’inquinamento da Pfas. Incalzato dalle domande Mantoan ha risposto che tutto quello che è di competenza regionale è stato fatto e che ora il problema è superato.

In attesa della messa in onda del servizio  resta legittimo il dubbio se il superamento del problema espresso  dal direttore generale della sanità veneta siano i limiti Pfas decretati dal Ministero dell’Ambiente. Decreto bocciato sia dagli esperti del settore ambientale sia da parti politiche, visto come un ‘regalo’ per gli inquinatori perché ha accolto per i perfluorati a catena lunga (a 8 atomi e non più in produzione) i limiti proposti nel 2014 dall’Istituto Superiore della Sanità, mentre per i composti a catena corta (a 4 atomi e attualmente in produzione) i limiti sono aumentati di 6 volte rispetto a quelli dell’I.S.S. passando da 500 ng/lt a 3000 ng/lt. L’azienda Miteni SpA, ritenuta responsabile dell’inquinamento delle acque venete, può solo che accogliere positivamente questi nuovi limiti perché ad oggi produce i composti a catena corta, con scarichi che di fatto risultano ‘regolari’ stando ai nuovi limiti fissati dal Governo.
Ma sembra che ad agevolar ancor di più chi inquinando lavora sia anche un decreto dirigenziale della Regione Veneto, firmato da Alessandro Benassi direttore della tutela ambientale della Regione Veneto. Nell’interpretazione della nota nazionale con cui venivano fissati i limiti soglia dei Pfas, in Regione si fissa lo sforamento calcolato non sul singolo prelievo ma su una media annua ponderata dei valori rilevati da più prove effettuate da Arpav da gennaio a dicembre dell’anno precedente, partendo dal 2016.

Un rischio sanitario che colpisce più di 300 mila veneti che hanno utilizzato l’acqua di falda più grande d’Europa, da decenni inquinata dal versamento delle sostanze perfluoroalchiliche, ancor oggi ricettiva degli scarichi industriali ‘promossi’ dai nuovi limiti nazionali.

Paola Viero

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