Sindaco Dalla Via, andrà a votare alle primarie del centrosinistra?

“Certo. Considero queste primarie un grande risultato. Sette candidati, nessuna indicazione dai partiti. Veramente la scelta è nelle mani dei cittadini. E’ un gioco vero, niente trucchi”.

Ci dice anche per chi voterà?

“No”.

Luigi Dalla Via, 55 anni, attuale sindaco di Schio, un passato come consigliere comunale, poi assessore e vicesindaco. Insomma, uno che negli uffici del Comune entra senza presentare i documenti. Ma poco prima del suo prossimo compleanno, a giugno, si sfilerà dal collo la fascia tricolore che ha indossato per dieci anni. Due mandati, sempre sostenuto da coalizioni di centrosinistra. Ora però la sua corsa è finita. E tornerà a fare l’impiegato, in fabbrica.

Sindaco, partiamo da qui: è il suo addio alla politica?

“Assolutamente no, non potrei. Ho cominciato a 19 anni, si figuri. Per me è una passione. Credo che per me sarebbe impossibile farne a meno. Continuerò a interessarmi, questo è certo. Poi si vedrà in quale forma, se in prima persona o meno. Immagino che la mia esperienza, accumulata in tanti anni, possa tornare utile in qualche modo”.

Si sente ancora il sindaco di questa città?

“E’ una strana condizione psicologica che sto scoprendo e vivendo in questi giorni. Da un lato so che la mia esperienza come sindaco è quasi finita, ma dall’altra so perfettamente che non posso ancora staccare la spina, anzi. E’ vietato rilassarsi. C’è ancora troppo da fare. Poi arriverà il momento del riposo”.

E’ stanco di questi ritmi di lavoro?

“Questi ultimi anni sono stati pesanti. E non solo per le difficoltà economiche, che pure hanno creato così tanti problemi a livello sociale, e io come assessore delle questioni sociali mi sono occupato a lungo in passato, so cosa vuol dire. Ma anche per l’incertezza degli obiettivi da raggiungere, perché ogni tre mesi a livello nazionale cambiano le regole del gioco. E tu, amministratore, ti trovi a dover dipendere da decisioni altrui. E’ frustrante non riuscire a raggiungere obiettivi che, a parità di regole, sarebbero stati a portata di mano”.

Da cosa nasce la scelta di tornare al suo vecchio impiego?

“E’ una cosa naturale, non una scelta. Sapevo che allo scadere del secondo mandato sarebbe finita. Era una tappa prevista. Peraltro sono favorevole a questa regola: un po’ perché in questo paese abbiamo bisogno di regole, e poi perché così si favorisce il ricambio”.

Parliamo un po’ di Schio: che città lascia al suo successore?

“Lascio una città che in questi anni è cresciuta come qualità dei servizi e in capacità d’iniziativa.  Una città che è riuscita a creare, non solo per meriti dell’amministrazione, è ovvio, ma grazie anche all’impegno dei cittadini, una rete associativa di assoluto rilievo. Una rete a livello sociale, culturale, sportivo. In tempi di difficoltà vera, questa è una risposta importante. Anche se sono consapevole che in certi casi gli aiuti non bastano mai. Ma, ecco, ritengo di lasciare in eredità una città solida”.

In cos’altro è cresciuta Schio?

“Sicuramente nella mobilità interna, come viabilità, trasporti, piste ciclabili. Poi nel potenziale dei contenitori culturali, penso ad esempio al Lanificio Conte e al Teatro Civico. E anche nel rapporto di collaborazione intrapreso con i Comuni limitrofi. Un passaggio non semplice, le assicuro, che ha portato alla convenzione con gli 8 Comuni del nostro territorio. La gestione associata finora riguarda la Protezione Civile e il turismo, e stiamo lavorando per arrivare ad avere uno sportello unico per l’Anagrafe. E’ un percorso difficile perché bisogna mediare interessi diversi e personalismi, ma è una strada obbligata, tutto spinge in direzione dell’unione del territorio”.

Qual è stato il più grande successo della sua Amministrazione?

“Il Patto di Concordia. Risale al 2005, ero al secondo anno del primo mandato. Qui a Schio il 7 luglio del ’45 ci fu un eccidio, i partigiani uccisero 54 persone detenute perché ritenute colluse con il regime fascista. Comunque, collusioni mai accertate, nessun processo. Una ferita dolorosissima, anche perché tutti i protagonisti, vittime e carnefici, erano di qui. Pensi che a Schio si evitava perfino di parlarne. E quando accadeva, finiva in scontri. Ebbene, riuscimmo a redigere un protocollo di pacificazione che fu firmato dai familiari delle vittime e dalle associazioni partigiane. Nel protocollo si riaffermavano i valori della Costituzione, nata anche dalla Resistenza, ma con la condanna netta dell’eccidio. E fu decisa la posa di una lapide, con i nomi delle 54 vittime. Ecco, a livello personale, emotivo, direi che il più bel risultato che ho portato alla città. Un bel modo, a mio avviso, per voltar pagina. Un guardare al futuro senza dimenticare”.

E per contro, il più grande rammarico?

“Nel mio secondo mandato, non essere riuscito a completare alcuni interventi che avevo previsto, uno su tutti la sistemazione dell’ex asilo Rossi. Ma è un rammarico relativo, perché si tratta di un fallimento legato al patto di stabilità. Non è dipeso da nostre negligenze. In coscienza, più di così non avremmo potuto fare”.

Secondo lei sindaco, Schio è una città sicura?

“La definirei abbastanza sicura. E lo dico anche facendo il confronto con altre realtà con cui vengo a contatto, nei Comitati provinciali per l’ordine e la sicurezza, ma anche con le varie forze di polizia. Come in altre aree del territorio, la situazione di difficoltà economica accresce alcuni reati, alcuni commessi realmente in stato di necessità. Il piccolo furto al supermercato, l’intrusione in casa. Insomma, problemi ce ne sono, ma non devono essere drammatizzati. La situazione è assolutamente sotto controllo, grazie anche all’ottimo lavoro delle forze dell’ordine”.

Dalla Via sposa una politica eccessivamente accogliente nei confronti di extracomunitari e rom: questa l’accusa che più frequentemente le viene rivolta dai suoi avversari politici. Come risponde?

“Le rispondo che si tratta esclusivamente di una questione di civiltà. I primi immigrati arrivarono da queste parti nell’89, 25 anni fa. Altri tempi, sotto tanti aspetti. Chi arrivava, trovava subito lavoro, allora le aziende avevano bisogno di manodopera. Quindi non c’è mai stata una situazione di vero disagio sociale. Negli anni la situazione si è evoluta, le attività del Comune e del volontariato hanno costruito un tessuto sociale importante. Schio, insomma, è una città accogliente e inclusiva. Ma non per voler essere buonisti. La città è semplicemente organizzata per dare accoglienza a chi arriva”.

E sui rom?

“Anzitutto la gran parte sono sinti italiani. E stanziali, quasi non è più corretto chiamarli nomadi. Gli abbiamo dato un posto dove stare. Per questo, su questo, ci hanno sempre attaccato. Abbiamo iscritto i loro figli a scuola, alcuni hanno trovato un lavoro. Chi ne aveva diritto ha ottenuto in assegnazione un appartamento. E questo a mio avviso non solo non è negativo, ma è l’unico modo possibile di affrontare l’argomento”.

In questi anni, com’è stato il dialogo con la Regione, a guida centrodestra? C’è stato dialogo o hanno prevalso le ragioni degli opposti schieramenti?

“No, devo dire che il rapporto è stato abbastanza positivo. Non ci sono state mai pregiudiziali dovute agli schieramenti. Semmai dissidi specifici sul modo di gestire la Regione. Io e Galan, l’ex governatore del Veneto, abbiamo avuto spesso scontri, uno su tutti quello sull’ospedale di Santorso. Sono arrivato perfino a presentare ricorso al Tar contro la Regione Veneto. Poi l’ospedale s’è fatto, ex novo e in project financing, come volevano loro, mentre io sostenevo che ampliare l’ospedale di Schio avrebbe avuto un risultato forse inferiore, ma con la metà dei quattrini spesi. Sostenevo che almeno era il caso di confrontare. Costruire il nuovo ospedale non era l’unica soluzione possibile. Comunque sia, molti scontri, ma non condizionati dalle appartenenze politiche”.

Tornando alle primarie del centrosinistra, e tenuto conto che non vuol dirci per chi voterà: vuol descrivere almeno quali caratteristiche dovrebbe avere, secondo lei, il candidato ideale?

“Mi auguro che venga scelta una persona che abbia la capacità di governare. Che abbia competenza, disponibilità e grande generosità, che in politica è sinonimo di dedizione. Un tempo si diceva senso dello stato, spirito di servizio. Ecco, a Schio serve un sindaco così”.

E quale dei candidati si avvicina di più a questo identikit?

“No, non farò nomi. Posso però dirle che a quelle caratteristiche che dicevo prima (competenza, disponibilità e generosità) possono arrivare non solo i candidati che hanno già esperienza in politica, ma anche chi non ne ha. Dipende dall’approccio. Spero vinca le primarie chi avrà la maggiore apertura mentale. Chi avrà l’umiltà di capire”.

Ha un consiglio da dare al futuro sindaco di Schio?

“Riformulo la sua domanda: un consiglio da dare al candidato delle primarie del centrosinistra che poi diventerà sindaco di Schio. Ecco, spero che dal giorno dopo la vittoria nelle primarie questo candidato abbia la capacità d’essere il caposquadra di tutto il centrosinistra. Che sappia valorizzare le migliori risorse umane a disposizione, e ce ne sono. Insomma, che sia un direttore d’orchestra, non un solista. Questo è il mio consiglio”.

Sembra molto fiducioso della vittoria del centrosinistra alle elezioni…

“Lo sono. Sia per la storia della città, sia per la qualità delle passate amministrazioni a guida centrosinistra, sia perché il centrodestra è molto frammentato in questo periodo”.

Se dovesse dare delle percentuali, qual è la possibilità per il centrosinistra di riconquistare la poltrona di sindaco?

“Direi il 70%, anche se sarebbe un gravissimo errore sottovalutare le elezioni. I voti devono sempre essere conquistati”.

In conclusione, Dalla Via: un aggettivo per descrivere questi suoi 10 anni da sindaco.

“Me ne concede due? Difficili e entusiasmanti”.

 di Redazione Thiene on line

 

  

 

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