‘Un ciclo politico ed industriale si è ormai chiuso a Schio, le amministrazioni non si occupano come dovrebbero del futuro della città e non sono attualmente in grado di sostenere una progettualità per il territorio ed un dibattito pubblico costruttivo, necessari allo sviluppo della città’.

Queste sono in sintesi alcune delle linee fondanti della nuova associazione politica ‘Schio Polis’, illustrate ai cittadini martedì sera a Palazzo Toaldi Capra durante il dibattito ‘La città che vorremo’, uno dei primi incontri pubblici organizzati dal gruppo per iniziare a far conoscere obbiettivi, principi ed idee della neonata associazione.

Il dibattito, moderato da Paolo Rudella e introdotto dal presidente ed ex sindacalista Walter Sperotto, ha avuto come focus il rapporto scuola-lavoro, le problematiche di invecchiamento della popolazione e la necessità di creare un dialogo concreto tra le generazioni che sia fruttuoso sul piano lavorativo.  ‘E’ sparito il tessile – ha spiegato Sperotto – e sono sparite le grandi imprese come la Lanerossi e la De Pretto. Tuttavia la zona industriale rimane importantissima sul piano occupazionale, ed insieme all’ambiente naturale che ci circonda, all’offerta scolastica e ai servizi socio-sanitari essenziali per una popolazione che invecchia sempre più, sono le eccellenze che dobbiamo mettere in relazione e sviluppare’.

Particolarmente importante dovrà essere la connessione tra scuola e lavoro, ed una riflessione approfondita deve essere fatta verso quel polo scolastico per le scuole superiori conosciuto come ‘Campus’ che sarà attivo tra pochi mesi e per il quale son stati spesi 5 milioni di euro. Il suo scopo non dovrà essere quello di ‘sostituire un oratorio’, ha spiegato Rudella, ma essere il polo per creare sia cultura che manodopera specializzata, fulcro quindi di innovazione.

Con tutta una serie di spunti per la riflessione sul futuro di Schio è intervenuto il professor Paolo Gubitta, ordinario di organizzazione aziendale ed imprenditorialità all’università di Padova e docente all’università del Michigan. ‘Non vi darò soluzioni – ha specificato Gubitta – ma un metodo di lavoro per far sì che il campus non sia solo un bozzolo chiuso in sè ma il nodo di una rete globale, che crei competenze e percorsi lavorativi intergenerazionali’.

Un occhio di riguardo va dunque puntato alla cosiddetta generazione dei ‘Millennials’, i giovani nati tra il 1980 ed il 2000. Quelli, li descrive Gubitta, che guardano la tv sul cellulare, non si vergognano di indossare vestiti usati, non sognano la patente, sono impazienti e vogliono star bene subito. ‘È drammatico se una città non li coinvolge, perché sono quelli che hanno il futuro davanti, sono il capitale umano che è la benzina della città. I giovani vanno dove ci sono i territori più attrattivi, quelli che non sono isolati ma parte di una filiera più ampia’.

 

Marta Boriero

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