‘È il lunedì post ballottaggio e abbiamo perso. Partiamo da questa considerazione, senza mezzi giri di parole, senza la retorica, a volte un po’ più stucchevole della politica, dove ci sono solo vincitori e mai sconfitti. Abbiamo perso e credo che abbiamo perso soprattutto come partito. Si perché nella storia della Lega di Thiene, non era mai successo di fare un solo consigliere. Nel lontano 1990, alla prima puntata elettorale, quando ancora ci chiamavamo Liga Veneta, ne avevamo fatti 2. Altri tempi, altre prospettive, altri programmi, ma pur sempre due’. Sanno di amaro le parole del leghista Simone Furia, l’unico ‘sconfitto’ che si è degnato di fare “l’autocritica dei grandi”. L’unico, in mezzo a perfetti sconosciuti di cui fino a due mesi fa non ne conoscevamo  nemmeno il nome, che ha avuto la maturità di fermarsi e chiedersi il perchè di una sconfitta, dalla quale si può ripartire solo se si ha l’umiltà di ammettere i propri errori. Forse è tra i più giovani Simone Furia, neo papà e  imprenditore dell’Altovicentino, ma ha spiazzato tutti dichiarando sulla propria pagina facebook quanto sia ipocrita e falso dare la colpa all’astensionismo, facendo finta di non sapere che molti leghisti ‘duri e puri’ hanno votato per Giampi Michelusi. Molti personaggi di centro destra come Massimo Zerbo, che è stato anche assessore provinciale, o uno dei più votati come Nazzareno Zavagnin erano addirittura in lista nella coalizione di Giampi. Chi di noi non conosce almeno un leghista thienese che non abbia votato per il neo sindaco?
“La considerazione parte proprio da questo risultato, dal fatto che il nostro elettorato, a detta di molti, ha preferito una coalizione di centro-sinistra al nostro simbolo, al nostro programma, ai nostri candidati. Se non decidiamo di fare un’analisi di questo voto, degli ultimi voti e delle scelte che negli ultimi 2-3anni ci hanno coinvolto e che spesso abbiamo solo dovuto subire, il nostro movimento sarà destinato a sparire dall’alto vicentino”.
Chi ha imposto all’alto non si è degnato nemmeno di farsi vedere a Thiene, di rilasciare un’intervista a favore di Manuel Benetti, come se essere segretario provinciale significasse dare ordini e basta. Chi lo ha visto a Thiene?
“Abbiamo una responsabilità, una storia, una cultura da tutelare e portare avanti.  Non possiamo pensare che 30 anni di politica che ha espresso consiglieri comunali, assessori, sindaci, consiglieri regionali e onorevoli, venga distrutta a causa di diatribe interne e attacchi politici manovrati da altri attori che ci vogliono deboli o disuniti. Confido che si arrivi in fretta ad un confronto che deve esserci per il bene di tutto il centro destra e di tutti quei leghisti che credono ancora in un progetto che parla di territorio, sviluppo ed identità – conclude Furia, che a differenza di chi non è entrato in consiglio comunale ha quantomeno la lealtà di dichiararsi perdente in queste amministrative . –  Si riparta dalle sezioni, in particolare quella di Thiene. Da parte mia, massima disponibilità invece affinché tutto questo accada, e se qualcuno vorrà mettersi di traverso sappia che sarò pronto a difendere tutto questo. Non mi fermerò questa volta”.
Probabilmente è finita l’era dei militanti con il cerotto in bocca, che devono fare gazebo sotto il sole e distribuire volantini per le case. C’è una nuova generazione che si sta ribellando e chiede solo di poter ricominciare a credere negli ideali che ci sono ancora. Ragazzi che hanno l’onestà intellettuale di ammettere un fallimento di partito che è ormai eclatante.
Oggi, i social e i commentatori seriali, che sembra non abbiano un lavoro per quanto tempo riescano a dedicare alla piazza virtuale in cui se la cantano e se la suonano da soli, non c’è un solo post di autocritica, a parte quello di Simone Furia. Autocritica, questa sconosciuta!  Si leggono invece i soliti insulti ,  autoincensamenti di chi non è entrato nemmeno in consiglio comunale e si loda da solo con il rinforzo di quattro like. Nessuno che prova a riflettere su cosa possa non aver funzionato: meglio dare la colpa all’astensionismo. Ci vuole competenza anche nel fare un’analisi politica, nel recitare mea culpa:  meglio dare la colpa all’astensionismo!
Natalia Bandiera
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