I camosci del Monte Grappa nel clima che cambia: sono iniziate nei giorni scorsi le operazioni preliminari al progetto di studio dell’Università di Sassari (Dipartimento di medicina veterinaria) in collaborazione con la Regione Veneto, che ha come obiettivo l’analisi dei comportamenti di questa specie animale alla luce dell’aumento delle temperature e del climate change.
I primi sette esemplari sono stati catturati sulle pendici del massiccio in un’operazione congiunta delle Polizie Provinciali di Belluno, Vicenza e Treviso, che ha visto impegnati per diverse giornate gli agenti della squadra catture, dotati di carabina lancia-siringhe. È stata scelta in particolare l’area di Cima Grappa, dove da oltre un mese erano stati predisposti i siti di cattura. I camosci sono stati individuati, sedati e successivamente dotati di radiocollare, prima di essere rilasciati nel loro ambiente naturale, il tutto con le cure del caso dei veterinari, addetti a preparare le dosi di anestetico e a monitorare la sedazione. Sono stati scelti solo esemplari maschi, in quanto per le femmine questo è il periodo della riproduzione. Nei prossimi mesi, i loro spostamenti saranno analizzati dall’equipe del professor Marco Apollonio (docente di zoologia dell’Università di Sassari), coordinatore del progetto, ma già dalle scorse ore sono stati rilevati i primi fix di tracciamento. Altri camosci verranno catturati in un secondo momento, sempre con lo scopo di radiocollarare e studiare gli animali del massiccio del Grappa.
LO STUDIO
Il progetto di studio è finanziato dal Pnrr e fa capo al Centro nazionale per la biodiversità, guidato dal Cnr. Si prefigge di osservare come i camosci stiano cambiando le loro abitudini in base all’aumento della temperatura e anche alla presenza del lupo, tornato in pianta stabile sul Monte Grappa.
Gli studi recenti sul camoscio rivelano che per effetto del cambiamento climatico le popolazioni alpine sono in diminuzione, con esemplari giovani per lo più deboli (il rapporto tra giovani e adulti è in costante diminuzione). Tuttavia, alcune popolazioni di bassa quota sembrano rivelare una resistenza e uno stato di salute maggiore. L’ipotesi che il progetto del Monte Grappa punta a confermare è che il bosco – presente in gran parte del massiccio – possa rappresentare un’area rifugio, soprattutto nella funzione di attenuare l’effetto dell’aumento della temperatura.
Il progetto durerà tre anni e seguirà gli spostamenti di una trentina di camosci e di cinque lupi, con l’obiettivo di dimostrare che la presenza del bosco mitiga gli effetti del cambiamento climatico per gli ungulati. In particolare, lo studio cercherà di capire se la popolazione aumenta o no di numero, se si sposta, anche in relazione alla presenza del lupo, e se gli esemplari giovani sono in salute.
“E’ un progetto che fornirà dati interessanti sul comportamento dei camosci nel Grappa, ma sarà utile anche per analizzare più in generale l’impatto del cambiamento climatico sugli animali e sulle biodiversità -afferma il presidente della Provincia di Vicenza Andrea Nardin- Un tema che le istituzioni hanno il dovere di approfondire, per programmare azioni di salvaguardia dell’ambiente intervenendo sulle attività che maggiormente alterano il clima. Essere parte di un progetto che va in questa direzione è per noi importante, così come lo è condividerlo con le Province di Belluno e Treviso, nella consapevolezza che la Polizia Provinciale abbia esperienza e competenza da mettere a disposizione della tutela ambientale.”
«Per la Provincia di Belluno è un orgoglio poter prendere parte a un progetto che è unico a livello nazionale» commenta il presidente della Provincia di Belluno, Roberto Padrin. «La professionalità e l’altissima competenza raggiunte dai nostri agenti di Polizia Provinciale, insieme alla collaborazione attiva con le Province di Treviso e Vicenza, territori del Grappa, e con le riserve alpine di caccia, rappresentano il valore aggiunto di questo studio scientifico».
«Per salvaguardare la fauna selvatica e tutelare la biodiversità che caratterizza il territorio è importante capire come gli effetti del cambiamento climatico impattano sugli animali che vivono nelle nostre terre – le parole di Stefano Marcon, presidente della Provincia di Treviso – far parte della ricerca sul tema condotta dall’Università di Sassari, che ha individuato come caso studio le Province di Treviso, Belluno e Vicenza, è pertanto motivo di soddisfazione e orgoglio, così come la collaborazione attiva della nostra Polizia Provinciale, che con professionalità, attenzione e cura sta lavorando in stretta sinergia con gli altri gruppi provinciali di Polizia, per un progetto unico in Italia».