In Veneto, come del resto in gran parte d’Italia, “il lupo è tornato, ed è tornato per restare”. Lo spiega alla ‘Dire’ Massimo Vitturi, responsabile Lav animali selvatici.  “La popolazione è sana e in crescita, e questo è chiaro nonostante l’incertezza dei dati”, prosegue Vitturi, che imputa il fenomeno “alle misure di tutela garantite fin dagli anni ’70, quando il lupo è arrivato ai margini dell’estinzione” ed al fatto che si tratta di “una specie molto evoluta, che riesce ad adattarsi al territorio e all’ambiente”. Per quanto riguarda la sua presenza nei Colli Euganei, “la dispersione è scritta nel suo codice genetico, i giovani escono dal loro branco per andare a creare altri branchi… Esplorano il territorio riappropriandosi dei luoghi dove vivevano fino al secolo scorso, nonostante ora siano molto più antropizzati”.

Nella scelta dei Colli, l’importante presenza di cinghiali potrebbe aver giocato un ruolo chiave, ipotizza Vitturi. In effetti, i cinghiali “sono un problema per l’uomo, ma per i lupi sono una risorsa. L’area è quindi da monitorare con interesse, perché la presenza del lupo darà sicuramente una mano all’uomo nella gestione dei cinghiali”. La speranza è in ogni caso che “non ci siano episodi di bracconaggio”, continua Vitturi chiarendo che a suo parere l’uccisione dei lupi, legale o meno, sarebbe comunque inutile ai fini del contenimento delle predazioni lamentate dagli allevatori. “Dov’è in corso, ad esempio Francia e Spagna, ha dato solo un effetto sociale di fare contento chi chiedeva l’abbattimento, ma le predazioni continuano. Del resto è ovvio, o li eliminiamo tutti…”.

Quello su cui bisogna puntare, invece, è la prevenzione, che si deve però basare da una presa di coscienza degli allevatori. Fino a pochi anni fa, infatti, “nessuno metteva in atto sistemi di prevenzione, ma l’arrivo del lupo costringe a cambiare le abitudini”. Cosa che non tutti sono disposti a fare, anche perché “il settore allevatoriale vive sostanzialmente grazie ai fondi europei della Pac, i costi sono maggiori rispetto ai ricavi” e in questo quadro “interviene il lupo, che sicuramente ha un impatto ma non è di certo il problema principale”, e costringe a mettere in campo azioni che vanno ad aumentare i costi. Se è infatti vero che “non c’è una ricetta per tutti” e la prevenzione va studiata caso per caso, a seconda del territorio, del tipo di animali allevati e della loro quantità, è anche vero che per convivere con il lupo “il pascolo deve essere assistito, e questo significa aumentare il personale, servono magari strutture protette dove chiudere gli animali la notte, recinzioni elettrificate e cani da pastore… Da una combinazione di questi sistemi viene fuori la soluzione migliore. Posto che le predazioni non saranno mai comunque azzerate, ma i capi persi sono già ora indennizzati”.

Serve quindi un cambio di passo, per accettare questi cambiamenti e adattarsi, conclude Vitturi. “Gli allevatori devono prendere atto che il lupo è tornato e resterà, la prossima generazione di allevatori sa già che deve convivere con i lupi, le vecchie generazioni devono capirlo e adattarsi”.

Fonte: agenzia Dire

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