Meglio una coccinella di un insetticida se c’è da proteggere una foglia di lattuga. È il verdetto del campo, nel verso senso del termine: ovvero, del progetto OrtoAmbiente, lanciato a Bologna e Ferrara in cinque aziende agricole. Un progetto di ricerca per la cosiddetta “difesa agroecologica avanzata” delle coltivazioni degli orti. Che significa provare a usare meno fitosanitari impiegati e più ‘barriere’ naturali per fermare insetti golosi di lattuga, zucchino e cavolo. Ovvero: insetti ‘utili’, piante trappola, fasce fiorite, coperture innovative. E i risultati, dopo due anni di sperimentazione, danno ragione all’idea di “un approccio agroecologico della difesa fitosanitaria, per potenziare la fauna utile e combattere insetti dannosi su colture orticole”.
Infatti, c’è stata una riduzione dei prodotti fitosanitari impiegati (e dunque meno quantitativi di insetticidi nel suolo e nell’acqua), quantificabile in un 15% in agricoltura integrata e in un 30-40% nella biologica; sullo zucchino, ad esempio, l’utilizzo di fasce fiorite, può consentire un risparmio fino a quattro trattamenti aficidi (contro le afidi) per ogni ciclo colturale corrispondenti a circa 300 euro per ettaro, con una riduzione dei quantitativi di insetticidi impiegati variabile in media tra il 20 e il 30%. Coccinelle e Sirfidi gli insetti predatori rivelatisi più efficaci contro gli afidi. E l’agricoltore ci ‘guadagna’: si è vista, infatti, la riduzione di circa il 20% (sia in agricoltura integrata che biologica) dei costi dei mezzi tecnici. Infine si è osservato un incremento di sostanza organica attraverso l’adozione di fasce fiorite (specialmente se a base di leguminose azotofissatrici) che in condizioni ottimali potrebbe garantire un apporto al terreno di circa 15-20 quintali di massa verde per ettaro.
I campi coltivati dove si sono sperimentate queste tecniche si trovavano tra Bologna e Ferrara, in cinque aziende agricole (Coltivare Fraternità, Società Cooperativa Agricola e Sociale, Società Agricola Dune, Società Agricola Manzoli; Azienda Agricola Telloli Tonino, Azienda Agricola Tonelli Gianni). “OrtoAmbiente” ha dunque testato con successo “strumenti innovativi di difesa dagli insetti dannosi per le colture orticole, caratterizzati da elevata sostenibilità ambientale e basati sulla valorizzazione dell’ecosistema aziendale”. Il manuale di buone pratiche consentirà ora di “diminuire l’impiego dei prodotti fitosanitari privilegiando l’azione di insetti antagonisti, come Coccinellidi e Sirfidi”. I risultati del progetto potranno inoltre essere utili aziende biologiche, in conversione, e in produzione integrata. E si confida che stimolino l’adesione di aziende al ‘bio’.
Dalle interviste realizzate agli agricoltori coinvolti, è “emerso che l’adozione di queste tecniche agroecologiche è stata recepita con grande interesse e che i risultati conseguiti sono stati estremamente soddisfacenti“, spiegano gli attori del progetto (Il Centro agricoltura e ambiente ‘Giorgio Nicoli’, il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari dell’Università di Bologna, il Gruppo Agribologna, Dinamica e le cinque aziende agricole emiliane). “Le prove di campo sono per natura influenzate da una serie di variabili, ogni annata è diversa da quella precedente. Nonostante ciò, i risultati del progetto OrtoAmbiente sono essenzialmente positivi, e hanno soddisfatto le nostre attese” commenta Valentino Chiarini, responsabile assistenza tecnica e agronomica di Agribologna.
“Particolarmente importante e positivo il risultato raggiunto con le fasce fiorite per la lotta contro afidi su zucchino e con tessuto agrotessile su cavoli contro l’altica”, aggiunge Chiarini. “OrtoAmbiente” ha consentito al Centro agricoltura ambiente “di rendere applicabili esperienze e risultati ottenuti in 30 anni di ricerche svolte nell’ambito dell’agroecologia”, aggiunge Roberto Ferrari, responsabile Agricoltura sostenibile e gestione verde urbano del Centro.
“Questa esperienza, maturata nel corso di due annate molto diverse fra loro, ha permesso di quantificare l’efficacia di tecniche molto innovative in un contesto ‘reale’. La pianificazione è avvenuta in accordo con gli agricoltori, in base alle esigenze di ogni azienda. I risultati hanno permesso di ottimizzare un impiego pratico di queste strategie negli ambienti della nostra regione, valorizzando in pieno le ricadute positive e comprendendo i fattori limitanti che possono ostacolare la loro applicazione”, chiude il cerchio Giovanni Burgio dell’Università di Bologna, responsabile scientifico del progetto i cui macro-obiettivi sono in linea con gli ‘ambiti di intervento specifici’ del PSR 2014-2020: controllo delle avversità con metodi a basso impatto; riduzione dei rilasci di sostanze inquinanti e miglioramento della qualità delle acque e del suolo; verifica e adattamento dei sistemi colturali agricoli ai cambiamenti climatici.