Nuovo passo avanti nella ricerca di metodi alternativi alla sperimentazione animale: grazie alle cellule staminali è stato ottenuto in provetta un simil-embrione di topo che potrebbe diventare un laboratorio vivente per testare nuovi farmaci. Il risultato è pubblicato sulla rivista Science da un gruppo dell’Istituto Max Planck per la genetica molecolare (Mpimg) a Berlino guidato dal biologo Adriano Bolondi.
Lo studio arriva proprio nel giorno in cui la comunità scientifica italiana pubblica una lettera aperta indirizzata alle massime cariche dello Stato per richiamare l’attenzione sulla necessità di sostenere la sperimentazione animale e la ricerca di metodi complementari e alternativi. Stilato da Research4Life e sottoscritto da 45 firmatari tra le principali istituzioni scientifiche del Paese, il documento esprime “incredulità e sgomento per la situazione in cui versa la ricerca biomedica italiana, osteggiata e minacciata da gruppi di animalisti che nei mesi scorsi hanno bloccato molti rilevanti progetti di ricerca e oggi, di fatto, i lavori parlamentari”.
Il riferimento è alla mancata ammissione alla votazione di “due emendamenti al disegno di legge di Bilancio per il 2021, tesi a correggere alcune storture presenti nel D.Lgs n. 26 del 2014 che, nel recepire la normativa europea in materia di utilizzo di animali per la sperimentazione, ha introdotto divieti ideologici e antiscientifici che non esistono negli altri Stati membri”. Gli emendamenti “peraltro, proponevano anche il rifinanziamento di studi su metodologie complementari/alternative alla sperimentazione animale”.
Studi come quello dell’Istituto Max Planck di Berlino, che per la prima volta ha permesso di ricapitolare in vitro la fase centrale dello sviluppo dell’embrione, quella che ne determina la forma iniziale e che risulta particolarmente difficile da studiare in vivo.
Tentativi precedenti avevano portato a coltivare cellule staminali embrionali fino alla formazione di ammassi (chiamati gastruloidi) che non riescono ad assumere l’aspetto di un embrione perché “mancano i segnali che inducono la loro organizzazione”, spiega il ricercatore Jesse Veenvliet. Il problema è stato superato coltivando le staminali in un gel speciale che mima le proprietà della matrice extracellulare.
Il mini-embrione di topo in un’immagine fluorescente ottenuta al microscopio (fonte: J. Veenvliet, MPI f. mol. Genet.)
“Il gel fornisce supporto alle cellule e le orienta nello spazio: così possono per esempio distinguere l’interno dall’esterno”, precisa Veenvliet. “Le cellule sono in grado di comunicare meglio e questo porta a una migliore organizzazione”.
Come risultato, dopo cinque giorni di coltura, le staminali producono delle strutture grandi circa un millimetro e simili al tronco dell’embrione di topo: possiedono il tubo neurale, precursore del midollo spinale, e pure i somiti, precursori di ossa, muscoli e cartilagini. Alcune strutture riescono a sviluppare pure i precursori degli organi interni. “Anche se non sono presenti tutti i tipi cellulari – afferma Bolondi – queste strutture a tronco sono molto simili a embrioni della stessa età. Abbiamo osservato che tutti i marcatori genetici sono attivati nel momento giusto al posto giusto, a eccezione di pochi geni”.