Orsi, la gestione in mano alla politica, luoghi comuni e ignoranza. E ancora, speculazione, salvaguardia di un animale, di cui tutti parlano, ma in poco conoscono davvero. Ne abbiamo voluto parlare con Davide Celli, conosciuto come ‘Soldato Daniza’,  figlio del famoso entomologo Giorgio Celli, tornato alla politica attiva dopo anni di isolamento (“Ho vissuto in una casa nel bosco”) e di battaglie per gli animali. Nota firma de Il Fatto Quotidiano, gli abbiamo rivolto qualche domanda per capire di più degli orsi, ultimamente presenti anche sul nostro territorio.

Celli, come definisce l’attuale modello di gestione dell’orso?

Se per modello di gestione intendiamo i forestali che seguono gli orsi penso che, a livello individuale, siano preparati. Del resto sono ormai 20 anni che seguono gli orsi e l’esperienza, in questi casi, è fondamentale. Però credo anche che siano sempre stati assoggettati a decisioni politiche che in più di un’occasione hanno sortito effetti disastrosi. Penso in primis alla vicenda dell’orsa Daniza deceduta durante la cattura. Il problema non è la gestione, ma il clima che si è venuto a creare, un clima esacerbato dove gli orsi sono diventati l’oggetto di uno scontro politico. Ricordo su questo che c’è stata una forza politica che ha promosso una festa in cui è stata cucinata la carne d’orso inneggiando alla chiusura del Life Ursus”.

Pensa quindi che non sia possibile ridurre l’impatto degli orsi sulla popolazione?

L’impatto – se alludiamo a quello economico – è già stato ridotto. Ogni danno provocato dall’orso è indennizzato e non si tratta di importi da poco. Se un orso distrugge un alveare non risarciscono solo l’arnia, ma anche la produzione del miele che avrebbe fornito alla fine della stagione di bottinamento. Gli animali predati dagli orsi sono risarciti ad un prezzo concordato con le associazioni di categoria, quindi, una pecora divorata è come come se fosse stata venduta dal produttore al consumatore, in questo caso all’orso. Nel giro di un mese, chi ha subito un danno viene risarcito. Così facendo, la Provincia di Trento può essere considerata all’avanguardia. Ed è per questa ragione che non bisogna porre la questione dell’orso in Trentino sullo stesso piano di quella del lupo in altre regioni. In tutta Italia la gestione dei risarcimenti è molto meno efficace, in alcuni casi persino inesistente”.

E allora perché si lamentano?

Chi è che nel nostro paese non si lamenta? I pastori sardi non si lamentano forse per il prezzo del latte troppo basso? Eppure, in Sardegna i lupi e gli orsi non ci sono. L’agricoltura è un
settore in crisi taglieggiato dalle grandi distribuzioni e oppresso dai mercati globali. Vogliono far passare l’orso come il problema principale perché i veri problemi sono irrisolvibili. A ciò si aggiunga che tutti coloro che vivono e lavorano in montagna sono afflitti da un’infinità di complicazioni che altri non hanno. Questi vedono l’orso come un problema in più, un problema che può essere risolto. Se un fulmine uccide 20 pecore non puoi farci niente, se l’orso te ne uccide una puoi chiedere che sia punito, quindi rimosso, catturato e rinchiuso da qualche parte. Questo è il loro punto di vista.

E non è così?

Cerchiamo di schiarirci le idee una volta per tutte. In Trentino gli orsi non ci sono arrivati da soli come invece hanno fatto i lupi in altre parti d’Italia compresi quelli presenti sull’Altopiano di
Asiago. Gli orsi sono in Trentino perché i trentini stessi hanno usato un finanziamento della comunità europea per attuare un piano di reintroduzione. Anche se – è bene precisarlo – non si è trattato di una vera e propria reintroduzione. Gli orsi ci sono sempre stati sulle Alpi e si dice che alcuni esemplari molto anziani fossero ancora presenti nel momento in cui sono stati liberati gli orsi sloveni. Purtroppo le vecchie generazioni non si sono mai incrociate con quelle nuove. Detto ciò, quello che intendevo dire è che se un’Istituzione usa del denaro pubblico per supportare un suo progetto non può cambiare idea da un momento all’altro. Senza contare che gli orsi non sono un pacco postale che puoi rispedire al mittente”

Non è che 100 orsi non sono troppi?
E chi lo dice che sono 100?

Praticamente tutti…
Se andiamo a leggere il rapporto orso edito dalla Provincia di Trento si scopre invece che quelli effettivamente presenti sono una settantina. Poi ci sono i cuccioli, ma la loro mortalità è altissima, quindi la Provincia stessa non li inserisce nel conteggio. I famigerati cento orsi sono stati elevati ad un numero così alto per ragioni propagandistiche”

Quindi la politica dice una cosa, i tecnici un’altra?

Più o meno…

“E Lei come fai a dire che 70 orsi non sono troppi? E’ un biologo?

No, non ho titoli accademici per affermare alcunché, ma da bambino ho imparato a leggere e leggo tutto quello che trovo su ogni argomento che mi interessa. Poi mi hanno
insegnato a mettere in fila i pochi fatti che contano.

E quali sarebbero i fatti?
Per ottenere il finanziamento necessario alla reintroduzione degli orsi è stato presentato un lavoro scientifico redatto da tre illustri esperti,: Dupré, Genovesi e Pedrotti. Sono andato in biblioteca e mi sono procurato una copia e me la sono letta attentamente. Non mi dilungherò nel raccontarvi quanto ho trovato questo lavoro interessante limitandomi a dire che una popolazione animale, qualsiasi essa sia, è legata ad un numero minimo di esemplari. Se si scende al di sotto di questo numero aumenta il rischio di accoppiamento tra animali consanguinei e ciò determina delle pesanti conseguenze in termini genetici. Conseguenze queste che possono persino portare all’estinzione di tutti gli individui. Il piano prevedeva un numero di orsi che variava dai 70 ai 100 esemplari. Se si voleva rimanere vicino al parametro più basso era necessario realizzare dei corridoi ecologici in grado di collegare gli orsi alpini ad altri nuclei presenti nelle vicinanze come ad esempio quello sloveno. Così facendo si sarebbe venuto a creare un flusso genico”

Cioè?
Alcuni orsi italiani avrebbero dovuto lasciare il Trentino spostandosi in Slovenia mentre altri orsi sloveni sarebbero dovuti arrivare in Trentino. In questo modo si evitava la consanguineità
tipica delle popolazioni animali molto piccole. Ricordate M4? L’orso che ha soggiornato sull’altopiano di Asiago? Se n’è andato e ha raggiunto il Friuli Venezia Giulia. Lui ce l’ha fatta,
mentre dalla Slovenia è arrivato un solo orso, il famoso orso Dino. Di corridoi ecologici non se n’è visto neanche uno, quelli che potrebbero essere utilizzati non sono utilizzati dagli orsi. La comunità di orsi alpini è rimasta isolata, per questo è destinata all’estinzione. Ecco questa è la verità che nessuno racconta!”

Quindi mi sta dicendo che il problema degli orsi si risolverà da solo? Allora perché tutti si preoccupano tanto?

Perchè comunque ci vorrà qualche anno, mentre le campagne elettorali sono sempre dietro l’angolo e la popolazione, aizzata da alcuni partiti, chiede una soluzione drastica in tempi brevi”

 “Di quali partiti sta parlando?”
Non intendo entrare nella spirale del dibattito politico, mi limiterò a dire che i partiti si dividono tra chi afferma che bisogna sbarazzarsi solo degli orsi dannosi e chi li vuole eliminare
tutti, magari chiudendo per sempre il Life Ursus.

Non crede che in un momento come questo, dovendo scegliere, si debba supportare in tutti i modi le attività economiche, soprattutto quelle di montagna, come
l’allevamento?”

Credo che incentivare un’attività accogliendo tutte le richieste del produttore non sia utile. In Cina producono tutto quello che vogliono distruggendo l’ambiente. Pur avendo
sterminato sterminato le api con i pesticidi sono tra i primi produttori di miele al mondo, usano scarti di zucchero per fare il miele e lo mescolano con polline comprato all’estero perchè contiene
frammenti di DNA che attesta che quel miele è stato prodotto dalle api (ndr Siete pazzi a mangiarlo di Christophe Brusset, Editore Piemme). Se il nostro miele vuole sfondare sui mercati
globali sbaragliando la concorrenza ci può riuscire solo legandosi al contesto in cui è stato prodotto e l’orso è il miglior testimone che dimostra l’integrità naturale di un luogo. Ho soggiornato recentemente in una ridente località balneare marchigiana, c’è un produttore di miele che usa la figura e il nome dell’orso come logo. Quando mi sono trovato davanti al cartellone pubblicitario ho pensato che l’essere umano è davvero strano, dove vive realmente l’orso lo temono, non lo vogliono e lo perseguitano. Dove l’orso non potrebbe mai vivere, come nelle campagne marchigiane adiacenti al mare, lo usano come simbolo per affascinare i consumatori.

N.B.

La Redazione di AltovicentinOnline ringrazia Davide Celli, che di lui racconta:

 

Sono nato a Bologna, il 18 gennaio 1967, da Paola Silvagni, insegnante, e Giorgio Celli, artista e scienziato. Il mio amore per il disegno mi ha spinto ad iscrivermi alla scuola di fumetto Zio Feininger dove ho frequentato i più importanti autori di fumetti italiani come Andrea Pazienza, Mattotti, Scozzari, e Daniele Brolli. Nel 1986 mi sono diplomato all’Istituto Statale D’Arte di Bologna. Ho poi debuttato nel mondo del lavoro ad undici anni come attore caratterista recitando in film, serial e spot diretti da Pupi Avati, Roberto Faenza, Daniele Luchetti e Cesare Bastelli. Contemporaneamente mi sono mantenuto diventando vignettista del Corriere di Romagna. Come documentarista ho realizzato una decina di lavori dedicati alla difesa del verde urbano e all’ecologia. Ho pubblicato libri fra i quali Scherzi cinesi, storia semiseria di Sergio Cofferati, cinese di Cremona, Sindaco di Bologna. Fortemente sostenuto dalle associazioni animaliste e ambientaliste sono stato eletto consigliere comunale a Bologna nel 2004 nelle liste dei Verdi e da quel momento mi sono sempre battuto per gli alberi, gli animali e l’ambiente, senza mai dimenticare le donne, gli uomini e i bambini della mia città. Scacciato in malo modo da un numero indefinito di partiti, ivi compreso il Pd dove ho ricoperto la carica di responsabile regionale per la comunicazione, mi sono ritirato a vita privata rifugiandomi nel bosco di un’imprecisata località dell’Appennino Bolognese dove ripercorro ogni giorno l’esperienza di David Thoreau allevando galline ornamentali, piantando alberi e scrivendo saggi di politica che non legge nessuno. Da lontano 2009 sono irreperibile e vivo nel più che totale anonimato salvo comparire in maniera sporadica ove la civiltà si mostri degna del suo nome.

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