di Olga Iembo di Agen Food
E alla fine è andata così: anche nel mondo della ristorazione e del cibo, del buon cibo, tutto si è complicato. Dalle ottime polpette al sugo della nonna si è passati via via a una proposta sempre più ampia, variegata, ricercata, in un crescendo vertiginoso, fino a che oggi scegliere un posto dove sedersi a consumare un pasto che dia soddisfazione a 360 gradi è quasi come programmare un’operazione al cervello.
Chi non consulta app o scrolla contenuti alla frenetica ricerca di indicazioni prima di recarsi in un locale? I commensali sono sempre più esigenti, più o meno consapevoli, ma comunque vogliono sentirsi o apparire o essere ben informati, con una grande attenzione ai suggerimenti di esperti, protagonisti di programmi televisivi, blogger, influencer, guide varie considerate da alcuni ‘sacri testi’ per orientarsi nel labirinto della gastronomia. Queste ultime sono raccolte davvero preziose, però, perché in quelle pagine sono racchiuse informazioni che è bene conoscere in anticipo per trovare ciò che più aggrada, non solo quando si è turisti in luoghi sconosciuti, ma anche quando ci si aggira per le strade della propria città.
E nel mondo delle “guide” la scelta è varia. Se prima erano uno strumento un po’ d’élite, con il tempo sono diventate estremamente diffuse, più o meno affermate e, dalla carta stampata al web, sempre più consultate. Una in particolare spicca, però, esattamente come la “pecora nera” in mezzo al gregge, e l’omonima Casa Editrice che la produce punta proprio sulla sua “unicità” – quel carattere di anonimato unito all’attestazione della trasparenza – come punto di partenza e di forza.
La Pecora Nera Editore, nata dalla mente di Fernanda D’Arienzo e Simone Cargiani, si presenta in modo chiarissimo: “Indipendenti per vocazione”. E’ una casa editrice specializzata nel settore enogastronomico attiva nel Lazio, in Lombardia e in Piemonte e, come scritto, punta tutto sul “non avere conflitti di interesse con i soggetti valutati in modo critico nelle nostre guide, così da poter scrivere nell’interesse unico del lettore”. Che tradotto vuol dire: bando alle pubblicità ed ai rapporti con fornitori e partner commerciali dei locali valutati. Visite in reale anonimato, fatte da ispettori “mascherati” da normalissimi clienti che pagano il conto e, inoltre, condivisione di tutte le informazioni ed immagini relative alle visite con uno strumento che non consente di alterare i dati, la Blockchain.
Ma le “Guide nere” non sono l’unica attività della singolare Pecora, che vive il suo “settore” in modo sempre più ampio, ad esempio cimentandosi pure nel campo dell’istruzione con guide pensate come strumento di supporto nella scelta della scuola. O ancora con il volume non ‘valutativo’, ma piuttosto descrittivo, “Terrazze Gourmet Roma” (è stata da poco presentata l’edizione 2024), una raccolta delle splendide terrazze della Capitale effettuata, in questo caso, con la collaborazione dei locali citati e quindi senza carattere di “segretezza”, ecco perché non “giudicante”. E inoltre con l’organizzazione di eventi verticali su alcuni comparti dell’agroalimentare insieme a partner esperti di quei settori: iniziative messe in piedi seguendo sempre la stessa rigorosa filosofia, come per le guide, con le aziende che devono mandare una campionatura che viene assaggiata per permettere la selezione di chi parteciperà alle manifestazioni. Gli eventi sono “Evoluzione”, tutta dedicata all’olio evo, l’evento conclusivo dell’edizione 2024 si terrà lunedì 29 gennaio 2024 al MAXXI a Roma; e poi “UVA FIERA – Beviamola in purezza”, fiera dei vini ottenuti da uve da taglio; ancora, “Formaticum”, mostra mercato di rarità casearie italiane; e Salum’È, mostra mercato di salumi rari italiani.
Della “personalità” della Pecora Nera ha parlato ad Agen Food proprio Simone Cargiani.
Cargiani, la Pecora Nera nasce da precise considerazioni fatte a suo tempo da lei e da Fernanda D’Arienzo, che sono alla base della filosofia che definisce e distingue la casa Editrice all’interno del panorama dei prodotti editoriali del settore. Ci racconta?
“Avevamo, ad inizio 2000, un sito in cui rendevamo fruibili le nostre recensioni di ristoranti. Un hobby basato su competenze acquisite in corsi di formazione su vino, formaggi, salumi, caffè, oltre che costruite su tante cene in ristoranti di tutti i livelli. Nel 2003 è nata l’idea di fare una nostra guida sfogliandone una che in quel momento andava per la maggiore. Ci colpì trovare una pagina pubblicitaria di un ristorante in una delle posizioni più importanti e costose del libro e al tempo stesso vedere quel ristorante valutato con un ottimo voto, a nostro avviso ben oltre i propri meriti. Da lì l’idea di fare un prodotto “talebano”, in cui azzerare i conflitti di interesse con i soggetti censiti (niente pubblicità degli operatori valutati, rifiuto a partecipare alle cene stampa, ecc.), inseriti in guida in seguito ad una visita effettuata in reale anonimato pagando il conto come un cliente qualunque. Il nome della casa editrice è venuto da sé: pecora nera”.
Più di recente, poi, l’ulteriore “caratterizzazione” della vostra attività è l’impiego della tecnologia Blockchain, proprio ad ulteriore “conferma” dei principi cui ha fatto riferimento prima. Di cosa si tratta e in pratica cosa vi consente di fare di diverso dagli altri?
“È un progetto in cui crediamo moltissimo. Per 20 anni abbiamo raccontato il nostro approccio notando scetticismo in chi non ci conosceva bene (“fai una guida, mangi gratis” questa la frase che ci siamo sentiti ripetere ennemila volte) e volevamo trovare un modo per rendere tangibile il nostro modo di operare. Una chiacchierata con un paio di amici – un professore di Ingegneria Informatica de La Sapienza, Andrea Vitaletti, e uno startupper appassionato di food, Virgilio Maretto con pOsti (nome della startup) – come spesso avviene, ha fatto scattare l’idea: certificare in blockchain le nostre guide, ad oggi le uniche al mondo ad esserlo. Un vero progetto di open innovation che ha visto collaborare un’azienda tradizionale (la nostra), una startup (pOsti), un’università (La Sapienza) e una corporate (Almaviva) che ha fornito la piattaforma di notarizzazione. In estrema sintesi, il funzionamento è questo: i nostri ispettori (10 a Roma, 6 a Milano e 5 a Torino) quando effettuano le visite scattano le foto dei piatti mangiati e dello scontrino pagato per poi caricarle in una dashboard sviluppata da pOsti. I dati raccolti, prima dell’uscita delle guide vengono notarizzati nella piattaforma Giotto OnChain Sas messa a disposizione da Almaviva e diventano immodificabili. Il lettore può così consultare i dati caricati inquadrando un codice QR contenuto nella guida o facendo un tap nella nostra app gratuita per dispositivi iOS e Android “Buon APPetito!” vedendo rispondenza fra i piatti fotografati e il contenuto della scheda e soprattutto avendo contezza di quando abbiamo visitato il locale e di quanto abbiamo pagato”.
Simone, a La Pecora Nera “non ci mettete la faccia” ma “ci “mettete la faccia”… Che vuol dire?
“Sembra una contraddizione in termini, ma in effetti è proprio così. I nostri ispettori non ci mettono la faccia, nel senso che non si presentano al ristoratore in modo tale da vivere un’esperienza non viziata ex ante, ma al tempo stesso dichiarano come fossero davanti ad un notaio cosa hanno mangiato, quando e quanto hanno pagato”.
Cargiani, tutto ciò che riguarda il cibo e la tavola è sempre più al centro dell’interesse collettivo, e i consumatori cercano di essere sempre più informati in materia. L’informazione globalizzata vuol dire vantaggi e svantaggi, opportunità e “trappole”, dati e notizie oneste e corrette ma anche “bufale” e finzioni… Come ci si deve regolare?
“L’interesse mediatico che ha ormai investito il cibo e la tavola ha scatenato gli appetiti delle grandi aziende e fatto nascere professioni alquanto discutibili, quale quella degli influencer. L’accesso alle informazioni a cui faceva cenno è di per sé un fatto positivo, ma presenta tante insidie. Spesso i contenuti proposti sono viziati da logiche commerciali, cosa deontologicamente alquanto discutibile, addirittura vietata per chi fa giornalismo. L’utente sovente pensa di informarsi quando invece non fa altro che fruire di uno spot mascherato, oppure si trova a leggere contenuti generati da chi non ha competenze per farlo grazie a piattaforme che purtroppo fanno il mercato. Chiedeva “come ci si deve regolare?”. La risposta è semplice: verificare le fonti e la loro autorevolezza, cercare di capire se ci sono logiche commerciali dietro ai contenuti e fare dei test a campione: quando abbiamo modo di parlare con i lettori durante le presentazioni o le fiere suggeriamo loro di leggere le schede dei ristoranti in guida in cui sono stati: se si ritrovano nelle nostre recensioni allora forse la guida fa al caso loro, altrimenti consigliamo di non acquistarla”.