Diventano 55 (47 nel bellunese e otto nelle altre province) i rifugi montani del Veneto con la qualifica di “Sano e Sicuro”, ottenuta dopo un accurato periodo di formazione dei rifugisti e a condizione che le strutture presentino almeno cinque degli otto requisiti fondamentali: possesso di un defibrillatore semiautomatico esterno Dae con accessori, con corretta manutenzione (presa in carico a cura della centrale Suem 118); formazione dei dipendenti per l’esecuzione di manovre di primo soccorso o per l’utilizzo del defibrillatore semiautomatico esterno Dae (corso Blsd); disponibilità di sfigmomanometro per la misurazione della pressione arteriosa; menù con indicazione delle sostanze alimentari che possono determinare allergie o intolleranze; garanzia di pasti privi di glutine; approvvigionamento idrico controllato; procedura che contempli il flussaggio di acqua corrente per almeno due minuti, per le camere che non siano state occupate da almeno cinque giorni (contrasto legionellosi); disponibilità di creme solari ad alto fattore protettivo e di cappelli con visiera-bandana, esposti in area ben visibile, che possano essere commercializzati su richiesta dei fruitori (prevenzione del melanoma). Le ultime 13 strutture sono state insignite e premiate in una cerimonia tenutasi al Rifugio Papa, sul massiccio del Pasubio: il Città di Vittorio Veneto (Ulss 2); Val Maron (Ulss 7), Marcesina (Ulss 7), Achille Papa (Ulss 7), Scarpon (Ulss 7), Campomulo (Ulss 7); Monte Torla (Ulss 9), Boschetto (Ulss 9), Bottari (Ulss 1), Pramperet (Ulss 1), La Casera (Ulss 1), Falier (Ulss 1), Torrani (Ulss 1).

“Con l’ingresso di altre province- sottolinea l’assessore alla Sanità Manuela Lanzarin- sta per delinearsi la ‘Rete regionale dei Rifugi ‘Sani e Sicuri’, il che significa la diffusione della prevenzione ad alta quota per vivere anche il tempo libero in sicurezza”. Il progetto è stato promosso dal Dipartimento di prevenzione dell’Ulss Dolomiti, anche in vista degli appuntamenti olimpici che porteranno sulle Dolomiti un aumento dei flussi turistici. Dopo alcuni incontri per spiegare le finalità del progetto ai rifugisti e ai proprietari dei rifugi (in particolare sezioni del Cai), il team del Dipartimento di Prevenzione ha supportato le strutture interessate nel percorso per ottenere il “bollino”, che rappresenta una sorta di “certificazione di qualità” a favore degli escursionisti. Nel caso in cui il Rifugio sia sprovvisto del Defibrillatore semiautomatico esterno è possibile, aderendo al progetto, fare richiesta alla Ulss per averne uno in comodato d’uso gratuito. “La rete oggi si allarga, includendo rifugi di altre province, con il fine di formare una rete regionale diffusa e coesa, una opportunità di salute per tutti coloro che frequentano le nostre montagne”, afferma Lanzarin. “Anche la prevenzione del melanoma- conclude- che per la montagna rientra nei requisiti richiesti ai Rifugi, rappresenta una campagna importante per la Regione Veneto, ‘Montagna sì! Melanoma No’. Il melanoma è una patologia in crescita e l’esposizione ai raggi solari rappresenta un rischio anche in montagna. Da un’indagine sappiamo che un terzo degli escursionisti e un quarto degli sciatori affrontano la montagna senza alcuna protezione solare per la pelle. Addirittura tra i giovani sciatori si arriva all’80%. Il rifugio diventa quindi un luogo importante dove fare un’azione di prevenzione”.

 

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