a cura dell’avvocato Angelo Greco
Sostituzione di persona: tutte le volte in cui darsi un nome di fantasia o rubare un’immagine altrui o utilizzare il profilo di un’altra persona è reato. La Cassazione ha più volte ripetuto che creare un profilo falso sui social è reato. Peraltro, di recente, la Suprema Corte ha dato un’interpretazione ancora più rigorosa della norma che vieta di spacciarsi per un’altra persona: per far scattare l’illecito penale non è necessario perseguire uno scopo illecito. È dunque il semplice fatto di presentarsi per chi non si è, inducendo gli altri in errore, a configurare il rischio di querela.
Qui di seguito analizzeremo tutte le ipotesi in cui creare un profilo falso sui social è reato. Per quanto la pratica di tutti i giorni insegni che un gran numero di account siano dei fake, tant’è che le stesse piattaforme (come Facebook, Instagram e YouTube) provvedono periodicamente a fare piazza pulita dei profili inattivi, verosimilmente falsi, la legge non ammette eccezioni. Ma procediamo con ordine.
Cosa si rischia a creare un profilo falso sui social?
Dicevamo in apertura che la condotta di chi apre un profilo fake su un social network costituisce reato, quello di sostituzione di persona. L’articolo 494 del Codice penale stabilisce la pena della reclusione fino a un anno.
Più in particolare, commette il reato di sostituzione, e pertanto può essere querelato, chi:
- si spaccia per un’altra persona realmente esistente;
- si spaccia per una persona che non esiste (attribuendosi quindi un falso nome);
- si attribuisce uno stato che non ha (ad esempio celibe anziché sposato);
- si attribuisce una qualità che non ha ed a cui la legge dà effetti giuridici (ad esempio il titolo di medico, di avvocato, di docente, di ambasciatore, di militare, di poliziotto e così via).Il concetto di «vantaggio» e di «danno» però vengono interpretati in modo abbastanza ampio. Vi ricade ad esempio il voler allacciare una relazione sentimentale, il procurarsi foto intime, il semplice voler mettere alla berlina una persona, l’intenzione di carpire da questa delle informazioni riservate e così via.
Tanto per fare un esempio, il fatto di utilizzare dati e immagini di un’altra persona per creare un proprio account su un social network e, tramite il falso profilo, indurre in errore una ragazza, convincendola a intraprendere una relazione virtuale e a inviare fotografie riservate è reato.
I concetti di «vantaggio» e di «danno» perseguiti dal reo non devono avere necessariamente natura patrimoniale, né essere connotati dal requisito dell’ingiustizia. In altri termini, il delitto è configurabile anche qualora il soggetto attivo persegua uno scopo di per sé lecito. Anche il semplice fatto di voler corteggiare una persona – gesto sicuramente lecito – ma con un’identità non propria è reato. Soltanto la mancanza di un qualsiasi vantaggio e/o danno rende il comportamento non punibile, riconducibile allo scherzo o, al più, al cosiddetto «falso innocuo».
Per presentare la querela è sufficiente recarsi presso l’ufficio più vicino della polizia postale e descrivere il fatto, indicando l’account incriminato. Si potrà anche sporgere la querela depositando il relativo atto presso la Procura della Repubblica del luogo di propria residenza.
Le indagini potranno durare da sei mesi a un anno.
Angelo Greco
- Avvocato, direttore responsabile del giornale “La Legge per Tutti”, autore di numerose pubblicazioni (tra cui alcune per il gruppo Feltrinelli, Sole24Ore, Mondadori) si è formato all’università LUISS di Roma. Già collaboratore presso l’Università della Calabria e la Columbia University di New York, è altresì ospite di spazi televisivi e radiofonici per questioni giuridiche. Ha co-condotto uno spazio su Uno Mattina (RaiUno) dal titolo “Tempo e Denaro” tra il 2016 e il 2017. Definito dal Sole24Ore, nel 2020, «il professionista più influente d’Italia» è uno dei primi divulgatori del diritto in Italia, titolare del canale YouTube che porta il suo stesso nome con quasi un milione di followers. Maggiori informazioni su