Se ne discute da giorni e la polemica è già in atto. Dopo i romanzi per bambini del famosissimo Roald Dahl, anche i gialli di Agatha Christie sono sotto il mirino della correzione. L’obiettivo è quello di aggiornare il linguaggio dell’autrice per allinearlo alla sensibilità contemporanea sempre più attenta ai temi sociali e al politicamente corretto. La revisione avviene sotto l’occhio acuto dei sensitive readers, figure professionali del mondo anglosassone in grado di individuare stereotipi e discriminazioni. Nonostante questa operazione sia in atto dal 2020, ora le critiche si stanno intensificando. Questa azione viene catalogata come cancel culture e morte dell’opera di questa brillante autrice in quanto si teme possa snaturarla. Ma è davvero così? Se lo chiede Alexandra Tudor, nell’ultimo articolo pubblicato per la testata ‘Black post’ dal titolo ‘Correggere i romanzi di Agatha Christie è cancel culture?’

Tudor continua osservando che se consideriamo l’ambito della discriminazione razziale, vediamo che dai romanzi scompaiono termini come “negro, ebreo, zingaro” oppure espressioni come “dal temperamento indiano” per descrivere un personaggio o ancora i cosiddetti “nativi” diventano “locali”. È anche vero che, se alcuni termini vengono sostituiti, alcune porzioni di testo sembrano essere completamente eliminate.

“Probabilmente il giudizio verso tale operazione di correzione può essere espresso solo visionando e valutando la correzione stessa, che non è di per sé sbagliata, ma dovrebbe rispettare alcuni limiti” si legge su Black Post. “Per esempio, non snaturare lo stile del libro e dell’autrice e non eliminare quell’atmosfera di un tempo e di un mondo passato in cui tanto ci piace entrare quando leggiamo un classico scritto decenni se non secoli fa”.

“Diverso”, prosegue Tudor, “è il discorso per quei termini che semplicemente vivono dell’influenza del loro tempo, risultando oggi discriminatori, senza nulla aggiungere e senza nulla togliere allo stile e al senso letterario. In parole povere, sono semplicemente i termini che si usavano una volta, rispecchiando una società poco sensibile, e che si potrebbero senz’altro oggi sostituire. Questo tipo di lavoro andrebbe condotto nella stretta collaborazione tra i sensitive readers esperti di politicamente corretto e i letterati e i linguisti conoscitori del testo, per raggiungere il giusto equilibrio di approcci e intenzioni”.

“Allo stesso tempo, l’idea che si ha di una cancel culture che elimina e ostracizza tutto ciò che non le piace, facendo terra bruciata, è poco utile e produttiva. La cancel culture non dovrebbe cancellare ma circondare, isolare un elemento problematico e impedirgli di propagarsi ulteriormente, narrando attorno a lui il contesto che lo ha generato e i motivi per cui oggi risulta inaccettabile. Banalmente, a volte è difficile capire il bene senza intravedere il male e tutto ciò che di discriminatorio ci rimane dal passato andrebbe osservato come un errore da non ripetere ben contestualizzato. Se non vediamo l’errore, rischiamo di reiterarlo. Speriamo quindi che le nuove versioni dei romanzi di Agatha Christie riportino nelle note i termini precedenti e le considerazioni che hanno portato alla correzione, rendendo anche il lettore partecipe del processo e non solo spettatore del risultato. È facile reagire a tali novità in maniera scettica e critica, ma riflettendoci si potrebbe anche cambiare idea. Potremmo infatti paragonare questa revisione a una traduzione nuova che viene a sostituirne una più vecchia e ormai obsoleta. Sappiamo che questo accade spesso con i testi tradotti in un’altra lingua e siamo anche coscienti del fatto che nella maggior parte dei casi una traduzione aggiornata corrisponde a un lavoro più autentico e veritiero, aderente al testo originale e alle intenzioni dell’autore. La accettiamo quindi volentieri”.

In effetti, però, argomenta la cronista di ‘Black Post’, modificare il testo di un autore nella sua versione originale sembra strano. “Cosa ci potrebbe mai essere di più aderente all’autore delle parole dell’autore stesso? Eppure, riflettiamo sul fatto che quell’autore era figlio del suo tempo mentre noi, lettori del 2023, siamo figli del nostro e tra le due epoche sono avvenuti molti cambiamenti. Potremmo chiederci se non sarà proprio grazie a questa revisione che certi libri continueranno a essere letti nei secoli a venire senza perdere il loro status di classici. Un classico è infatti un libro che nonostante il passare del tempo risulta universale e quindi utile e affascinante per lettori cronologicamente lontani. Prima di criticare e correre ai ripari chiediamoci se senza questa correzione certi romanzi non rischino di ‘invecchiare male’, di risultare offensivi e fuori luogo ai lettori del presente e a quelli del futuro, decadendo e cadendo in rovina”.

Tudor continua: “Il nostro cervello non è soltanto razionale ma è soprattutto emozionale, e pur sapendo che alcuni elementi offensivi sono frutto del loro tempo e come tali andrebbero ignorati, forse la nostra parte più istintiva cercherebbe di evitare questa tipologia di testo, che anche involontariamente può urtare la sensibilità e quindi infastidire. In questo senso, la revisione li renderebbe affini a noi prolungando la vita dell’opera e conservando la sua universalità. Voi che ne pensate?

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