Miniera colma di risorse ma insidiosa per chi vi si addentra sprovveduto. Ieri nella sua relazione annuale a Montecitorio il presidente dell’Autorità garante per la Protezione dei dati personali Antonello Soro ha parlato di una rete che, nata per essere amica di una società che “vuole tutto e subito”, si è invece tramutata nella sua peggior nemica.

A dimostrarlo non sono teorie ma fatti. Dal 25 maggio, giorno in cui è entrato in vigore il nuovo regolamento europeo sulla Privacy, le segnalazioni per violazione di dati personali (cosiddetto “data breach”) sono aumentate del 500%. Ora la media italiana di attacchi informatici gravita attorno ai 140 al giorno. La conta delle vittime, iniziata a marzo, è già arrivata a 330mila.

Fake news, cyber bullismo, eterna memoria della rete, minacce cibernetiche, algoritmi predittivi, uso massivo dei big data e persuasione occulta. Sono solo alcune delle armi che il web sta silenziosamente sferrando contro la società, destinate a potenziarsi se non si interviene nell’immediato. Obiettivo del nuovo ordinamento europeo è sicuramente mettere in primo piano sull’agenda politica le implicazioni della rete sulla privacy dei naviganti.

Per troppi anni, di fatto, sono state sottovalutate le conseguenze frutto di un web definito ‘regime privo di regolamentazioni’, dove i grandi gestori hanno stabilito autonomamente le regole per la loro nuova oligopoli. ‘Siamo soggetti, più di quanto ne siamo consapevoli, a una sorveglianza digitale, in gran parte occulta, prevalentemente a fini commerciali’ ammonisce Soro. ‘Il web di cui facciamo esperienza non è la rete, ma soltanto una sua parte selezionata in base alle nostre attività e preferenze dove ci vengono esposti contenuti il più possibile affini ad esse’. In tal modo i gestori delle pagine si assicurano un ricavo economico legato al tempo di permanenza e al traffico online. Tra le argomentazioni presentate da Soro vi è la questione, ancora aperta, di Cambridge Analytica-Facebook, ‘punta di un iceberg ben più esteso’, le cui indagini hanno evidenziato il percorso dei dati degli utenti verso ‘terze parti’ ignorate dagli stessi.

Ma le norme, per quanto severe, diventano deboli se non accompagnate da esempi. ‘In una società digitale come quella del nostro tempo il mestiere del giornalista si carica ulteriormente di responsabilità nel fornire un’informazione corretta e rispettosa dei diritti altrui’ fungendo da ‘faro per orientarsi tra le post – verità’. D’altra parte, la protezione dei dati deve costituire ‘la regola essenziale per una corretta attività giornalistica’.

E.S.

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